mercoledì 22 ottobre 2025

Israele. I prigionieri palestinesi rilasciati con evidenti tracce di torture...

 



"Siamo sconvolti dalle condizioni dei corpi dei palestinesi rilasciati dalle autorità di occupazione. Ciò richiede un'indagine internazionale urgente, date le prove evidenti delle loro brutali torture. Le prove mostrano chiaramente che molte delle vittime sono state sottoposte a torture e abusi brutali e deliberati." Osservatorio Euro-Mediterraneo sui Diritti Umani


"Le torture praticate e inflitte ai prigionieri sono un capitolo a sé che dovrà essere a lungo indagato in quanto specchio della brutale realtà genocida praticata dal colonialismo sionista in Palestina. L’articolo che segue rimanda ai ricordi di quando ero a Nablus per la realizzazione dei progetti tra "Salaam Ragazzi dell’Olivo di Trieste" e Il "Palestinian Medical Relief Society". Un giorno il collaboratore palestinese ai progetti, che chiamerò Mahmoud, mi propose di visitare un villaggio ebreo samaritano situato sopra i monti di Nablus. Ci andai con molta curiosità. I samaritani ci ricevettero con simpatia e gratitudine, raccontarono molte cose del loro passato e un rabbino ci mostrò antichissimi documenti religiosi che conservavano gelosamente. Verso sera  l’amico Mahmoud mi fece cenno che era ora di andare e poiché mi attardavo a salutare mi sollecitò con urgenza. Una volta fuori chiesi il perché di tanta fretta. “Giorgio, fra pochi minuti gli israeliani chiudono il posto di blocco e non possiamo pernottare qui”. Obiettai che quello era un villaggio ebreo. “Sì, precisò Mahmoud, ma ebreo samaritano, che i sionisti equiparano ad ogni altro palestinese. Quindi, per favore, gambe in spalla”. Superammo il posto di blocco militare imposto al villaggio samaritano appena in tempo".

Giorgio Stern




Tra i rilasciati anche Nader Sadaka, un  "cattivo" ebreo...
Tra le richieste di rilascio da parte di Hamas riguardo ai detenuti palestinesi (gente che - ricordiamolo viene definita "terrorista" in base ad una categorizzazione imposta dall'occupante) c'è anche un ebreo: Nader Sadaqa, originario del monte Garizim, Nablus, dove ancora vive una antica comunità ebraica: quella dei Samaritani.
"Il caso di Nader è davvero unico. Si è rifiutato di vivere entro i confini settari dell'appartenenza religiosa e ha scelto di accettare il peso della lotta palestinese come parte di sé e della sua identità" ha dichiarato ad Al Jazeera Muthaffar Dhuqan, coordinatore del Comitato nazionale di sostegno ai prigionieri di Nablus.

Nader Sadaka appartiene a una delle più antiche e minuscole comunità ebraiche del mondo, i Samaritani, che vivono in Palestina da ben prima che nascesse lo Stato d’Israele. Sono ebrei che non riconoscono il sionismo, non adorano il potere, e non confondono Dio con le armi e i muri.
Sadaka è nato a Nablus, ha studiato storia e archeologia all’università An-Najah, e durante la seconda Intifada ha scelto di unirsi al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP). Non perché “odiava Israele”, ma perché odiava l’ingiustizia.
Fu arrestato e condannato a sei ergastoli: non per un reato specifico, ma per il crimine più imperdonabile agli occhi del regime sionista: essere un ebreo che lotta contro l’apartheid e difende i palestinesi.
Ventun anni di prigione, di torture, isolamento, umiliazioni.
Ventun anni in cui Israele si è sempre rifiutato di liberarlo negli scambi, per dare un messaggio chiaro: “Così finisce chi tradisce la nostra narrazione.”
Ma Nader Sadaka oggi è libero.  Un ebreo palestinese, incarcerato da Israele per aver amato la sua terra. Un simbolo vivente che manda in frantumi 80 anni di menzogne. 

Rosa Rinaldi



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