Monumento all'inefficacia.
Guardando ai singoli contenuti, in materia di immigrazione si staglia il
nuovo reato di soggiorno illegale, un vero e proprio monumento di
inefficacia, al di la' di ogni altra dolorosa considerazione. Nessun
extracomunitario illegale potra' mai pagare la prevista ammenda da 5.000 a
10.000 euro - per la quale viene arbitrariamente esclusa l'applicabilita'
della comune disciplina dell'oblazione -; nè si capisce a cos'altro serva
mai questa figura di reato, dal momento che l'autore denunciato puo' essere immediatamente espulso o internato nel Cie, il che poteva già avvenire in via amministrativa secondo la disciplina vigente. Dal punto di vista funzionale era sostanzialmente equivalente il reato di inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato - sanzionato, a seconda dei casi, con la reclusione da un anno a quattro o a cinque anni (o da sei mesi ad un anno in caso di permesso scaduto) - che viene "ritoccato" rispetto alla disciplina risultante dal pacchetto sicurezza dell'anno scorso (d.l. n. 92, conv. in l. n. 125/08).
E come il reato di inottemperanza, anche la nuova fattispecie si presenta priva di legittimazione in uno stato di diritto conforme ai principi costituzionali del sistema penale. Infatti, si puo' legittimamente punire una persona solo se abbia leso o messo in pericolo un bene giuridico, in altri termini un tangibile interesse o diritto di una o piu' persone; non si puo' sanzionare penalmente taluno per la mera disobbedienza ai comandi dell'autorita' (nullum crimen sine iniuria). Ora, l'extracomunitario senza permesso di soggiorno, o che non si allontana, con cio' solo non fa male proprio a nessuno; ritenere che solo per il fatto di essere sans papier sia pericoloso é espressione di pura
xenofobia.
Ma ciò, evidentemente, non importa ai pretesi fautori del pragmatismo
efficientista e della tolleranza zero, come non importa loro che l'unico
vero effetto della nuova disciplina possa essere quello di far scoppiare i
Cie, in attesa che si realizzino quelli nuovi, moltiplicando cosi' i campi
di internamento disseminati nel territorio nazionale. Va considerato infatti che, in ultima analisi, il reato di ingresso illegale ha come vera sanzione l'internamento nel Cie, ossia, al di là delle etichette, una pena detentiva fino a sei mesi.
In questo contesto si segnalano anche altre gravi discriminazioni e
stranezze, come l'aumento da sei mesi ad un anno dell'arresto previsto
(oltre all'ammenda) per lo straniero che rifiuta di esibire i documenti,
art. 1 co. 22 lettera h, mentre il cittadino che realizza un fatto analogo
e' punibile solo con l'arresto fino ad un mese (e un'ammenda dieci volte
inferiore), art. 651 c. p.; o le modifiche alla norma incriminatrice del
dare alloggio o cedere anche in locazione un immobile ad uno straniero
originariamente o successivamente divenuto irregolare, laddove e' prevista
la reclusione da sei mesi a tre anni, a fronte dell'ammenda prevista per lo straniero irregolare. Una incongruenza veramente singolare.
Ma forse é nell'art. 3 e negli altri contenuti "stravaganti" del pacchetto sicurezza che piu' traspare la sua natura emergenziale; nuove incriminazioni e soprattutto aumenti di pena del tutto superflui assecondano in ordine sparso, al di fuori di una visione sistematica coerente, le ansie repressive spesso indotte dai mass-media. Qualche esempio: innanzitutto, il restyling del reato di oltraggio, un omaggio allo strisciante neofascismo, oggi tanto in voga. Si pensi inoltre alla gran messe di aggravanti introdotte con la legge n. 94: é giusto contrastare fatti di bullismo ed in genere fatti contro la persona in danno di minori, ma allo scopo non serve, ed anzi é miopemente arbitrario, prevedere un'aggravante se il fatto é commesso "all'interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione", art. 3 co. 20: perché, in discoteca é meno grave o meno pericoloso? E per strada? Considerazioni analoghe potrebbero svolgersi per le nuove aggravanti del
furto e della rapina, di cui all'art. 3 co. 26-27, consistenti,
rispettivamente, nella commissione "all'interno di mezzi di pubblico
trasporto" - non é aggravata, però, la rapina appena scesi alla fermata in
periferia... - oppure al momento in cui la vittima preleva denaro o l'ha
"appena" prelevato: una sorta di istigazione indiretta a seguire la vittima, per rapinarla dopo, lontano dalle guardie e dalle telecamere...
Non parliamo poi dell'aggravante - da un terzo alla meta' della pena - prevista per la guida in stato di ebbrezza o stupefazione se commessi dalle 22 alle 7; sinceramente credevamo fosse più grave e/o pericoloso guidare ubriachi in pieno giorno, quando e dove c'é più gente in giro.
Il decoro urbano soprattutto...
Si dice che il "pacchetto sicurezza" riduce la sicurezza ad ordre dans la rue; in effetti, il decoro urbano, o la sua fruibilità dalle persone
"perbene", sembra ormai essere piu' importante non solo delle libertà di circolazione e soggiorno degli altri, ma anche della stessa libertà personale. Viene introdotta la pena della reclusione, in alternativa alla multa, per chi imbratta (senza danneggiarli) immobili o mezzi di trasporto. Nei casi di recidiva anche semplice, la pena massima é raddoppiata a due anni di reclusione: più grave del falso in bilancio.
Su tutto questo ed altro ancora, vigileranno le famigerate ronde. Tra tanti rischi di abusi in chiave squadrista, di conflitti con altri gruppi e con le forze dell'ordine, e così via, forse il rischio maggiore consiste nel fatto che la sorveglianza di strada dei "cittadini perbene" possa perpetuare una visione "a senso unico" della sicurezza, orientata ad una certa criminalità o mera illegalità di strada. E così, magari, l'imprenditore che picchia l'operaio rumeno in azienda non viene segnalato, ma potrebbe esserlo l'operaio che, appena uscito in strada, gli imbratta l'auto; così come sarà facile prevedere la segnalazione per il giovane ubriaco che di notte fa troppo chiasso nella movida o in qualche periferia che non quella dei poliziotti che, giunti sul posto, come pure avviene, perdano la testa e lo picchino a sangue.
Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo
martedì 1 settembre 2009
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