lunedì 22 agosto 2011

Daniele Carcea: "Debito pubblico? Anche la chiesa cattolica faccia la sua parte (se vuole essere credibile coi suoi proclami di giustizia fiscale)"

"Ci vorrebbe un vero Papa per salvare la religione" (Saul Arpino)

Al netto del fatto (per dirla alla Borghezio), che siamo tutti favorevoli al fatto che ogni cittadino paghi le tasse fino all’ultimo centesimo e che lo Stato e la Guardia di Finanza, meglio se smilitarizzata, devono porre in atto tutte le misure necessarie al contenimento dell’evasione e dell’elusione fiscale, ci chiediamo, ma la chiesa, il Vaticano, la Cei non pensano che tocchi anche a loro fare la propria parte?

ANCHE LA CHIESA CATTOLICA FACCIA LA SUA PARTE

La Chiesa Cattolica interviene nel dibattito, di questi giorni per il risanamento dei conti pubblici italiani, chiedendo una maggiore lotta all’evasione fiscale nel nostro Paese per garantire maggiori entrate nelle casse pubbliche. Al netto del fatto che siamo tutti favorevoli al fatto che ogni cittadino paghi le tasse fino all’ultimo centesimo e che lo Stato e la Guardia di Finanza, meglio se smilitarizzata, devono porre in atto tutte le misure necessarie al contenimento dell’evasione e dell’elusione fiscale, ci chiediamo, ma la chiesa, il Vaticano, la Cei non pensano che tocchi anche a loro fare la propria parte?

Bagnasco auspica la guerra all’evasione fiscale e invita i contribuenti a comportamenti virtuosi, ma lui è il rappresentante di una realtà che ha il record mondiale di esenzioni e privilegi fiscali.

Dal 1984, dopo la revisione del concordato effettuata dal governo Craxi con il Vaticano, con la supervisione dell’allora consulente, fiscalista, socialista Tremonti, la chiesa cattolica riceve l’8 per mille insieme alle altre confessioni religiose. Attualmente incassa la bella cifra di un miliardo di euro, perché un meccanismo perverso le permette di ricevere la quota del fondo dell’otto per mille, che non viene assegnata da parte dei contribuenti che non manifestano nessuna scelta.

In soldoni, (è proprio il caso di dire), se questa scelta non viene fatta i soldi vengono ripartiti tra tutti, in base alle scelte di chi firma. Nell'ultimo anno solo il 37% circa, dei contribuenti ha espresso una scelta, ma l'87% dei fondi è andato alla Chiesa cattolica. Ecco, la chiesa potrebbe fare un primo passo importante decidendo di prendersi solamente la quota delle scelte effettivamente espresse, per pagare gli stipendi dei preti e per le opere di assistenza e carità.

Inoltre potrebbe contribuire con altro un fattivo gesto di solidarietà, per il risanamento del debito pubblico, rinunciare all’esenzione ICI per le attività commerciali che gli istituti religiosi svolgono, come: scuole, ospedali, strutture alberghieri, tenute negli immobili di loro proprietà. Alcune leggi molto controverse partorite dal 2005 in poi dai governi Berlusconi e poi Prodi, hanno esentato dal pagamento dell’Ici, tali attività commerciali, che di fatto sono venute a godere di un privilegio che le ha permesso di alterare il principio della concorrenza commerciale. Questa fattispecie è stata rilevata anche dalla Commissione Europea che ha parlato di: aiuti di Stato atti ad alterare la concorrenza.

E’ stato calcolato, dall’Anci, in 400 milioni di euro, il mancato gettito per i Comuni, derivante da questa esenzione, un vero e proprio privilegio, un regalo alle gerarchie ecclesiastiche per ingraziarsele al momento del voto elettorale.Ed infine abbiamo l’Ires sui redditi prodotti dagli enti religiosi, anche qui abbiamo un abbattimento del 50% che non ha nessuna ragione d’essere.

Quando il Vaticano e le sue diverse ramificazioni, Ior compreso macinano utili e profitti oltre che con l’immenso patrimonio immobiliare, in gran parte affittato, tramite il turismo, le cliniche e gli ospedali, le scuole di ogni grado, comprese le università, non c’è ragione che non paghino le tasse come tutti comuni mortali, specialmente in tempi bui come questi.

Daniele Carcea - 348/2839738

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