Il cerchio di ferro iscrive la zampa di colomba, anch’essa di ferro: è il simbolo della pace collocato su un alto palo che si erge su un basamento. Siamo sulla cima di un monte su cui è stato eretto uno strano monumento.
La stele affissa al frontone del basamento reca un’iscrizione:
“O viandante dell’universo che, dalle profondità di uno Spazio sconosciuto, sei approdato in questa landa desolata e desertica, battuta da tempeste di polvere radioattiva, butterata da crateri senza fondo. Fermati, per favore, e leggi, queste scritte scolpite sulla pietra e, se puoi, sforzati di interpretarle. Costruito o no di carbonio, squamato o meno, l’intelligenza non ti mancherà di certo visto che sei riuscito in qualche modo arrivare fin qui chissà da dove. Né l’aspirazione a cercare un senso alla tua effimera presenza. L’arida sfera che stai calpestando – ma già lo sai - era prima un Pianeta azzurro, rigoglioso di acqua e di vita, brulicante nelle più svariate e sfrontate forme. Questo però forse non lo sai: fu la follia nutrita di paura – che è il contrario dell’amore - a perderlo. Ne segnò la fine la stoltezza di coloro che, appartenenti ad una specie che avrebbe dovuto essere dotata di ragionevolezza superiore, invece di cooperare per custodirlo, si scontrarono fino a distruggerlo. Adoperarono l’energia atomica per difesa preventiva contro l’arroganza, l’avidità, la presunta “cattiveria” altrui, che era poi anche la propria, in una guerra che esplose solo apparentemente per caso e per errore. Vogliamo testimoniare con coerenza sconsolata che alcuni di noi si opposero fino all’ultimo a tale follia. E sperare che il nostro triste caso ti serva di ammonimento: occorre la compassione, la solidarietà, l’unità collaborativa degli esseri liberi, desideranti e amanti per salvare l’ordine creatore della vita dalla furia distruttiva dell’Entropia che tutto divora”.
Per sì e per no, penso che valga la pena che alcuni di noi si impegnino a lanciare un “messaggio nella bottiglia” indirizzato ad intelligenze “aliene”, che prima o poi si faranno vive da qualcuna tra i miliardi di galassie che popolano questo Universo (o da qualche altro Mondo ad esso forse parallelo, secondo teorie che vanno di moda). A futura memoria di chi possiederà per quel tempo e per quella occasione una Memoria. O a estremo tentativo di discolpa nei confronti del Creatore, ammesso che esista, se il Cosmo che noi sperimentiamo, come dice la Bibbia, è nato per la libera volontà di un Essere Supremo (Uno e Trino?) che decretò: “Sia fatto e si evolva tutto ciò che è!”. Chi scriverà allora questo messaggio ed erigerà il monumento? Spero siano gli stessi che continuano a tentare di far riflettere gli altri terrestri “di dura cervice” su un aspetto mai abbastanza sottolineato.
Non riusciremo a prevalere sulla follia se continueremo a cercare un facile capro espiatorio del nostro malessere nei torti, veri o presunti, che abbiamo subito da una categoria “demonizzata” di “prossimi”, vicini o lontani che siano.
Sembra che oggi la nostra principale preoccupazione sia misurare le dimensioni della ingiustizia altrui, specialmente di coloro che inconsciamente invidiamo per potere, ricchezza o prestigio. Continuiamo, cercando cause semplici per problemi complessi, a mettere in primo piano ciò che ci divide (stirpe, lingua, religione, confini, visioni ideologiche di futuro) rispetto a ciò che ci unisce.
Siamo – a pensarci bene - come gli antichi abitanti dell’Isola di Pasqua, che erano divisi in una decina di clan in competizione reciproca. Il paragone l’ho fatto altre volte e mi viene, anche questo l’ho sempre ricordato, dalla lettura di “Collasso”, di Jared Diamond (Einaudi, 2005).
Da parte di Alfonso Navarra - obiettore alle spese militari e nucleari (www.osmdpn.it) – 27 febbraio 2015
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