I fatti di Colonia sono noti. Un
migliaio circa di “profughi” (in larghissima maggioranza riconoscibili come «originari di regioni arabe o nordafricane»)
ha occupato la piazza della stazione nella notte di Capodanno, “accogliendo” i
viaggiatori in arrivo e riservando attenzioni particolari alle donne:
aggredite, derubate, palpeggiate e, in alcuni casi, anche stuprate. Quasi lo
stesso copione in una cittadina della Westfalia, dove uno squadrone di 500
“disperati in cerca di una vita migliore” ha assaltato una discoteca, ripetendo
le medesime gesta dei colleghi di Colonia. Altri episodi “minori” a Berlino, ad
Amburgo, a Francoforte, a Dusseldorf. Per un totale (approssimato per difetto)
di un migliaio di denunce per violenze di vario genere presentate fin’ora alla
magistratura tedesca.
I fatti – come ha rilevato il Ministro
degli Interni tedesco – non sono stati il frutto di un momento di follìa
collettiva, bensì l’esecuzione di un disegno freddamente programmato. Ovvero –
questo il Ministro non l’ha detto ma mi permetto di desumerlo dalle sue parole
– una sorta di prova generale per testare la possibilità di organizzare
disordini di più vasta portata.
Naturalmente, i media buonisti di tutta
Europa hanno mostrato stupore, affrettandosi ad operare nettissimi distinguo
fra le brigate sessiste e la generalità dei “migranti” che ha invaso la
Germania su invito della Führerin
Angela Merkel.
Rituale macedonia di sociologia in salsa
solidarista, con la sola astensione dei monsignori della Curia, in grave
imbarazzo per la matrice sessuale della scabrosa vicenda. Le cronache ci hanno
così risparmiato – almeno questa volta – il brillante commento del Galantino di
turno. Idem per la Boldrini, in evidente conflitto d’interessi tra il femminismo
sessantottino e l’antirazzismo da manuale. Non sono tuttavia mancati gli
atteggiamenti compassionevoli e nemmeno i picchi di comicità, come quello –
letto su un sito “antifascista” italiano – secondo cui gli accusati, «probabilmente fuggiti da guerre, carestie e
indigenze varie, si saranno sentiti emarginati e in carenza di affetto, quindi
hanno agito di conseguenza.»
A parte i picchi, comunque, televisioni
e giornali italiani si sono distinti per il tono distaccato con cui hanno
comunicato i fatti, non disdegnando qualche prudente passaggio
giustificazionista. Fra i tanti cauti commenti, uno almeno ha avuto il merito
di distinguersi dal pressappochismo generalizzato. Mi riferisco a Maurizio
Molinari, nuovo direttore de “La Stampa” di Torino. Secondo Molinari – dunque –
i fatti di Colonia sarebbero il frutto della dissoluzione delle nazioni
nordafricane e mediorientali e dell’emergere delle vecchie strutture delle
tribù, quali esistevano nel mondo arabo fino alla Prima Guerra Mondiale. «Dai loro costumi ancestrali – scrive il
neo-direttore – si originano il chador
per le donne, la decapitazione dei nemici, la vendetta come proiezione di
forza, il saccheggio per arricchirsi, la poligamia e il potere assoluto degli
uomini sulle donne.» Di questa mentalità – intrisa di «forme primordiali di violenza» – sono portatori una parte dei
migranti che giungono in Europa: «non si
tratta della maggioranza degli immigrati – sottolinea Molinari – ma di una minoranza in grado di scuotere la
sicurezza collettiva.»
Condivido; anche se tutto ciò non è
ascrivibile solamente al tribalismo di ritorno. Non posso fare a meno –
comunque – di chiedermi quanto grande sia questa “minoranza” tribalistica. E
ancòra: con quale diritto i governanti delle nazioni europee hanno deciso di
accogliere tali migrazioni, invece di esercitare il diritto-dovere di difendere
le frontiere dei rispettivi Stati? Con quale diritto i governanti hanno deciso
di esporre i cittadini anche al pericolo di questa violenza tribale? Con quale diritto
– tanto per non restare nel vago – madama Merkel ha attuato una politica
immigrazionista che è la causa diretta delle violenze subite dalle donne
tedesche nella tragica notte di Colonia?
Non sembri eccessivo il riferimento alla
causa diretta: se Tizio è entrato in Germania perché invitato o comunque
accolto dal Capo del Governo, se Tizio ha tenuto un comportamento criminale, se
– a sèguito di tale comportamento – un cittadino o una cittadina tedesca ha
subìto dei danni, di chi è la responsabilità? Certo, in primo luogo del Tizio
criminale. Ma, in secondo luogo, di chi gli ha consentito di delinquere in
territorio tedesco. È quella che in diritto si chiama “responsabilità
oggettiva”, e spero che qualcuna tra le vittime di Capodanno ne chieda conto in
tribunale alla Cancelliera del Quarto Reich.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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