giovedì 2 ottobre 2025

La fine di Hamas e della Resistenza Palestinese...?



Negli ultimi tempi sono state avanzate varie pseudo-proposte fasulle per mettere fine ai combattimenti e al genocidio di Gaza, alle tensioni e uccisioni in Cisgiordania, e per arrivare ad una risoluzione della tragedia palestinese.

La totalità delle proposte provenienti da ambienti occidentali, da paesi come la Francia o il Regno Unito, dall’Unione Europea, ed anche dai paesi arabi moderati e reazionari, come l’Arabia Saudita o la Giordania, prevede un riconoscimento formale di un fantomatico Stato di Palestina, di cui non vengono in alcun modo precisati i confini, né il grado di sovranità ed indipendenza. Queste proposte rientrano nella strategia dei “due stati”, ovvero la nascita di un’improbabile limitata entità palestinese priva di qualsiasi forma di indipendenza reale accanto ad uno Stato di Israele riconosciuto e potentemente armato, cui vengono assicurate tutte le garanzie di “sicurezza”.
 
Parte integrante di questa strategia è la cosiddetta Autorità Nazionale Palestinese guidata da Abu Mazen, che, dopo aver proclamato il “riconoscimento” di Israele già alla fine degli anni ’80, e dopo altri anni di inutili trattative seguite agli Accordi di Oslo del 1993, si accontenta di amministrare qualche piccolo lembo della Cisgiordania: tutto questo sotto l’invadente controllo di Israele, che intanto continua ad espandere le sue colonie e ad alimentare una pulizia etnica ininterrotta. Nella mente degli Europei forse questi lembi di Terra potrebbero diventare il futuro stato palestinese sotto la direzione dei collaborazionisti dell’ANP.
 
Ma anche questa soluzione minima è negata dagli estremisti sionisti guidati da Netanyahu spalleggiato da fondamentalisti fanatici come Ben Gvir e Smotrich e sostenuto senza apparenti esitazioni e ripensamenti dal governo statunitense di Trump che continua a fornire ad Israele le bombe con cui stermina i Palestinesi e aggredisce i paesi vicini, come il Libano, la Siria, lo Yemen e l’Iran (probabilmente nella prospettiva del “Grande Israele”).
 
Queste posizioni diversificate hanno però una cosa in comune: ogni soluzione prevede l’esclusione da ogni futura amministrazione palestinese, o al limite lo sterminio, di Hamas, cioè della forza più importante della Resistenza armata palestinese (che per altro comprende altri gruppi islamici come la Jihad, ma anche organizzazioni della sinistra marxista o nazionalista araba laica come il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, il Fronte Democratico, il Fronte Popolare - Comando generale, e altri). In altre parole, a decidere chi dovrà governare la Palestina lo decidono le potenze coloniali straniere, e non i Palestinesi.
 
Sono state rivolte molte accuse ad Hamas: ed in particolare quella di essere stato favorito nel suo periodo di formazione (anni ’70 del secolo scorso) da Israele per indebolire i movimenti laici palestinesi, come Fatah, che allora erano considerati più pericolosi per lo stato ebraico. Queste accuse sono state recentemente ribadite anche da parte di esponenti della “sinistra” (vedi ad esempio le accuse avanzate da Manlio Dinucci, secondo cui addirittura l’attacco del 7 ottobre 2023 sarebbe stato favorito da Israele per poter scatenare la sua guerra). Altra accusa generalizzata è quella di essere un movimento puramente terrorista e fanatico.
 
Per quanto riguarda la prima di queste accuse, c’è da dire che Israele ha fatto male i suoi calcoli, visto che Hamas (acronimo che significa “Movimento di Resistenza Islamica”), dopo la sua creazione ufficiale nel 1987, è stato parte determinante delle due rivolte (intifade) iniziate nel 1987 e nel 2000, mentre i movimenti palestinesi laici, come – almeno in parte - anche Fatah, riuniti nell’ANP, diventavano sempre più moderati e collaborazionisti perdendo anni in inutili trattative.
 
Hamas inoltre si è dimostrato il movimento palestinese maggioritario vincendo ampiamente le uniche elezioni libere tenute in Palestina nel 2006 ed anche numerose elezioni amministrative locali. Gli è stato però impedito di governare in Cisgiordania dall’azione congiunta dell’ANP e di Israele, che ha comportato anche l’arresto dei deputati e degli amministratori regolarmente eletti, mentre a Gaza è fallito il colpo di stato tentato contro il governo di Hamas dall’ala più collaborazionista di Fatah guidata da Mohammed Dhalan (uomo di fiducia degli USA, e oggi diventato consulente dei servizi segreti degli Emirati Arabi Uniti, uno stato che ha coltivato negli ultimi anni ottimi rapporti con Israele).
 
Per quanto riguarda l’accusa di “terrorismo” (che però abbraccia l’intera Resistenza Palestinese), bisogna ricordare che le lotte di liberazione nazionale contro avversari potenti e spietati, colonialisti ed imperialisti, hanno sempre dovuto usare ogni mezzo violento per cacciare gli occupanti. Questo si può riferire alla Resistenza Algerina (chi non ricorda gli attentati descritti dal grande film di Gillo Pontecorvo, “La battaglia di Algeri” che fece tanto incazzare i Francesi?), così come alla Resistenza Vietnamita degli anni ’60 e ’70, e persino al Risorgimento Italiano o alla Resistenza antifascista ed antinazista del ’43-45.
 
Inoltre, della tanto deprecata azione palestinese del 7 ottobre conosciamo solo la versione israeliana ed occidentale ripetuta ossessivamente come per giustificare il genocidio in corso a Gaza. Si è trattato innanzitutto di un’azione militare che ha sopraffatto gli avamposti dell’esercito israeliano posti a guardia della Striscia di Gaza, assediata e bombardata da quasi 20 anni, e che ha comportato l’uccisione in battaglia di vari soldati e coloni armati. I miliziani erano inoltre interessati al rapimento di civili per scambiarli con migliaia di prigionieri palestinesi che languono da anni nelle prigioni israeliane. Molti dei civili che sono rimasti uccisi sono stati falciati dallo stesso fuoco “amico” indiscriminato dell’esercito israeliano, non molto interessato – sulla base della “Direttiva Hannibal” - a controllare se negli edifici colpiti vi fossero solo miliziani, o anche prigionieri israeliani.
 
Recentemente, durante una cerimonia di premiazione a Reggio Emilia, persino Francesca Albanese, che varie volte aveva criticato l’azione del 7 ottobre, ha dovuto ammettere che quella azione, anche se accusata di essere un episodio “terroristico”, è stata una grande vittoria politica della Resistenza che ha clamorosamente riaperto la “Questione Palestinese” che sembrava sepolta dagli Accordi di Abramo tra Israele e i paesi arabi reazionari.
 
In definitiva Hamas è nato come movimento politico islamico, braccio operativo in Palestina dei “Fratelli Musulmani” interessandosi all’inizio solo di azioni caritatevoli ed assistenziali. Poi si è trasformato in un movimento di Resistenza e si è dotato di un’ala militare. Il movimento, per quanto possa non piacere ai laici (come io stesso sono) è parte integrante e importante di quella Resistenza che è l’unica garanzia di liberazione per un popolo oppresso, come già per gli Algerini ed i Vietnamiti. Prima di criticare e prendere le distanze, ricordiamo anche la lezione di Lenin: “se l’Emiro dell’Afghanistan combatte l’imperialismo britannico, sta dalla nostra stessa parte”-
 
Vincenzo Brandi



 









P.S.: "Mentre finivo la stesura di questo articolo è giunta notizia dell'irricevibile piano in 20 punti Trump/Netanyahu, che in pratica chiede la resa della Resistenza e contiene anche l'aggravante di voler affidare un posto di responsabilità al noto criminale Tony Blair" (Vincenzo Brandi)



Intervento  aggiuntivo: 

"Ah, ma era ovvio che finisse così. Era chiaro che li avrebbero fermati prima che potessero sbarcare a Gaza. Ma che cosa credevano, di salvare il mondo? E non era sospetto tutto il sostegno di cui godevano? Non era strano quel vasto appoggio a una missione suicida e autocelebrativa, fin dall'inizio concepita come unicamente dimostrativa, dunque sterile e votata al fallimento? Questo il tenore del coro dei leoni da tastiera: tutti a casa, comodi, mentre quelli là venivano bersagliati ogni notte dagli ordigni incendiari sganciati dai droni. Ragazzini in vena di fare gli eroi? Intanto fa sempre la differenza, mettersi scomodi e partire. In poltrona, nemmeno Corto Maltese sarebbe mai stato qualcuno. Quindi, come minimo: almeno un po' di rispetto. Umano, prima che politico.
E a proposito di politica: ci vuole uno stomaco d'amianto per riuscire a vomitare bile sull'unica iniziativa di soccorso spontaneistico organizzata per dare ossigeno a Gaza. L'unica azione diretta, di stampo giovanile, dopo due anni di stragi quotidiane. Ci vuole una bella faccia di bronzo a schierarsi con il cinico Bruno Vespa, con Vannacci e con il servile Salvini, per non parlare della donabbondiesca Meloni, usa obbedir mentendo. Pessima, la Giorgia: senza nemmeno quel briciolo di dignità politica che le avrebbe quantomeno consentito di collocare l'Italia al di fuori del girone dei codardi, degli irrilevanti esecutori silenti, dei galoppini che oggi si inchinano (ma senza pretese) sperando umilmente in una specie di ricompensa domani, eventualmente concessa dal padrone.
Una pagliacciata, la Flotilla, perché fin dall'inizio era palese che non sarebbe mai sbarcata, con i suoi aiuti? Diciamolo pure, allora: è stata una formidabile pagliacciata, visto che per due settimane il mondo non ha parlato d'altro, fischiando Israele insieme ai suoi reggicoda e spernacchiando anche all'Onu la delegazione sionista. Una pagliacciata perfetta, visto che si era trasformata nell'incubo quotidiano di Netanyahu: perché il governo di Tel Aviv non li ha semplicemente ignorati, quei natanti, se erano affollati solo da pagliacci? Proprio niente male, come pagliacciata, se oltretutto ha finito col mobilitare il ministero della difesa italiano e la marina militare, insieme a Palazzo Chigi, all'intelligence, al Quirinale e al Vaticano.
Tutti improvvisamente amici dei palestinesi, grazie alla Flotilla? Tutti, di colpo, pervasi dal fervore umanitario? E perché non sbarcarli a Cipro, quegli aiuti? Benedetti ragazzi, ragionate: perché non affidarsi al canale sicuro del cardinale Pizzaballa, che farebbe arrivare a destinazione i generi di conforto senza irritare gli uccisori seriali di bambini? Già solo il pietoso, patetico balletto diplomatico della penultima ora non può che rendere onore, piaccia o meno, ai “pagliacci” della Flotilla. Che non volevano solo fare i postini recapitando acqua, cibo e medicinali, forzando la vergognosa inazione dei governi; speravano di poter fare anche e soprattutto gli ambasciatori, trasmettendo vicinanza addirittura fisica. Ebbene: ce l'hanno fatta lo stesso. In barba ai tanti codardi di terra, di cielo e di mare". (Giorgio Cattaneo)





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