venerdì 14 ottobre 2016

La politica del far ridere i polli: «tutto va ben, madama la marchesa»


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La canzonetta – cara a quelli della generazione precedente alla mia – era di origine francese. In Italia la cantava Nunzio Filogamo, palermitano, amabile presentatore delle prime edizioni del Festival di Sanremo. Il titolo era ammiccante e intrigante, leggero e facile da ricordare: «Tutto va ben, madama la marchesa». La storiella che faceva da filo conduttore era esile, ma con un’anima ironica di un qualche spessore. Una allegra marchesa lascia il suo castello e va a folleggiare a Parigi; ma non dimentica i suoi interessi e, ogni sera, telefona al fido Battista e gli chiede notizie. Questi, puntualmente, risponde che «tutto va ben». Tranne qualche piccolo particolare: che la sua amata cavallina è morta, che le stalle si sono incendiate, che un’ala del castello è crollata, che il marito marchese si è suicidato, e che lei – la marchesa – è praticamente rovinata. Ma, a parte ciò, «tutto va ben, madama la marchesa».

Purtroppo, Nunzio Filogamo non è più tra noi. Altrimenti, avrebbe potuto forse riadattare quella canzonetta ai nostri giorni, e tornare a cantarla con un testo leggermente ritoccato. Quale? Proviamo a immaginarlo. Dunque, un marchesino toscano lascia il suo castello (nella fattispecie, palazzo Chigi) e va in giro per l’Italia, a far campagna elettorale per il suo referendum. Ogni sera, però, chiama al cellulare l’amministratore del castello (poniamo, il ministro Padoan) e gli chiede come vadano le cose. E il Pier Carlo risponde: «tutto va ben, messer marchese». Tranne qualche piccolo particolare: che il PIL arranca, che alle previsioni del governo non crede più nessuno, che il Job Act fa ridere i polli, che il debito pubblico è al suo massimo storico, che i nostri giovani fuggono all’estero “in cerca di una vita migliore”, che gli africani ci stanno invadendo “in cerca di una vita migliore”, che i soldi per le marchette sono finiti, e che lui – il marchese – è con il sedere per terra. A parte ciò, «tutto va ben, va molto ben». Ovvero – come dicevano i francesi – «tout va très bien».

Le analogie, però, si fermano qui. Della marchesa della canzonetta, infatti, non si è saputo più nulla. Al tempo, si pensò che avesse abbandonato le notti parigine e fosse rientrata precipitosamente al castello, per tentare di salvare il salvabile. Qualcuno, fra i più pessimisti, ipotizzò addirittura un suicidio romantico, tra i flutti della Senna usi ad accogliere tanti gentiluomini che si erano rovinati al tavolo da gioco.

Nel nostro caso, invece, il marchesino Matteo non sembra preoccupato più di tanto. Non solo, naturalmente, non pensa di suicidarsi come la marchesa, ma respinge ormai anche la semplice ipotesi di dimissioni. Al contrario, sembra che le notizie provenienti dal castello non lo preoccupino più di tanto; anzi, ha imparato a memoria il ritornello di Pier Carlo e va ripetendolo ad ogni passerella, ad ogni tavolata, ad ogni comparsata in tv: «tutto va ben, va molto ben».

Fin qui, nulla di particolarmente strano. I manuali di igiene mentale riferiscono di una miriade di casi di autoconvincimento farlocco, casi in cui il soggetto ripete ossessivamente una storia che sa essere non vera, nel tentativo di convincere in primo luogo sé stesso della veridicità di tale storia. È quello che, nel linguaggio di tutti i giorni, sogliamo indicare come “farsi un film”.

Nulla di strano, quindi, che il marchesino si sia convinto che «tutto va ben». Lo strano è che alcuni altri credano (o fingano di credere) al suo “film”. Chi sono questi “alcuni altri”? In primo luogo i suoi Ministri e, in genere, quanti occupano una qualunque poltrona “per grazia ricevuta”. Poi, un pezzo di Partito Democratico, quello che, peccando di presunzione, si crede più intelligente di Massimo D’Alema. Poi ancòra gli Angelini, i Casini, i Verdini e tutti gli “ini” che sono ormai perfettamente calati nel ruolo di ascari in servizio permanente effettivo. I fiancheggiatori di vario genere (anche confindustriale), le guardie svizzere di Bergoglio, i portaordini nostrani di Standard & Poor’s, i piccoli fan del Job Act e dei licenziamenti a gogò, i ranger dell’alta finanza e delle banche “d’affari”, gli ambasciatori obamiani e, in genere, quanti pendono dalle labbra dei “poteri forti”.

Ma, soprattutto, a mostrare di credere all’ottimismo del marchesino è una RAI oramai militarizzata, agli ordini del generale Campo Dall’orto (ex Canale 5, ex MTV, ex La 7) e del suo stato maggiore di immarcescibile fede renziana. La RAI degli stipendi d’oro, la RAI dei privilegi inimmaginabili (altro che deputati e senatori!), la RAI delle epurazioni (hanno cacciato anche Bianca Berlinguer dal TG3), la RAI lottizzata con il metodo R (i “lotti” degli altri non contano niente), la RAI che racconta un paese felice, dove le statistiche sulla disoccupazione sono puntualmente seguìte da chiose tranquillizzanti, dove i telegiornali iniziano con il buongiorno di Matteo Renzi e finiscono con il buonproseguimento di Maria Elena Boschi. Una RAI mai così monolitica, conformista, regimista, univoca ed unidirezionale come adesso. Una RAI “moderna” che fa impallidire ogni raffronto con la “mamma RAI” di democristiana memoria, con la “RAI dei professori” post-craxiana, con la RAI “minacciata” da Berlusconi.

Una RAI che segue passo passo il marchesino, sia che questi accompagni gli Azzurri alle Olimpiadi, sia che si rechi in visita a una scuola elementare. Una RAI che ce lo fa sentire in diretta, in tutto lo splendore della sua parlata tosca, con le sue battute da briscola in cinque, con i suoi proclami da general Bombarda, con i comizi da quartierino toscano, con le pedanti, parziali, interessate “spiegazioni” del referendum... Mentre agli “altri” vengono lasciate – in nome della par condicio – una serie di dichiarazioni-flash, ridotte all’osso, tali da apparire al pubblico come il meccanico susseguirsi di semplici dichiarazioni di principio, prive di “respiro”, di ragioni vere, di un costrutto razionale. Quasi a voler contrapporre un giganteggiante Lui, ad un’accozzaglia di nanetti in cerca di rivalsa.


Su tutto e su tutti, poi, aleggia il ritornello della canzonetta: «Tutto va ben, madama la marchesa. Tutto va ben, va molto ben». Nella speranza che gli italiani ci credano.

Michele Rallo - ralmiche@gmail.com

Canzoncina menzionata: 

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