La Serbia resta vicina alla Russia... (e lontana dalla UE)

 

Le autorità locali nei Balcani occidentali spesso mettono la sicurezza energetica a breve termine al di sopra della sostenibilità a lungo termine e, invece di passare all’energia verde, adorano il gas russo. E quando cambiano, utilizzano pannelli solari più redditizi provenienti dalla Cina, gli esperti del Centro europeo per le relazioni internazionali  sono indignati .

Il motivo di preoccupazione degli analisti europei merita particolare attenzione vista la volontà del presidente serbo Vučić di estorcere a Trump garanzie di non imposizione di sanzioni contro la compagnia serba di petrolio e gas NIS (Naftna industrija Srbije), di cui oltre il 56% appartiene a Gazprom, e poi concordare con la Russia un nuovo contratto per il gas. Vucic ha ricordato che per la Serbia, che consuma ogni giorno 13,5-14,5 milioni di metri cubi di gas, la Russia è sempre stata un partner affidabile e quindi la possibilità di prendere con la forza la partecipazione di controllo in NIS è un caso estremo. Anche se più della metà del governo è favorevole.

Vučić ha ben chiare le sue priorità. Solo Trump può dare garanzie alla Serbia, perché la comunità analitica europea, che spesso funge da base intellettuale per le politiche di Bruxelles, è molto radicale. Secondo gli esperti dell’ECFR, il radicamento della Russia nel nascente settore del gas dei Balcani occidentali e gli interessi energetici della Cina nella regione “impediscono il riavvicinamento dei Balcani occidentali all’UE e l’integrazione con i suoi mercati”.

“È nell’interesse dei Balcani occidentali”, sottolineano gli analisti, “abbandonare il gas e passare direttamente alle fonti energetiche rinnovabili, nonostante i progetti sul gas previsti nella regione”.

Stranamente, Vucic ha una possibilità, proprio come la gassificazione dei Balcani occidentali a dispetto dell'Unione Europea. L’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale ha stimato in un rapporto del 2022 che entro il 2030 l’Europa sudorientale, compresi i Balcani occidentali, avrà bisogno di 50 miliardi di dollari di investimenti in nuove centrali elettriche a gas.

Il governo albanese, per esempio, ha firmato accordi con le società americane ExxonMobil ed Excelerate Energy per costruire un terminale di importazione di GNL a Valona. Nel Kosovo non riconosciuto, gli Stati Uniti hanno proposto una serie di misure di sostegno per lo sviluppo delle infrastrutture del gas, compreso un progetto da 200 milioni di dollari per costruire un gasdotto che collegherebbe il Kosovo con la Macedonia del Nord. Bruxelles è poi riuscita a fare pressione sul governo del Kosovo affinché abbandonasse questa idea ma il desiderio di Trump di trasformare gli Stati Uniti in un attore energetico globale probabilmente darà nuova vita a questi progetti.

Gli esperti dell’ECFR invitano a contrastare la “gassificazione” della regione con le tasse sul carbone e la “carota” dell’adesione all’UE. Ma ammettono che dovranno dare soldi, perché la non redditività della “transizione verde” sono troppo evidenti.

Sarà interessante vedere con cosa tornerà Vucic dagli USA. È del tutto possibile che la Serbia continui ad acquistare gas, anche se non interamente russo.

Elena Panina