sabato 26 novembre 2011

Il New York Times da per imminente la fine dell'Euro... sarà vero?!



Dobbiamo suonare un po' un'altra campana... altrimenti non c'è abbastanza varietà di musica... Personalmente non so se valga la pena di continuare una politica economica comunitaria, -con una moneta comune, intendo- però in questi tempi di rampanti "consumisti" bancari la moneta può venire usata anche come modo per sancire una "residua" sovranità degli stati.. In questo caso gli stati a cui mi riferisco sono l'Europa... E sarebbe un peccato che l'unione europea fallisse per motivi di speculazione economica... Anche perchè nel gioco del globalismo se ne avvantaggerebbero altre compagini più "aliene" al nostro mondo ed al nostro pensiero di abitanti del vecchio continente.. Non faccio nomi nè riferimenti per non offendere nessuno.. Ma in fondo -chissà- potrebbe magari anche essere un bene (nel futuro) che i giochi si spariglino... Staremo a vedere o staranno a vedere quelli che saranno rimasti in vita.... (Paolo D'Arpini)

Comunque ecco qui un intervento "tradizionalista" di Lucrezia Reichlin

La stabilità - La Bce intervenga con più forza sui mercati

L'indipendenza della Banca centrale europea (Bce) è un principio fondamentale che garantisce i cittadini contro la possibilità che pressioni politiche la inducano a creare inflazione. È giusto quindi che Angela Merkel l'abbia difeso nel corso della riunione a Strasburgo con Mario Monti e Nicolas Sarkozy, escludendo dall'ordine del giorno la Bce.

Tuttavia, la domanda da porsi non è se la Bce debba salvare l'Italia o
altri Paesi «peccatori» ma se la sua politica sia in linea con il suo mandato.In quanto segue vorrei spiegare perché un intervento della Bce con l'obbiettivo dichiarato della compressione dello spread tra tassi d'interesse sui titoli sovrani è un'azione necessaria all'adempimento del suo mandato di stabilizzazione dei prezzi e non il suo contrario.In tempi normali il consiglio Bce persegue l'obbiettivo della stabilità dei prezzi con un solo strumento, cioè determinando il livello del tasso d'interesse a breve termine.

L'idea è che quest'ultimo poi si trasmetta a tassi più a lungo termine, cioè ai tassi sui prestiti bancari che regolano le condizioni a cui imprese e famiglie ottengono finanziamenti. I tassi a cui si finanziano gli Stati sono anch'essi legati a questi ultimi, ma contengono anche un fattore di rischio che dipende dalle aspettative che il mercato ha sulla solvibilità del Paese.Dalla crisi finanziaria del 2008 il meccanismo di trasmissione tra il tasso d'interesse determinato dalla Bce e i tassi effettivi che determinano le condizioni del credito si è interrotto per via dell'incertezza sullo stato di salute delle banche e quindi del rischio di credito.

Di conseguenza, la Bce, per adempiere al suo mandato, ha dovuto usare altri strumenti oltre al tasso d'interesse a breve tra cui operazioni speciali che facilitano la liquidità per le banche e, dalla primavera del 2010, l'acquisto sul mercato secondario di titoli degli Stati sotto stress. Se la Bce non fosse intervenuta in questo modo non ortodosso, l'Europa avrebbe vissuto una crisi finanziaria gravissima e il sistema bancario sarebbe andato velocemente al collasso.

Altre banche centrali nel mondo hanno messo in opera simili operazioni per contrastare la crisi.La crisi del debito sovrano cominciata in Grecia nel 2010, acuitasi nel 2011 e ormai estesa a gran parte dell'area, ha aggiunto un altro elemento di distorsione tra tassi d'interesse poiché il tasso che si esige per prestare soldi a un Paese fragile è più alto di quello di un Paese solido e la differenza riflette il rischio Paese.

Queste differenze tra tassi sui titoli di Stato hanno determinato condizioni di finanziamento del debito sovrano molto diverse tra Paesi, con conseguenze sul costo del credito. Una banca spagnola che ha in bilancio molti titoli spagnoli è colpita negativamente quando questi titoli si svalutano a causa del fattore rischio Spagna. Inoltre, essa ha maggiori difficoltà delle banche dei Paesi a basso rischio nel reperire liquidità sul mercato. Questi costi inevitabilmente si trasferiscono sul costo del credito per i consumatori e le imprese spagnole.

Per la Bce questo crea un problema di politica monetaria che non si era mai manifestato nella storia dell'euro. Questa stabilisce un tasso d'interesse guida uguale per tutti i Paesi, ma la trasmissione tra questo tasso e il costo del credito risulta molto diverso tra di essi: i tassi d'interesse effettivi sono molto più alti in Spagna che in Germania, per esempio.

In gergo si dice che il meccanismo di trasmissione della politica monetaria non è omogeneo, cioè la Spagna subisce una politica monetaria che è effettivamente diversa da quella tedesca. È lecito chiedersi se questo non sia in contraddizione con il principio della politica monetaria unica. La risposta non è semplice. Da un lato una banca centrale non deve agire in modo da illudere il mercato che non ci sia rischio Paese quando questo c'è: una tale politica ucciderebbe ogni incentivo per i governi a mettere in atto il risanamento del bilancio. Dall'altro, per perseguire la stabilità dei prezzi in tutti i Paesi, la banca centrale deve far sì che il meccanismo di trasmissione dal tasso a breve ai tassi effettivi sia omogeneo. Se il fattore rischio riflettesse un reale problema di solvibilità per alcuni Stati, la Bce si troverebbe a far fronte ad un dilemma.

Ma se quest'ultimo fosse distorto in quanto causato da un attacco speculativo dei mercati alla cui origine c'è un problema di liquidità e non di solvibilità, il da farsi è chiaro. Francoforte deve intervenire per adempiere al suo mandato di stabilità dei prezzi, cioè non per salvare gli Stati, ma per far funzionare la politica monetaria. In pratica è difficile distinguere tra solvibilità e liquidità, ma la posta in gioco è troppo alta per poter peccare per il timore di sbagliare. Per ragioni di politica monetaria e per adempiere al suo mandato la Bce dovrebbe darsi un obbiettivo quantitativo sugli spread e programmare gli interventi di acquisto di titoli di Stato e le operazioni di liquidità alle banche necessarie per raggiungere questo obbiettivo.

L'annuncio di tale obbiettivo avrebbe un effetto rassicurante per i mercati e darebbe lo spazio ai nuovi governi dell'Europa per mettere in atto le riforme strutturali necessarie a navigare verso una rotta più virtuosa nel lungo periodo. Farlo non significa rinnegare il mandato, ma, al contrario, perseguirlo.

Lucrezia Reichlin

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