Caro Paolo D'Arpini, sei ufficialmente invitato alla presentazione del mio libro "Profumo d'Italia. Il Paese della continua emergenza rifiuti", che si terrà lunedì 14 novembre, alle ore 18.00, c/o la Libreria Arion del Palazzo delle Esposizioni di Roma).
Qui sotto, invece, ti invio una piccola parte del primo capitolo (Un mondo di rifiuti), laddove mi soffermo sul rapporto acqua-rifiuti, con tutte le loro implicazioni. Un abbraccio, Fulvio Di Dio
Acqua e rifiuti
Vogliamo concentrare l'attenzione su una coppia di termini e di concetti di elevata carica semantica, l'acqua e i rifiuti.
L'acqua come elemento indispensabile alla vita, i rifiuti come tutto ciò che è privo di valore in quanto ha esaurito la sua utilità.
La vita e l'inerte, l'indispensabile e l'inutile, pieno e vuoto … con tutte le implicazioni psicologiche, culturali, sociali, economiche, ecologiche, politiche e istituzionali che, nel corso dei secoli, hanno suggerito agli esseri umani le soluzioni per venire a capo del problema dell'accesso all'acqua e di quello, parallelo, dell'eliminazione dei rifiuti prodotti dall'attività umana.
In Italia la gestione dei rifiuti (e dell'acqua) è stata per tradizione materia tipica dell'Ente locale, che - direttamente o mediante le aziende municipalizzate – ha garantito ai cittadini questi servizi.
Controllare l'ambiente fisico cittadino, sempre più equivalente all'ambiente sociale tout court, regolare le sue risorse e tutelare la loro qualità: sono problemi che attengono primariamente alla sfera politica, ancor prima che a quella tecnica, economica o amministrativa.
Se pensiamo alla città medievale, lo scontro-competizione tra potere pubblico e poteri privati, tra coniuratio comunale e nobiltà feudale, è tra i più accesi in tema di rifornimento idrico. La fontana pubblica si contrappone simbolicamente (ma non solo) al pozzo privato.
Dalla città medievale siamo arrivati a questo paradosso: la degradazione di una risorsa indispensabile come l'acqua comporta la sua trasformazione da bene libero a bene economico.
Abbiamo già discusso (F. Di Dio, Acqua Sporca. Il gorgo nero delle privatizzazioni, Editori Riuniti, Roma, 2011), appurandone gli effetti e le conseguenze, se sia l'operatore pubblico o l'impresa privata il soggetto più adatto a fornire un bene di così universale consumo.
Dopo questa svolta epocale, la qualifica di bene libero si restringe alla sola aria. È valido ancora oggi questo discorso?
Inceneritori, miasmi di discariche, industrie che scaricano i loro fumi, di fatto, non sono anche questi le cause di una sorta di "privatizzazione" dei beni comuni?
Cosa comporta la gestione del ciclo dei rifiuti in mano a privati e multinazionali?
giovedì 10 novembre 2011
Fulvio Di Dio ed il Profumo d'Italia... Un viaggio in mezzo ai rifiuti!
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