Il recente cyberattacco subito da un centinaio di Paesi del mondo dimostra una volta ancora la pericolosità non dei tanto vituperati hacker, cosa ampiamente nota a tutti grazie anche al cinema e alla letteratura, quanto invece degli USA, dai quali sarebbe stato rubato un virus "ransomware" utilizzato per mettere in scacco aziende ed enti pubblici.
Ci inquieta profondamente che la stampa internazionale metta in secondo piano questo dato, che in realtà rappresenta la vera notizia e che è lasciato a margine, come una didascalia utile appena a dare qualche ragguaglio al lettore più riflessivo. Dovrebbe invece diventare il centro di un dibattito internazionale su come gli USA stiano diventando con sempre maggiore frequenza una mina vagante che destabilizza lo scacchiere mondiale.
© AP PHOTO/ MARK SCHIEFELBEIN
Il virus Wanna Decryptor o WannaCry, che è stato capace di bloccare i computer e far apparire un messaggio con una richiesta di riscatto in bitcoin, sarebbe stato infatti trafugato alla NSA (National Security Agency), cioè una agenzia governativa statunitense cresciuta all'ombra della CIA per tutelare la sicurezza interna al Paese. Peccato che un virus del genere abbia ben poco da spartire con la sicurezza nazionale, come dimostrato dagli attacchi avvenuti in questi giorni. È evidente che si tratta di un'arma che può essere tranquillamente indirizzata a paralizzare società concorrenti o istituzioni di Paesi sgraditi a zio Sam. Allora ci domandiamo perché i giornalisti occidentali continuino a sprecare inchiostro in fiumi di banalità sulle conseguenze dell'attacco, invece di denunciare il fatto che un tale virus sia una specie di proiettile in canna nel fucile informatico degli Stati Uniti, pronto a essere sparato al momento opportuno. In modo tragico oltre che ridicolo, viene taciuto dalla stampa che questa cartuccia è in mano a un Paese che da sempre grida alla matrice russa dietro ogni episodio spiacevole: ma vogliamo cominciare finalmente a parlare delle azioni piratesche e pericolose dell'intelligence americana? Come peraltro già sottolineato in precedenti articoli, l'unica certezza è quella fornita dalle rivelazioni di Wikileaks, che mostrano come gli Stati Uniti siano un Paese che non rispetta nemmeno la privacy e i diritti degli Stati alleati o dei politici che durante gli incontri ufficiali chiama amici. Per usare proprio il linguaggio yankee, il virus lanciato a maggio è la "pistola fumante" che svela il terribile arsenale informatico americano.
Paradossalmente, è stato Microsoft l'unico soggetto che abbia inquadrato correttamente il problema, facendo notare che i governi non dovrebbero stoccare software pericolosi che potrebbero trasformarsi in vere e proprie armi. Brad Smith, il presidente del colosso informatico fondato da Bill Gates, ha spiegato così sul blog della società:
Abbiamo visto vulnerabilità stoccate dalla Cia che sono finite su WikiLeaks e adesso questa vulnerabilità rubata alla NSA ha colpito clienti in tutto il mondo. Uno scenario equivalente con armi convenzionali sarebbe il furto di missili Tomahawk. I governi di tutto il mondo dovrebbero trattare questo attacco come un campanello d'allarme.
Pare incredibile: nonostante il virus sia stato trafugato all'NSA, non è stato fornito l'antivirus, nemmeno alla Gran Bretagna a cui è stato colpito il sistema sanitario. Certamente è improbabile che i proprietari del software rubato non avessero ancora creato l'antidoto al virus per evitare che producesse danni ai computer stessi del governo americano, nel caso in cui un hacker russo ne fosse venuto in possesso. E così continuano i disagi in almeno sette ospedali britannici, mentre basterebbe che gli USA dessero una mano effettiva per eliminare i problemi prodotti dalla loro stessa creazione.
© SPUTNIK. VALERY MELNIKOV
Suvvia, agli americani resta sempre il dito dietro cui nascondersi: sono stati gli hacker russi! anzi, gli hacker di Putin! Per quanto tempo dovremo ancora assistere a questa noiosa litania? Cominciamo ad avere il sospetto sempre più intenso che tali eventi costituiscano un tentativo di "false flag", un'operazione sotto falsa bandiera, che vada a minare la credibilità di un Paese estero per orientare l'opinione pubblica interna verso la causa del governo (che sia quello in carica eletto dal popolo o che sia quello "ombra" che non passa dall'approvazione delle urne). Qualche lettore penserà che stiamo precipitando nel vortice del pensiero complottista, ma con un po' di onestà intellettuale dovrà anche riconoscere che un cyberattacco di queste dimensioni sembrava fantascienza fino al giorno prima. I lettori troppo prudenti, quelli che per comodità o pigrizia bollano subito tutto come "fake", ricordino che a forza di gridare al lupo, il lupo vero alla fine arriverà e si mangerà tutto senza che si possa opporre resistenza.
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