lunedì 8 aprile 2013

Cinema Italia - 10 saggi, come i 10 piccoli negretti, ed il presidenzialismo all'italiana



LA COMMISSIONE DEI DIECI SAGGI E IL PRESIDENZIALISMO ALL’ITALIANA

Ormai è accertato: i prototipi di regime presidenziale non sono più due, ma tre. C’è il presidenzialismo pieno, “all’americana”, dove il Capo dello Stato – eletto dal popolo – è anche Capo del Governo; c’è il presidenzialismo attenuato, il “semipresidenzialismo alla francese”, dove il Capo dello Stato – anche qui eletto dal popolo – non è contemporaneamente Capo del Governo; e c’è pure il presidenzialismo fai-da-te, “all’italiana”,
dove il Capo dello Stato – non eletto dal popolo – può nominare un Capo del Governo non eletto da nessuno (Mario Monti) e mantenerlo temporaneamente al potere anche dopo nuove elezioni, sol che non abbia avuto la sfiducia “esplicita” (quella implicita non conta) del Parlamento.

Ma il Presidente Napolitano è andato oltre. Premesso che il governo Monti ha “piena operatività”, ha creato due inediti “gruppi ristretti” (formati complessivamente da dieci cosiddetti saggi) con l’incarico di predisporre
“precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche”. Inoltre – fate attenzione – questa commissione biforcuta non ha una scadenza precisa e, ove dovesse impiegare più tempo del previsto, potrà poi riferire con calma al successore di Napolitano; il quale – ha tenuto a sottolineare – resterà in carica fino all’ultimo giorno del suo mandato, cioè fino al 15 maggio. E se l’attuale Capo dello Stato non dovesse riuscire a dare l’incarico di formare un governo entro quella data? 


Niente paura, giacché il governo Monti potrà perseverare nella sua opera benemerita, mentre i saggi potranno continuare ad operare in tutta tranquillità per predisporre un quasi-programma per un quasi-governo quasi-presidenziale. Ma, sbaglio o “la Costituzione più bella del mondo” prevede – come opportunamente ricorda Paolo Deotto su “Riscossa Cristiana” – che l’indirizzo politico spetti al Governo e non al Presidente
della Repubblica o ad una Commissione da lui designata? Possibile che Giorgio Napolitano – così attento a non travalicare i compiti istituzionali – abbia misconosciuto un tale non trascurabile particolare?

Poi c’è l’aspetto sostanziale della questione: a tutt’oggi, se è difficile stabilire chi abbia vinto le elezioni (Bersani, Berlusconi e Grillo sono praticamente arrivati alla pari), è invece assai facile stabilire chi le abbia perse: Mario Monti, cui il 90% del corpo elettorale ha voltato le spalle. A questo punto, non posso fare a meno di chiedermi: al di là delle regole di protocollo, è giusto prolungare il suo mandato, sia pure soltanto per il “disbrigo degli affari correnti”? 


E – anche qui tralasciando gli aspetti formali – non è forse vero che l’urgenza per gli interessi nazionali non sia tanto di avere un governo purchessia, ma di avere un governo che attui una salutare inversione di tendenza rispetto alla non rimpianta gestione Monti? E potrà mai lo stesso Monti guidare un esecutivo che metta in atto una politica anti-montiana? O non sarà più probabile, invece, che il Nuovo Uomo della Provvidenza possa utilizzare qualche mese di proroga per continuare a “rassicurare i mercati” ed a “mantenere gli impegni con l’Europa”, con i risultati che ben conosciamo?

P.S. La tardiva precisazione del Quirinale circa i limiti temporali delle due commissioni di saggi non inficia la sostanza della mia analisi.

 Michele Rallo

Fonte: “Social” settimanale indipendente di Trapani

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