Fino a qualche mese fa sembrava il solito progetto europeo destinato a risolversi in un nulla di fatto. In fondo è dagli anni 50, dai tempi della Comunità europea di difesa che l’Europa cerca di dar vita a un esercito comune senza riuscirci. Poi prima la Brexit e adesso, soprattutto, la vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane con la conseguente promessa di disimpegno della Nato, hanno reso il progetto di scottante attualità. Al punto che nel corso del Consiglio degli Affari Esteri e della Difesa in programma a Bruxelles domani e martedì l’idea di una difesa comune europea che comprenda anche una collaborazione industriale potrebbe passare dalla teoria alla pratica, anche se non manca chi, come la Gran Bretagna da sempre contraria, cercherà di fermare il progetto.
Stando a quanto anticipato ieri dal Telegraph, infatti, il ministro della Difesa Michael Fallon inviterà gli alleati ad accantonare l’ambizione di un esercito, affrettandosi piuttosto a pagare quanto dovuto per il mantenimento della Nato (cosa che in effetti pochi fanno). Parole destinate a cadere nel vuoto visto che l’idea di una difesa comune piace non solo a Italia, Germania e Francia (anche ieri il primo ministro francese Manuel Valls è tornato a sollecitare un impegno in questa direzione), ma anche agli altri Stati membri dell’Ue che al vertice di Bratislava hanno espresso la loro adesione all’iniziativa.
E’ stata Federica Mogherini, alto rapprsentante della politica Ue e motore del progetto, a spiegare nelle scorse settimane di cosa si tratta. L’idea è quella di dar vita non a un vero e proprio esercito, bensì a dei «battlegroups», unità multinazionali di intervento rapido da utilizzare là dove si ritiene esistano delle emergenze. Un po’ come già avviene con la Guardia di frontiera europea. Il compito di guidare le azioni militari spetterebbe a un gruppo ristretto di Paesi con un quartiere generale a Bruxelles. Infine il reperimento delle risorse, alle quali secondo Valls ogni paese dovrebbe contribuire destinando alla difesa europea il 2% del proprio Pil.
I vertici dei ministri degli Esteri e della Difesa della prossima settimana serviranno a capire quanto davvero gli Stati intendono investire nel progetto di una difesa comune, per il quale è atteso il via libera definitivo dal vertice dei capi di stato e di governo di dicembre, in modo da poter diventare operativo a partire dalla primavera del 2017.
Fino a oggi nessuno ha messo in contrapposizione la difesa europa con la Nato. «La Nato resta la pietra miliare della nostra difesa collettiva», ha spiegato la Mogherini pochi giorni fa, aggiungendo però che «occuparci della nostra sicurezza è nel nostro interesse e ci rende un partner più affidabile».
C. L - Il Manifesto del 13.11.2016
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