mercoledì 13 giugno 2012
Vaticano: lo IOR, gli scandali, i sepolcri imbiancati... e l'anatema dello stigmatizzato Giorgio Bongiovanni di S. Elpidio a Mare
BANCA DEL VATICANO: SEPOLCRI IMBIANCATI E RAZZA DI VIPERE.
LEGGETE!
LEGGETE I DOCUMENTI CHE SEGUONO E MEDITATE E PONETE A VOI STESSI LA SEGUENTE DOMANDA: CRISTO, IL FIGLIO DI DIO, QUALE POSIZIONE ASSUMEREBBE DI FRONTE ALLO SCEMPIO CHE I SUOI SACERDOTI STANNO PERPETRANDO ALL'INTERNO DELLA CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA ROMANA?
IL MESSIA GESÙ CRISTO DISSE: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Matteo 5, 37).
LA NOSTRA È STATA UNA VOCE CHE HA GRIDATO NEL DESERTO PER MOLTI DEI VOSTRI ANNI.
QUANTE, QUANTE VOLTE VI AVEVAMO RIVELATO CHE IN VATICANO RISIEDE UNA DELLE TESTE DELL'ANTICRISTO, L'IDRA DAI MILLE VOLTI?
AVETE FATTO ORECCHIO DA MERCANTE E AVETE DERISO I NOSTRI MESSAGGERI, ORA PRENDETE ATTO CHE NOI ANNUNCIAVAMO VERITÀ SCOMODE E TERRIBILI.
LA NOSTRA TRISTEZZA ED IL NOSTRO SDEGNO NON SONO SOLO PER IL TRADIMENTO COMMESSO DAI PIÙ POTENTI VERTICI DELLA CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA ROMANA, PER L'OMERTÀ, LA DEBOLEZZA ED IL SILENZIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI, MA È ANCHE E SOPRATTUTTO PER
LA MANCANZA ASSOLUTA DI DISCERNIMENTO DEI MILIONI DI FEDELI DELLA CHIESA CATTOLICA: UOMINI, DONNE, GIOVANI E ANZIANI CHE NON REAGISCONO E NON CHIEDONO GIUSTIZIA CONTRO I TRADITORI DI CRISTO.
I NOBILI SENTIMENTI, NON PRIVI DI ERRORI, DI OMISSIONI E DI INTERESSI PERSONALI, POSTI IN ESSERE DAL DOTTOR GOTTI TEDESCHI NELLA SUA CORAGGIOSA TESTIMONIANZA A FAVORE DELLA VERITÀ POSSONO RIPETERE UNA STORIA GIÀ VISSUTA NEL VATICANO E NELLE SUE STANZE. UNA STORIA DI MORTE, OMICIDI, TRADIMENTI, BESTEMMIE E NEFANDEZZE. LA VITA DI GOTTI TEDESCHI È IN PERICOLO, VA PROTETTA ED INCORAGGIATA LA SUA TESTIMONIANZA. DOVREBBE ESSERE IL NUMEROSO POPOLO CATTOLICO A FARE DA SCUDO ALLO SCOMODO TESTIMONE. INVECE ANCORA UNA VOLTA IL POPOLO CADE IN BALIA DEL MALIGNO BALLANDO E FESTEGGIANDO DI FRONTE AL NUOVO VITELLO D'ORO “Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso.
Allora dissero: “Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!”. Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: "Domani sarà festa in onore del Signore” (Esodo 32, 4-5). Il giorno dopo Mosè disse al popolo: "Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa”. Mosè ritornò dal Signore e disse: "Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!”. Il Signore disse a Mosè: " Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va', conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato”. Il Signore percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne.” (Esodo 32, 30-35).
UN POPOLO CHE, A PARTE L'ECCEZIONE DI POCHI FEDELI A CRISTO, NON VUOLE ENTRARE NEL REGNO DEI CIELI MA VUOLE ESSERE COMPLICE DEGLI SCRIBI E FARISEI DEL VATICANO. ESSI SONO SIMILI, ANZI, PEGGIORI DI COLORO AI QUALI CRISTO PUNTÒ IL SUO INDICE... “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci” (Matteo 23,13).
MA IL TEMPO È VENUTO E GESÙ CRISTO È SULLA VIA DEL RITORNO. I POTENTI SCRIBI E FARISEI DEL VATICANO SARANNO FRUSTATI DALLA VERGA DI FERRO DEL FIGLIO DELL'UOMO E SCACCIATI DAL TEMPIO DI DIO, DALLA CASA DI PREGHIERA CHE LORO, CARDINALI, VESCOVI E PAPI, HANNO TRASFORMATO IN UNA SPELONCA DI LADRI, ASSASSINI, MAFIOSI, CORROTTI E PEDOFILI.
LODE AI VERI MISSIONARI DELLA CHIESA CATTOLICA, AI VERI FEDELI E TESTIMONI DELL'OPERA DI CRISTO. A LORO E A TUTTI I GIUSTI SARÀ DONATO IL REGNO DI DIO IN TERRA.
PACE A VOI TUTTI!
Per bocca di un Servo dei servi di Cristo.
S. Elpidio a Mare (Italia)
9 giugno 2012. Ore 14:29
Giorgio Bongiovanni
Stigmatizzato
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Documenti connessi:
OLTRETEVERE IL BRACCIO DI FERRO TRA MAGISTRATURA ITALIANA
E ISTITUTO OPERE RELIGIOSE
La guerra sulla trasparenza e la vendetta di Bertone
L’uomo dell'antiriciclaggio che finisce intercettato in un'indagine per riciclaggio. È questo il paradosso dell'ex presidente IOR Ettore Gotti Tedeschi, tuttora presidente del Banco Santander Consumer e procuratore in Italia della holding spagnola Banco Santander S.A. I pubblici ministeri di Napoli sono arrivati a perquisire la casa e l'ufficio del banchiere in un momento molto particolare della vita di questo 67enne che vanta un rapporto personale con il Papa e ottime entrature nell'Opus Dei. Gotti Tedeschi ha cercato di promuoversi in questi mesi con i suoi amici che controllano l'informazione italiana, e in parte è stato realmente l'alfiere della trasparenza bancaria nella battaglia che si è svolta nelle segrete stanze vaticane e che ha visto contrapposte due anime. La prima favorevole a una maggiore trasparenza e collaborazione con l'autorità giudiziaria italiana, rappresentata da Gotti Tedeschi stesso nello IOR e dal duo composto dal presidente dell'autorità antiriciclaggio vaticana, il cardinale Attilio Nicora, e dal direttore dell'AIF, l'avvocato Francesco De Pasquale. L'altra, che invece era contraria a fornire informazioni alla Banca d'Italia e ai pm italiani sui movimenti dei conti IOR precedenti al 2011, guidata invece dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone, dal direttore generale dello IOR Paolo Cipriani e dai due potenti avvocati del Vaticano, l'americano Jeffrey Lena e l'italiano dello studio Grande Stevens, Michele Briamonte. Al di là delle dotte motivazioni giuridiche e dei carteggi pubblicati dal Fatto in esclusiva (un memo di Gotti Tedeschi, una lettera del cardinale Attilio Nicora e un parere del presidente del Tribunale del Vaticano) al centro della contesa c'era una questione concreta: la trasparenza sui reali intestatari dei miliardi di euro passati dall'Istituto Opere di Religione, in passato usato da dittatori, faccendieri e mafiosi per schermare i loro fondi.
Gli archivi “schermati”
Gotti Tedeschi, soprattutto dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Roma per violazione della normativa antiriciclaggio, aveva spinto sugli uomini vicini al Papa perché prevalesse la linea dell'apertura degli archivi dello IOR, che opera schermando i reali beneficiari dei fondi trasferiti sotto il suo nome. Una prassi gradita ai 40 mila correntisti che però è finita nel mirino della Banca d'Italia e della Procura di Roma. Nel settembre 2010 lo IOR si è visto sequestrare 23 milioni di euro in partenza verso la Jp Morgan Franco-forte (20 milioni) e la Banca del Fucino (3 milioni di euro) sui quali non voleva fornire informazioni alle autorità italiane .
Il presidente Gotti Tedeschi e il direttore generale, Paolo Cipriani, sono stati indagati dal pm Stefano Rocco Fava e dal procuratore aggiunto Nello Rossi per violazione della normativa antiriciclaggio e da allora è partita una lunga partita a scacchi tra Stato Vaticano e l'Italia. La prima mossa è stata fatta a sorpresa dal Papa: il 30 dicembre 2010 è stata approvata la normativa “per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario”. Quella legge istituiva in Vaticano l’Autorità di informazione finanziaria (AIF), per il contrasto del riciclaggio e prevedeva per questa autorità modellata sull'UIF italiana la possibilità di effettuare ispezioni sui conti IOR e di comunicare i risultato all'UIF stessa, che poi li avrebbe girati ai magistrati. Si trattava di una vera e propria rivoluzione: la Procura di Roma avrebbe potuto conoscere il reale intestatario, per esempio, dei fondi girati da un mafioso mediante un conto IOR (usato per schermarne la proprietà reale) su un conto di un insospettabile, semplicemente mediante una richiesta di informazioni dall'UIF all'AIF. Inizialmente le cose avevano funzionato bene. Dopo la prima risposta positiva dall'AIF all'UIF, la Procura di Roma aveva dissequestrato i 23 milioni che avevano dato origine alla vertenza nel maggio 2011 perché: “L’AIF ha già iniziato una collaborazione con l’UIF fornendo informazioni adeguate su di un’operazione intercorsa tra IOR e istituti italiani e oggetto di attenzione”.
Cancellati i poteri d’ispezione
Ottenuto il dissequestro, la Segreteria di Stato ha ingranato la retromarcia. Il 25 gennaio 2012 è stata approvata una nuova direttiva che cancella i poteri di ispezione dell'AIF e li subordina nell'ordine a un nulla osta della Segreteria di Stato ai regolamenti (mai emanati) della Commissione Pontificia e a un protocollo di intesa UIF-AIF che, anche per le diffidenze italiane, non è mai stato siglato. La retromarcia del Vaticano è stata prontamente segnalata dalla Procura di Roma alla quinta divisione sulla prevenzione antiriciclaggio del ministero dell'Economia italiano, guidata da Giuseppe Maresca.
In quel momento decisivo, Ettore Gotti Tedeschi si è schierato contro la linea della chiusura benedetta dal cardinale Tarcisio Bertone. Una scelta che potrebbe essergli costata la poltrona di presidente dello IOR.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/06/ior-la-guerra-sulla-trasparenza-e-la-vendetta-di-bertone/253901/
IL BANCHIERE SOTTO CHOC: “HO PENSATO CHE QUALCUNO FOSSE VENUTO A SPARARMI”
Di Andrea Tornelli
PIACENZA. L’ ampio cortile interno, così simile a un chiostro dei palazzi vaticani, era ancora avvolto nell’oscurità alle 5.25 di ieri mattina, quando Ettore Gotti Tedeschi, con la valigia in mano, ha sceso l’ultimo gradino del grande scalone e si è avviato verso la macchina. Doveva partire per Milano, come al solito prima dell’alba. Cinquanta minuti di viaggio, lettura dei giornali, messa quotidiana alle 8. Poi nel pomeriggio, doveva prendere un treno per Roma. Tra le carte che portava con sé, anche un documentato memoriale che avrebbe voluto consegnare a Benedetto XVI, per ricostruire le ultime vicende che hanno portato al suo clamoroso licenziamento dallo Ior.
Appena arrivato all’automobile, li ha visti: quattro uomini lo stavano aspettando. Il maresciallo ha infilato la mano nella giacca, per estrarre il distintivo da carabiniere. Questione di un attimo. «Ho creduto che fossero venuti a spararmi...».
L’ormai ex banchiere di Dio, per una frazione di secondo ha temuto il peggio. Gli hanno mostrato l’ordinanza per la perquisizione, gli hanno fatto capire che doveva cambiare i suoi programmi per la giornata, rinunciando alla trasferta romana. Gotti Tedeschi, con il volto terreo, ha letto velocemente quel foglio. Poi ha urlato il nome della moglie: «Francesca!».
Due settimane fa, la clamorosa sfiducia del board della banca vaticana, seguita da un comunicato durissimo e per nulla in linea con lo stile della Santa Sede. Un comunicato moralmente e professionalmente devastante. E ora questa nuova, inaspettata tegola sulla testa. Perquisizione, ma senza essere indagato. L’inchiesta della Procura di Napoli non ha nulla a che vedere con le vicende della banca vaticana. «Quando è salito, accompagnato da tre carabinieri era sconvolto – racconta alla Stampa la moglie del banchiere, una signora distinta e affabile – per fortuna che io ho mantenuto la calma. Mi ero svegliata alle quattro, senza riuscire più ad addormentarmi. Avevo detto il rosario. Ero davvero serena».
L’abitazione di via Verdi, a due passi dal teatro municipale, si trova nel cuore antico di Piacenza. Il salotto di casa è una galleria di quadri d’epoca, quasi tutti a soggetto religioso. Su uno dei tavoli, le foto dei cinque figli sono appaiate a quella che ritrae i coniugi Gotti Tedeschi a un’udienza con Papa Ratzinger. Sulla destra, una porta conduce al piccolo studio del banchiere. Una stanzetta triangolare, stretta, monacale, con uno scrittoio in legno scuro non più grande di un vecchio banco di scuola, e una finestra piccolissima di fronte. È pieno zeppo di giornali, articoli, riviste, testi di conferenze, agende. È in questo spazio angusto che durante il fine settimana, dopo aver spento il cellulare, il banchiere cattolico si è messo a ricostruire passo dopo passo i suoi tre anni alla presidenza dello IOR nella memoria che avrebbe voluto portare a Roma, convinto che la sua uscita di scena sia legata alle discussioni sulle nuove norme antiriciclaggio e alle vicende del tentato salvataggio dell’ospedale San Raffaele.
Ed è da lì che la perquisizione è iniziata. I carabinieri, in contatto telefonico pubblico ministero Vincenzo Piscitelli, hanno cominciato a rovistare ogni carta, in cerca di lettere o email scambiate con Giuseppe Orsi. Ne hanno trovata una nella quale l’amministratore delegato di Finmeccanica manifestava solidarietà a Gotti dopo la brusca interruzione del suo servizio Oltretevere. Entrambi piacentini, entrambi nati nel 1945, Gotti e Orsi si conoscono e si stimano da tempo e qualche volta si sono frequentati con le rispettive famiglie.
I militari inviati dalla Procura di Napoli hanno aperto le valigette ventiquattr’ore dove Gotti Tedeschi conserva meticolosamente da decenni le matrici dei suoi libretti di assegni. Poi hanno aperto una piccola cassaforte, dove insieme a un paio di gioielli erano conservati i rogiti delle case di famiglia.
Quando ormai il sole era spuntato, la perquisizione si è spostata per breve tempo nella casa di San Polo, paesino a dieci chilometri da Piacenza, dove la famiglia possiede una casa di campagna. Ma lì non c’è studio, né ci sono carte, tutto si è chiuso in fretta. Nel frattempo, i carabinieri si presentavano anche nell’ufficio milanese del banchiere, a due passi dal teatro della Scala, dove ha sede la rappresentanza del Banco Santander. Alle 10.30 la perquisizione nell’abitazione di via Verdi si è conclusa. Gotti è salito in macchina con gli investigatori ed è partito per Milano, dove Piscitelli lo attendeva per ascoltarlo. Alle 17.30 un SMS alla moglie, preoccupata per il protrarsi dell’interrogatorio: «Ho chiesto di interrompere, continuiamo domani. Mi riaccompagna a casa l’avvocato…».
La Stampa 6 giugno 2012
IL MEMORIALE GOTTI TEDESCHI “VOGLIONO UCCIDERMI”
In casa dell’ex presidente dello Ior, carabinieri e pm trovano un dossier-bomba riservato agli amici: “Se mi ammazzano, qui ho scritto il perché. In Vaticano ho visto cose da aver paura”
di Marco Lillo
Ettore Gotti Tedeschi temeva di essere ucciso e aveva preparato un memoriale con tutti i segreti appresi nella sua attività di presidente dello Ior
“SE MI AMMAZZANO CERCATE IN QUESTE CARTE”
Lo Ior e Finmeccanica: il memoriale di Gotti Tedeschi I segreti,
i dossier e il fantasma di Roberto Calvi
di Marco Lillo
Ettore Gotti Tedeschi temeva di essere ucciso e aveva preparato - come polizza sulla vita - un memoriale sui i segreti dello IOR. L’ex presidente della cosiddetta banca vaticana, dal settembre 2009 al maggio 2012, aveva consegnato un paio di esemplari del dossier agli amici più fidati, con una postilla a voce: “Se mi ammazzano, qui dentro c’è la ragione della mia morte”. Martedì scorso, una copia del dossier sullo IOR è stata trovata dagli uomini del capitano Pietro Raiola Pescarini, il comandante del Nucleo Operativo del NOE, quando i Carabinieri dell’ambiente hanno perquisito l’abitazione di Gotti su delega della Procura di Napoli. Proprio per approfondire il contenuto del dossier sullo IOR ieri sono decollati alla volta di Milano i vertici della Procura di Roma. I quattro pm, Giuseppe Pignatone e Nello Rossi di Roma, Henry J. Woodcock e Vincenzo Piscitelli di Napoli, hanno interrogato per tre ore e mezza l’ex presidente dello IOR, visibilmente impressionato dalle informazioni raccolte dagli investigatori, anche grazie alle intercettazioni.
I pm sono in possesso persino di conversazioni che riguardano il segretario del Papa, Georg Ganswein e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, su argomenti delicatissimi. Inoltre a casa di Gotti Tedeschi sono stati trovati una serie di dossier su personaggi importanti che potrebbero avere avuto rapporti con il banchiere e con lo IOR. Centinaia di pagine che sono state fotocopiate, nome per nome, dossier per dossier, e consegnate ai pm romani. Al termine di questo primo interrogatorio, che si è tenuto nella caserma del NOE immersa nel verde di via Pasuvio, alla periferia di Milano, concluso alle 18 anche per la stanchezza di Gotti Tedeschi, i magistrati si sono aggiornati a nuovi separati appuntamenti con il banchiere nella veste di indagato a Roma e di testimone a Napoli. I pm di Roma hanno preso le carte attinenti alla loro indagine sulla violazione formale delle norme antiriciclaggio da parte dello IOR che sonnecchiava da un anno e mezzo, dopo il dissequestro di 23 milioni dello IOR, e che sembrava destinata all’archiviazione, per Ettore Gotti Tedeschi.
La svolta è arrivata dopo le perquisizioni ordinate all’insaputa della Procura di Roma che indagava sullo IOR dal 2010. Dopo l’interrogatorio di martedì condotto dai pm di Napoli (che dovrebbero indagare su Finmeccanica) era montata una certa “sorpresa” dei titolari dell’inchiesta romana, il procuratore aggiunto Nello Rossi e il sostituto Stefano Rocco Fava. Una serie di telefonate tra due magistrati di grande esperienza come il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il reggente della Procura di Napoli, Alessandro Pennasilico, avevano stemperato gli animi. Martedì sera è stato organizzato un interrogatorio congiunto di Gotti Tedeschi nella veste di indagato alla presenza del suo avvocato. Le carte trovate a casa di Gotti sono considerate di grande rilievo investigativo. Non capita tutti i giorni che un procuratore capo di Roma, per di più protetto con il massimo grado di allerta per le sue inchieste a Palermo e Reggio, si sposti in aereo dalla sera alla mattina. E non capita tutti i giorni che si faccia accompagnare dal comandante del Noe dei Carabinieri, il colonnello Sergio De Caprio, alias Ultimo.
Così (insieme con Nello Rossi) il procuratore che ha arrestato Provenzano e il carabiniere che ha messo i ceppi a Riina, sono volati a Milano per interrogare, non Matteo Messina Denaro, ma l’ex banchiere del Papa.
L’odore dei soldi
Un risultato inatteso dell’azione dei pm partenopei Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio che ex ante cercavano le prove del riciclaggio della presunta mazzetta da 10 milioni di euro, in ipotesi girata dal presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi alla Lega Nord e a Cl in occasione della vendita da 560 milioni di 12 elicotteri della controllata Agusta-Westland, al Governo Indiano. Le carte sullo IOR sono emerse a sorpresa inseguendo questa mega-tangente, negata dai protagonisti, che per ora esiste solo nei racconti dell’ex direttore centrale Finmeccanica Lorenzo Borgogni. Indagando su Orsi, i pm napoletani si sono imbattuti nei primi mesi dell’anno nel suo amico Gotti Tedeschi che proprio in quel momento era al centro di uno scontro di potere epocale all’ìnterno del Vaticano. Se Orsi confidava a Gotti Tedeschi i suoi problemi con le inchieste giudiziarie, l’amico banchiere aveva problemi ben maggiori all’interno del Vaticano. Nelle sue lunghe conversazioni di questi giorni con gli amici Gotti Tedeschi aveva confidato di avere scoperto in Vaticano cose di cui aver paura. Stimava sempre il Papa ma si fidava ormai di pochissime persone Oltretevere, come il presidente dell’AIF, l’Autorità Antiriciclaggio con la quale aveva cercato di fare sponda per aprire gli archivi segreti dello IOR, il Cardinale Attilio Nicora. E poi il segretario del Papa George Ganswein, al quale cercava di spiegare perché la linea del segretario di stato Tarcisio Bertone, contraria ad aprire all’autorità giudiziaria italiana i segreti dei conti IOR, fosse miope e sbagliata. “Se seguiamo la linea di Bertone, non usciremo mai dalla black list”, spiegava ai suoi interlocutori Gotti Tedeschi, aggiungendo che forse era proprio quello che volevano i cardinali. Perché così potevano continuare a nascondere la verità alle autorità italiane. La sensazione è che Gotti Tedeschi nella contesa dello IOR, almeno da quanto emerso dagli atti di indagine dei magistrati napoletani, abbia svolto un ruolo positivo, opponendosi alle lobby contrarie alla trasparenza. E forse anche per questo temeva per la sua vita.
La scorta
Si potrebbe pensare a un eccesso di preoccupazione dettata dallo stress se non fosse per i precedenti sinistri. Gotti Tedeschi era soprannominato “il banchiere del Papa” e temeva di fare la fine del “banchiere di Dio”: Roberto Calvi, ucciso e impiccato con una messinscena al ponte dei Frati neri di Londra. Negli ultimi mesi Gotti Tedeschi aveva assoldato una scorta privata e si era rivolto a un’agenzia di investigazione per avere protezione. Sapeva bene però che i vigilantes non rappresentavano per lui una garanzia di sopravvivenza. La sua polizza sulla vita erano le carte che aveva maneggiato, i segreti che custodiva.
Per questa ragione aveva stilato il memoriale. Non immaginava però che sarebbe finito nelle mani della giustizia italiana.
IL FATTO QUOTIDIANO 7 GIUGNO 2012
IOR, GOTTI TEDESCHI VOLEVA INVIARE IL DOSSIER AL PAPA
Ai pm le mail con Bertone e sui conti della mafia
ROMA — Aveva tre destinatari il memoriale preparato dal banchiere Ettore Gotti Tedeschi «se dovesse succedermi qualcosa». E una copia doveva arrivare al Papa attraverso monsignor Georg Gaenswein. In tutto sono circa duecento pagine: un'introduzione di due cartelle, decine e decine di mail e altri appunti inseriti tra gli allegati, alcune pagine dell'agenda personale che documentano incontri e colloqui. In quelle carte sono indicati «gli amici e i nemici» dell'ex presidente dello Ior.
Ci sono le richieste di aiuto presentate nei momenti di difficoltà a numerose persone, comprese quelle più vicine al Pontefice come monsignor Gaenswein. Ci sono i resoconti degli scontri avuti con il cardinale Tarcisio Bertone e soprattutto con il direttore generale dell'Istituto per le Opere di Religione, Paolo Cipriani. Perché anche durante l'interrogatorio con i magistrati romani — il procuratore Giuseppe Pignatone e l'aggiunto Nello Rossi — Gotti ha ribadito di essere sempre stato «osteggiato perché volevo la trasparenza, soprattutto su alcuni conti». Un riferimento neanche troppo velato ad alcuni depositi «cifrati» che potrebbero essere in realtà riconducibili a esponenti della criminalità organizzata. E proprio questo spiegherebbe i timori che Gotti ha esternato prima a persone fidate e poi ai pubblici ministeri motivando la sua scelta di collaborare dopo il sequestro del memoriale: «Temo per la mia vita».
L'armadio con 47 faldoni
Dell'esistenza del memoriale Gotti aveva parlato nei giorni scorsi con alcune persone. È possibile che uno di questi telefoni fosse intercettato e che in questo modi i magistrati abbiano scoperto l'esistenza del carteggio. All'alba di martedì, quando i carabinieri del Noe sono entrati nel suo ufficio di Milano e nella sua casa di Piacenza per ordine della procura di Napoli, lo hanno sequestrato insieme ad altri documenti. Complessivamente, specifica l'avvocato Fabio Palazzo «si tratta di 47 faldoni che erano stipati in un armadio» e riguarderebbero anche le attività svolte quando era al vertice della Banca Santander, i contratti di finanziamento per le aziende del gruppo Finmeccanica, altri rapporti commerciali che passano proprio dallo Ior ma che nulla avrebbero a che vedere con il periodo durante il quale Gotti rivestiva la carica di presidente.
Quando gli viene chiesto conto del carteggio che secondo alcune indiscrezioni Gotti avrebbe addirittura voluto consegnare al Pontefice il banchiere chiarisce: «Ne avevo affidato una copia alla mia segretaria e le avevo detto che se mi fosse accaduto qualcosa avrebbe dovuto consegnarlo ad alcune persone che le avevo indicato: un mio amico, il giornalista Massimo Franco e un avvocato». Effettivamente una seconda copia viene consegnata ai carabinieri proprio dalla segretaria e Gotti esclude che in circolazione ce ne possano essere delle altre.
Lo scontro sui conti segreti
Ai magistrati romani Gotti chiarisce, come del resto aveva già fatto in passato dopo il sequestro dei 23 milioni transitati per lo Ior, che «io sono sempre stato al vertice, dunque non mi occupavo della gestione dei conti». Non nega però di non aver ottenuto risposta quando aveva chiesto di sapere a chi fossero intestati alcuni depositi che risultavano registrati in maniera cifrata. Un netto rifiuto era stato opposto dal direttore generale Cipriani «che è sempre stato contrario alla linea di trasparenza che volevo intraprendere». Il sospetto è che in realtà su quei conti ci siano soldi della mafia e proventi di altre attività illecite, comprese le tangenti pagate a politici e alti funzionari dello Stato. Ed è proprio per questo che Gotti evidentemente temeva «per la mia vita, ho paura che possano ammazzarmi».
Nell'introduzione del memoriale Gotti elenca «i passi da fare per entrare nella "White List" dell'Unione Europea» e le personalità che si oppongono. In questo contesto cita il cardinale Tarcisio Bertone, gli «altri oppositori», ma anche coloro che lo appoggiano, e allega le mail con i collaboratori di Benedetto XVI.
Molto altro si potrà scoprire analizzando il contenuto dei suoi computer. I magistrati hanno già copiato l'intero archivio informatico che sarà esaminato nei prossimi giorni alla presenza del legale e di un consulente. Poi Gotti dovrebbe essere nuovamente interrogato sia dai pubblici ministeri romani, sia dai napoletani. La sua collaborazione viene ritenuta preziosa, ma gli inquirenti appaiono convinti che i documenti consegnino elementi importanti per ricostruire numerose operazioni sospette.
Fiorenza Sarzanini
fsarzanini@corriere.it
8 giugno 2012 – Corriere della Sera
"SORPRESA E PREOCCUPAZIONE"
Santa Sede su Gotti Tedeschi: rispettare le prerogative sovrane
Città del Vaticano, 08-06-2012
La Santa Sede ha appreso con "sorpresa e preoccupazione le recenti vicende in cui è stato coinvolto il Prof. Gotti Tedeschi. Ripone nell'autorità giudiziaria italiana la massima fiducia che le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall'ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate". Lo afferma una nota del Vaticano
La S.Sede ribadisce che "la mozione di sfiducia" nei confronti di Gotti Tedeschi del Consiglio di Sovrintendenza" dello Ior è stata "fondata su motivi oggettivi, attinenti alla governance dello Ior, e non determinata da una presunta opposizione alla linea della trasparenza, che anzi sta a cuore alle Autorità della S.Sede, come all'Istituto stesso".
La Santa Sede, e' detto in una nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana, "conferma inoltre la sua piena fiducia nelle persone che dedicano la loro opera con impegno e professionalita' all'Istituto per le Opere di Religione e sta esaminando con la massima cura l'eventuale lesivita' delle circostanze, nei confronti dei diritti propri e dei suoi organi".
http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=166111
IL DOSSIER SEGRETO NELLE MANI DEL PAPA
La guerra dello Ior e la paura di Gotti Tedeschi di essere ucciso:
“Consegnate il mio memoriale a Benedetto XVI”
di Marco Lillo
Se mi succede qualcosa fate arrivare questo memoriale con tutte le carte allegate sulle questioni di cui mi sono occupato negli ultimi tempi al mio amico avvocato (...), al giornalista del Corriere della Sera, Massimo Franco e anche al Papa, tramite il suo segretario don Georg Ganswein. Queste erano le volontà apposte a margine del memoriale scritto da Ettore Gotti Tedeschi e trovato a Milano dai pm di Napoli. L’ex presidente dello IOR, rimosso all’improvviso dall’incarico era impaurito per la sua vita. Durante la battaglia durissima che lo aveva contrapposto alla Segreteria di Stato sulla questione della normativa anti-riciclaggio aveva consegnato alla sua segretaria una copia del memoriale con le carte più scottanti.
Oltre all’originale, trovato in casa del banchiere a Piacenza, i Carabinieri del Noe coordinati dal capitano Pietro Raiola Pescarini, martedì hanno trovato una seconda copia nell’ufficio di Gotti Tedeschi presso la sede del Banco Santander di Milano in via Boito, a due passi dalla Scala.
I Carabinieri sono sobbalzati leggendo l’appunto: Gotti Tedeschi temeva davvero di potere essere ucciso. Lo si comprende dal livello dei destina-tari del dossier che aveva preparato per spiegare le ragioni di un’eventuale morte sospetta.
Il banchiere pensava di far conoscere all’opinione pubblica i retroscena delle lotte intestine del Vaticano mediante uno dei giornalisti più importanti del Corriere della Sera come Massimo Franco.
Il notista del principale quotidiano italiano negli ultimi tempi si era occupato a più riprese di Gotti e del Vaticano. Il giorno dopo la perquisizione era uscito sul Corriere un suo articolo nel quale si legge: “Gotti Tedeschi conosce ogni documento e i suoi avversari sanno che sa. Forse la spiegazione più plausibile è che aspetta un cenno dal Papa”.
E proprio al Papa, Gotti voleva fosse consegnato il memoriale che in realtà si compone solo di due pagine più decine di fogli allegati che ne costituiscono la parte più esplosiva. Nell’introduzione sono schematizzati gli avvenimenti più delicati nei quali il banchiere aveva avuto un ruolo di protagonista o di testimone. In corrispondenza di ogni passaggio delicato, nel breve memoriale c’era un rimando a un documento o a un appunto che precisava nel dettaglio gli avvenimenti sommariamente descritti. I magistrati di Napoli hanno sequestrato nell’ufficio del Santander, oltre ai contratti dei finanziamenti elargiti dalla banca spagnola a Finmeccanica, anche un intero armadio contenente 47 faldoni, più due computer. Tutto questo materiale è stato sigillato ed è a disposizione degli inquirenti che però ne prenderanno visione solo nei prossimi giorni, alla presenza del difensore e dei suoi consulenti.
L’inchiesta dei pm napoletani Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio riguarda le presunte mazzette pagate secondo l’accusa (partita dalle rivelazioni dell’ex direttore centrale di Finmeccanica Lorenzo Borgogni) a Lega e Cl in occasione della vendita al governo indiano di 12 elicotteri Agusta Westland nel 2010. E per questa ragione tutte le carte che, invece, sono inerenti allo IOR, saranno trasmesse alla Procura di Roma dove è aperto dal 2010 un fascicolo che vede indagati il presidente Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani per violazione della normativa anti-riciclaggio. Da questa indagine ne è nata una seconda che vede indagati alcuni prelati per riciclaggio ma non il presidente Gotti Tedeschi. Proprio su questo secondo filone si concentrano il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Nello Rossi e il sostituto Stefano Fava. E, proprio nell’ambito di questa indagine per riciclaggio, Gotti Tedeschi sta collaborando. L’ex presidente dello IOR non aveva un ruolo operativo e infatti a lui si contesta solo la violazione minore degli obblighi formali e non i singoli episodi, puniti più pesantemente, di presunto riciclaggio. Gotti ha accettato di parlare mercoledì scorso con i pm romani che avevano la copia del memoriale e delle lettere trovati dai colleghi napoletani sul tavolo.
L’avvocato Fabio Palazzo però precisa che nel memoriale “Gotti Tedeschi non fa riferimento a nessun caso di riciclaggio, ma parla di come risolvere problemi relativi ai conti, adottando adeguate procedure anti-riciclaggio, che se applicate, avrebbero consentito al Vaticano di entrare nella white list, e che qualcuno aveva ostacolato, o comunque ne aveva criticato l'applicazione”. Per il legale dell’ex presidente dello IOR “Gotti Tedeschi non era a conoscenza di nessun caso di riciclaggio”.
IL FATTO QUOTIDIANO 8 GIUGNO 2012
«LO IOR E I CONTI DEI POLITICI CHIESI NOTIZIE, INIZIÒ LA GUERRA»
Il memoriale di Gotti: ecco i nomi dei miei nemici
ROMA — Ha una precisa data di inizio la guerra interna allo Ior che si è conclusa con il licenziamento del presidente Ettore Gotti Tedeschi. Ed è lo stesso banchiere a fissarla nel memoriale che aveva affidato alla sua segretaria chiedendole di consegnarlo a tre persone «se dovesse succedermi qualcosa» e che voleva far avere anche al Papa. «Tutto è cominciato - scrive - quando ho chiesto di avere notizie sui conti che non erano intestati ai prelati». Depositi riconducibili a politici, faccendieri, costruttori, alti funzionari dello Stato. Ma anche a personaggi ritenuti prestanome dei boss della criminalità, come emerge da un'inchiesta avviata dalla procura di Trapani secondo cui all'Istituto per le Opere religiose potrebbero essere arrivati addirittura parte dei soldi del latitante Matteo Messina Denaro.
Nel dossier il banchiere sottolinea le forti resistenze incontrate e poi indica due persone che sarebbero in cima alla lista dei suoi nemici: il direttore generale dello Ior Paolo Cipriani e il giovane manager Marco Simeon, direttore di Rai Vaticano e responsabile delle relazioni istituzionali e internazionali di viale Mazzini, ritenuto uomo di fiducia del cardinale Tarcisio Bertone. E sono in molti a leggere nella nota ufficiale della Santa Sede che evidenzia «le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall'ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate» un avvertimento allo stesso Gotti. Una sorta di invito a non svelare, nella sua collaborazione con gli inquirenti, nulla che riguardi quanto accaduto all'interno delle mura leonine. Ma anche un altolà ai magistrati perché non sia utilizzato alcun documento ufficiale del Vaticano.
I nemici interni
Il sequestro del dossier composto da lettere, mail, appunti e resoconti di incontri che il banchiere ha raccolto nei due anni e mezzo trascorsi al vertice dello Ior certamente spaventa le alte gerarchie ecclesiastiche anche per le ripercussioni che può avere con la pubblicazione di nuovi atti. Nelle carte portate via dall'ufficio del banchiere i nomi dei suoi «nemici» ricorrono spesso. Non è un mistero che i rapporti con Cipriani non siano mai stati idilliaci e queste frizioni emersero già all'inizio dell'indagine avviata dalla procura di Roma che aveva disposto il sequestro di 23 milioni di euro transitati su un conto Ior ipotizzando nei confronti di entrambi l'accusa di riciclaggio. Dopo una atteggiamento iniziale di chiusura, Gotti si sarebbe mostrato disponibile alla collaborazione, mentre il direttore generale avrebbe ribadito la sua contrarietà a fornire elementi utili a individuare i titolari dei depositi e si sarebbe sempre espresso in maniera negativa sulla possibilità di fornire indicazioni anche su conti correnti che non risultano più attivi ma per i quali si potrebbero ricostruire le movimentazioni pregresse.
Un atteggiamento condiviso — sempre secondo Gotti — da Bertone e nelle carte il banchiere evidenzia l'avversità nei suoi confronti di Simeon, che nonostante abbia solo 33 anni è già stato responsabile delle relazioni istituzionali di Capitalia e Mediobanca. E vanta ottimi rapporti con il faccendiere Luigi Bisignani e con alcuni alti funzionari finiti agli arresti per corruzione nell'indagine sugli appalti dei Grandi eventi come l'ex provveditore alle opere pubbliche, Angelo Balducci. Sono tutti titolari di conti presso lo Ior e le verifiche patrimoniali effettuate nel corso delle inchieste avevano mostrato flussi di denaro che certamente transitavano su questi depositi.
I soldi della mafia
Una storia simile a quella scoperta dalla Procura di Trapani che agli inizi di maggio aveva inviato una rogatoria alla Santa Sede per chiedere elementi su due conti correnti da don Ninni Treppiedi, ex gestore delle casse della Curia ed ex fedelissimo del vescovo Francesco Miccichè, indagato per una serie di ammanchi. Il prete è stato sospeso a divinis, mentre l'alto prelato è stato sollevato dall'incarico «per non aver vigilato sull'operato del suo sottoposto». In realtà aveva iniziato a collaborare con i pubblici ministeri e c'è chi ritiene che sia questo il vero motivo della rimozione. Nell'istanza trasmessa alle autorità vaticane vengono specificati i motivi di necessità per l'accesso alla movimentazione dei due depositi ma non è esplicitato il sospetto che ha preso corpo nelle ultime settimane secondo il quale quei soldi sarebbero serviti a riciclare anche denaro proveniente da Matteo Messina Denaro.
Oltre agli ammanchi della Curia, l'indagine si concentra su una serie di investimenti immobiliari e vendite di beni ecclesiastici che potrebbero nascondere il passaggio di soldi a prestanome e la necessità di «ripulirli» attraverso il transito su società e istituti di credito non accessibili ai controlli diretti, come appunto è lo Ior. Adesso bisognerà scoprire se davvero, come lui stesso avrebbe sostenuto, Gotti aveva manifestato la volontà di assecondare almeno in parte le richieste delle autorità italiane. Oltre ai conti finiti nell'inchiesta di Trapani ci sono infatti una decina di operazioni sospette segnalate alla procura di Roma e sulle quali sta già svolgendo accertamenti la Guardia di finanza. Movimentazioni che portano proprio ai conti Ior intestati a preti e suore.
Fiorenza Sarzanini
fsarzanini@corriere.it
Corriere della Sera
IL VATICANO: FIDUCIA CHE I PM RISPETTINO LA NOSTRA SOVRANITÀ
Richiamo alle norme internazionali
ROMA — La Santa Sede scende in campo con decisione sulla vicenda Ior-Gotti Tedeschi. Con un comunicato stringato diramato ieri in serata dalla sala stampa diretta da padre Federico Lombardi, che non lascia spazio a repliche, il Vaticano si è espresso ufficialmente dopo tre giorni di silenzio sulle perquisizioni, gli interrogatori e i sequestri di documenti che sono stati eseguiti nei confronti dell'ex presidente dello Ior, da parte delle Procure della Repubblica di Napoli e di Roma. Dieci righe in tutto, articolate in tre punti, in cui viene ricordato ai pm italiani che la Santa sede è uno stato sovrano e i suoi funzionari e documenti godono delle conseguenti protezioni e immunità. La Santa Sede esprime fiducia che i pm rispettino il diritto sovrano, difende il vertice dell'Istituto, e ribadisce che la destituzione di Gotti non è legata in nessun caso alla trasparenza, ma a motivi oggettivi di non aver saputo svolgere il suo ruolo.
Il Vaticano fa sapere di aver «appreso con sorpresa e preoccupazione le recenti vicende in cui è stato coinvolto il professor Gotti Tedeschi». Ma al riguardo il comunicato mette in evidenza, subito dopo, la delicata questione della giurisdizione, lì dove sostiene che «la Santa Sede ripone nell'autorità giudiziaria italiana la massima fiducia che le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall'ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate». Un'affermazione che si spiega con il fatto che è noto che l'ingente quantitativo di materiale sequestrato (47 faldoni di carte che l'ex presidente si era tenuto in casa), oltre al famoso memoriale messo a punto da Gotti sul caso della sua destituzione dall'incarico, e gli interrogatori cui egli è stato sottoposto, hanno a che fare in gran parte con l'attività dello Ior e di altri organi centrali dello Stato Città del Vaticano. Mentre alcuni carteggi riguardano lo stesso Pontefice. Il difetto di giurisdizione penale italiana nel sequestro dei documenti sullo Ior, trae origine dal fatto che lo stesso Ior è stato riconosciuto — con sentenza 17 luglio 1987 della Cassazione nel procedimento per il crack del vecchio Ambrosiano di Roberto Calvi — come ente centrale della Chiesa cattolica in base all'articolo 11 del Trattato del Laterano.
Nel secondo punto del comunicato è contenuta un'aperta difesa, pur senza nominarli, dell'onorabilità di alcuni professionisti che lavorano per lo Ior (gli avvocati Jeffrey Lena e Michele Briamonte), e dei suoi dirigenti (come il direttore generale Paolo Cipriani) che in alcune ricostruzioni finite sui giornali sono stati più o meno velatamente descritti come all'origine del presunto complotto per cacciare Gotti Tedeschi, se non addirittura a metterne in pericolo la vita (prospettando complicità con il crimine organizzato, gruppi di pressione e non limpidi interessi internazionali). La Santa Sede conferma invece «la sua piena fiducia nelle persone che dedicano la loro opera con impegno e professionalità all'Istituto per le opere di religione». Inoltre «sta esaminando con la massima cura l'eventuale lesività delle circostanze, nei confronti dei diritti propri e dei suoi organi». Cioè sta valutando se adire o meno le vie legali per contrastare diffamazioni e calunnie.
Il terzo punto, si ricollega al secondo: «ribadisce, infine, che la mozione di sfiducia adottata nei confronti del professor Gotti Tedeschi da parte del Consiglio di Sovrintendenza è stata fondata su motivi oggettivi, attinenti alla governance dell'Istituto, e non determinata da una presunta opposizione alla linea della trasparenza, che anzi sta a cuore alle Autorità della Santa Sede, come all'Istituto stesso».
Nel memorandum «di sfiducia» votato all'unanimità da tutti i membri del board dello Ior contro Gotti Tedeschi, e ratificato «senza divisioni» dalla Commissione cardinalizia di controllo, il consiglio d'amministrazione della banca ha infatti contestato al banchiere nove punti di gravi inadempienze gestionali, tali da bloccare l'operatività dell'Istituto e rendere difficile il lavoro di adeguamento dello Ior alle normative internazionali e all'ingresso nella white list, oltre all'accusa di non saper giustificare la pubblicazione sui giornali di documenti della banca in suo possesso.
M.Antonietta Calabrò
mcalabro@corriere.it
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