venerdì 4 aprile 2014

Se il caos piace al potere mondialista - Recensione di “Divide et impera. Strategie del caos” di Paolo Sensini


Un fondamentalismo islamico folle e terrorista alle porte di casa nostra, centinaia di milioni di euro spesi per missioni militari che non portano la pace, Stati disintegrati sotto le bombe, masse di civili in fuga, disperati e spesso sfruttati. E poi: il business delle armi costruite da multinazionali occidentali che finiscono nelle mani di sanguinari guerriglieri in Africa e Medio Oriente, dove le masse sono fanatizzate da regimi cosiddetti “alleati” e partner economici di Usa e Europa che, a parole,  condannano le guerre etnico-religiose, ma, intanto contribuiscono a fomentarle. E’ il mondo prodotto dalla “geopolitica del caos”, spiegato nel suo ultimo libro “Divide et impera. Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente” (edizioni Mimesis), da Paolo Sensini, studioso e saggista, che sgombra subito il campo da possibili accuse di “complottismo” o “dietrologia”: «Quello che ho registrato nel mio libro è la realtà dei fatti, per chi la vuole vedere. Le mie fonti sono tutte verificabili: analisi di studiosi del settore della Difesa, documenti del ministero degli Esteri di Israele e del Pentagono, saggi di autorevoli think tank statunitensi, dichiarazioni di consiglieri dell’amministrazione americana…».
 
Cosa intende per strategia del “divide et impera”? 
«Documenti ed eventi  confermano che, sulla base di una precisa strategia esterna, alcune aree del globo, ritenute strategiche, sono rese simili a zone “sismiche” che, se opportunamente sollecitate, esplodono, innescando un focolaio di conflitto, che viene fomentato al punto da rendere necessario un intervento militare da parte di forze straniere. Si scatenano così guerre che mirano a disintegrare interi Stati, per controllarli meglio.  Lo abbiamo visto in Afghanistan, Iraq, Libia e oggi lo vediamo in Siria, dove i ribelli islamisti anti-Assad sono stati armati anche dall’Occidente».
 
Chi oggi mette in atto questa azione?
«Gli Stati Uniti, Israele, i Paesi del Golfo, la Turchia concertano azioni per stabilire un’influenza su Stati ritenuti strategici  per l’approvvigionamento energetico e delle materie prime».
 
L’imperialismo americano, il peso di Israele negli Usa, le pressioni di grandi lobby internazionali di armi e energia, sono teorie già diffuse, non crede?
«Non si tratta di “teorie” ma di “fatti” e non credo affatto che la gente sappia queste cose se non attraverso i film. Il mio intento è quello di fornire strumenti di informazione veritieri e verificabili, per far conoscere situazioni reali. Nel mio libro riferisco fatti che sono alla luce del sole, non teorie più o meno astruse. Non c’è nulla di occulto nell’azione delle lobby: negli Usa è noto a tutti quanto la lobby di Israele, che opera all’interno del Congresso, sia  in grado di orientare la politica estera. E si conoscono bene le teorie “militariste” dei neoconservatori  e i nomi delle multinazionali del petrolio, con investimenti di centinaia di miliardi di dollari in Medio Oriente, o di quelle di armamenti…». 
 
Che ne pensa della Lockheed Martin con la quale il nostro Paese si è impegnato ad acquistare cacciabombardieri F-35? 
«Risulta incomprensibile perché dobbiamo spendere montagne di soldi pubblici per la permanenza dei nostri soldati in Afghanistan, un Paese con il quale l’Italia non ha mai avuto alcun contenzioso diretto. Per non parlare poi di tutti gli altri Stati in cui sono stanziati contingenti militari italiani».
 
E’ in atto quella che lei chiama l’ “Info-war”, la “guerra dell’informazione”? Che significa? 
«Si tratta di campagne mediatiche, montate a tavolino per  convincere  l’opinione pubblica ad avallare una guerra presentata come necessaria per mantenere la stabilità o garantire i “diritti umani”, mentre l’obiettivo è esercitare un dominio»
 
Per esempio?  
«L’Iraq e la Libia sono paradigmatici. Entrambi ricchissimi di idrocarburi, sono stati attaccati militarmente sulla base di prove false. Nel  2003, l’allora segretario di Stato americano Colin Powell tenne un discorso all’Onu e in mondovisione mostrò una provetta: la conferma dell’esistenza delle armi chimiche del regime di Saddam Hussein, che ebbe come conseguenza l’intervento armato in Iraq. Lo stesso Powell rivelò poi che quelle prove erano fasulle. Oggi l’Iraq è uno Stato distrutto; stessa carneficina e medesime menzogne in Libia e in Siria»
 
In Libia e in Siria lei ha raccolto ulteriori  testimonianze di quanto afferma… 
«A Tripoli ho preso parte ai lavori della “Fact Finding Commission on the Current Events in Libya” nei giorni successivi all'inizio dei bombardamenti Nato e posso dire che  sulle “fosse comuni” e sui “10.000 morti” raccontati dai media sono state narrate bugie strumentali.  Stesse mistificazioni sono state fatte sui “ribelli di Bengasi”, non certo aspiranti democratici anti-Gheddafi, ma fomentati dal fondamentalismo islamico, che sono stati organizzati, armati e finanziati da potenze occidentali e dalle petromonarchie feudali del Golfo. Tutte pedine mosse per ottenere la Risoluzione Onu 1973 che, a dispetto della richiesta di una “no-fly zone”, ha dato il via all'intervento militare in Libia».
 
Ma tutto ciò  è un folle “boomerang” per l’Occidente?  
«Zbigniew Brzezinski, politologo naturalizzato statunitense,  ha ammesso che nel 1980, dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan,  la Cia iniziò ad appoggiare i mujaheddin in funzione anti-sovietica. Questa strategia è continuata. Paradossale? Gli alleati di Washington in Medio Oriente sono l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi, teocrazie islamiche che sono la negazione in radice della democrazia. Eppure proprio questi Stati, padroni di emittenti come Al Jazeera (qatariota) e Al Arabiya (saudita) hanno guidato campagne di disinformazione mediatica che hanno contribuito all’intervento della Nato in Libia. Questi sono anche gli Stati dove l’integralismo islamico è fomentato, come accade per il salafismo,  il wahhabismo o la Fratellanza musulmana,  dove le masse vengono fanatizzate con una versione dell’Islam che può essere definita senza mezzi termini come “pazzoide”. Questi stessi Stati finanziano le moschee in Italia e in Europa e finanziano i ribelli islamisti che in Siria torturano e ammazzano i cristiani. Io sono uno storico, non parteggio per alcun partito, ma mi chiedo: dov’è finita la sinistra pacifista? Io dico: basta basta scatenare guerre e massacrare popoli.  Ne va del nostro futuro».

Francesca Morandi
(La Padania)

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