sabato 22 gennaio 2011

Etichetta d'origine, ecco la legge... Ma l'Europa potrebbe bocciarla



Approvata dalla Commissione Agricoltura della Camera la legge che prevede l'indicazione della provenienza dei prodotti alimentari. Il rischio, però, è che Bruxelles blocchi l'iniziativa italiana considerandola in aperto contrasto con le norme comunitarie di MONICA RUBINO

Niente più pubblicità con le immagini della Sicilia per il succo d'arancia se la materia prima arriva dal Brasile o con il Golfo di Napoli se le mozzarelle arrivano dalla Germania. Invocata in occasione del recente scandalo del maiale alla diossina 1, l'etichetta che indica l'origine di tutti i cibi adesso è legge. La Commissione Agricoltura della Camera, infatti, ha approvato definitivamente all'unanimità in sede legislativa le "Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari", a conclusione di una battaglia durata oltre dieci anni condotta dalla maggior parte delle confederazioni agricole, Coldiretti in testa. Che oggi festeggia l'approvazione della legge con la preparazione di una salsiccia lunga 100 metri in piazza Montecitorio da offrire a rappresentanti istituzionali e parlamentari di maggioranza e opposizione.

Il rischio, però, è che l'Europa bocci l'iniziativa italiana, in contrasto con la "direttiva etichettatura 2000/13/CE che prevede l'indicazione dell'origine solo a titolo volontario per la generalità dei prodotti, mentre per altri - tra cui orto-frutta, carni bovine e di pollo, uova, miele, prodotti ittici freschi (qui la lista completa 2) - tale indicazione è già obbligatoria. "Potrebbe ripetersi - spiega Dario Dongo, responsabile politiche regolative di Federalimentare ed esperto del blog IlFattoAlimentare.it - un vecchio copione già messo in scena con la legge 204/2004, quando il legislatore italiano provò a introdurre l'obbligo di citare l'origine delle materie prime sulle etichette di tutti i prodotti alimentari. Già in quel caso la Commissione europea, rilevata l'incompatibilità della norma con quella comunitaria, diffidò l'Italia dall'applicarla".

Stesso timore sollevato da Paolo De Castro, europarlamentare del Pd e presidente della commissione Agricoltura al Parlamento europeo, che porta a sostegno dell'armonizzazione della normativa comunitaria un esempio attuale e molto significativo . "L'approvazione della legge sull'etichetta di origine obbligatoria per i prodotti alimentari è certamente un fatto positivo - premette De Castro -, ma ora bisogna impegnarsi in Europa. Per capire di cosa parliamo basta porsi una domanda. Prendiamo l'esempio della diossina: con questa legge l'Italia potrebbe bloccare la carne tedesca e obbligare i produttori a mettere l'etichetta made in Germany? La risposta è no, perché ci vuole una legge europea. Il governo adesso lavori perché il Consiglio Salute dia il suo ok alla norma approvata dall'europarlamento su proposta della commissione Agricoltura, in tutto e per tutto analoga alla legge passata oggi in Italia".

Cosa dice la nuova legge. L'articolo centrale della legge è il 4. La norma prevede che, per prevenire le frodi alimentari e per assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti commercializzati trasformati e non, è obbligatorio riportare nell'etichettatura l'indicazione del luogo di origine o di provenienza, e dell'eventuale utilizzo di ingredienti in cui siano presenti organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare.

Per i prodotti non trasformati il luogo d'origine riguarda il paese di produzione. Per quelli trasformati dovranno essere indicati il luogo dove è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione o allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata. Entro sessanta giorni dall’approvazione della legge dovranno essere emanati decreti interministeriali da parte del ministero dello Sviluppo economico e di quello delle Politiche Agricole per definire le disposizioni relative alla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale. Con gli stessi decreti saranno definiti, relativamente a ciascuna filiera, i prodotti alimentari soggetti all’obbligo dell’indicazione nonché il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o produzione dei prodotti. Infine, chi immette in commercio prodotti privi dell’indicazione d’origine rischia una sanzione fino a 9.500 euro. All'articolo 2 si introduce anche il divieto di inserire il nome di formaggi Dop nell’etichetta delle miscele. Il nome potrà comparire solo tra gli ingredienti e a patto che la presenza di formaggio Dop non sia inferiore al 20 per cento della miscela. La legge contiene anche altri provvedimenti che vanno dalla promozione di contratti di filiera e di distretto a livello nazionale all’istituzione di un Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, fino all'introduzione dell’obbligo per gli allevatori di bufala di rilevare il latte prodotto giornalmente per assicurare la piena trasparenza ai consumatori.

Autarchia alimentare? All'articolo 5 la legge sottolinea anche che le informazioni relative al luogo di origine o di provenienza delle materie prime sono necessarie al fine di non indurre in errore il consumatore medio e l’omissione di tali indicazioni costituisce pratica commerciale ingannevole. "In questo modo - assicura Coldiretti - si assicura lo stop alle pratiche commerciali sleali nella presentazione degli alimenti per quanto riguarda la reale origine geografica degli ingredienti utilizzati. Niente più pubblicità del succo di arancia con le immagini della Sicilia se viene utilizzato quello proveniente dal Brasile o delle mozzarelle con le immagini del Golfo di Napoli se provengono dalla Germania, come è successo per quella diventata blu". Ma l'autarchia alimentare, oggi, è possibile? "Vincolare il concetto di made in Italy all'origine autoctona delle materie prime è piuttosto limitativo oltre che irreale - spiega ancora Dongo -. Prendiamo il caffè: l'Espresso italiano è rinomato nel mondo grazie a un'eccellente industria di torrefazione. Eppure in Italia non esiste traccia di coltivazioni di caffè. Oppure la pasta: da diversi secoli i pastai italiani hanno imparato a mescolare grandi duri di diversa origine. A Gragnano, una delle patrie storiche della pasta, si possono ammirare le stampe del '700 che raffigurano navi cariche di grano della Crimea (ora Ucraina) sbarcare nel porto di Napoli per rifornire i produttori campani. E allora, vogliamo per questo dubitare della tradizione italiana della pasta di Gragnano?".

Cosa succede in Europa. Intanto, il 22 ottobre scorso i rappresentanti dei governi dei 27 Stati membri Ue hanno trovato un accordo circa l'indicazione d'origine in etichetta dei prodotti alimentari. Il compromesso ha stabilito che:

-è obbligatorio indicare in etichetta il paese d’origine o il luogo di provenienza se la mancanza di questa indicazione possa confondere il consumatore circa l’effettiva provenienza dell’alimento;

- si introduce l'obbligo di indicare l'origine delle carni suine e ovine (affidando alla Commissione europea il compito di definire le modalità di tali comunicazioni nei 2 anni successivi all'entrata in vigore del regolamento);

- quando si indica il paese di origine o luogo di provenienza di un alimento, e questo non coincide con quello dell’ingrediente primario, è obbligatorio dichiarare che l’ingrediente primario ha un’origine diversa da quella dell’alimento. Questo obbligo vale nei casi di una materia prima generalmente non coltivata nel paese di origine o di trasformazione dell’alimento. Per esempio, non sarà obbligatorio indicare l’origine del cacao, né precisare che la sua provenienza è diversa da quella della barretta di cioccolato italiana perché prodotta in Italia;

- entro 5 anni, la Commissione dovrà presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'opportunità di estendere l'indicazione obbligatoria d'origine alle etichette di altri alimenti (latte, prodotti alimentari non trasformati, prodotti mono-ingrediente) e ad alcuni ingredienti dei prodotti alimentari. In particolare si valuteranno i pro e i contro dell'obbligo di indicare le origini del latte utilizzato nei prodotti lattiero-caseari, della carne usata nella preparazione di altri cibi (es. pasta ripiena) e in generale degli ingredienti che rappresentino più del 50 per cento dell’alimento (es. farina nel pane).

La Commissione dovrebbe perciò stimare, caso per caso, se l'indicazione dell’origine è possibile, quanto costa agli operatori della filiera e quali vantaggi potrebbe comportare. L’accordo degli Stati membri andrà ora al Parlamento europeo che, nei prossimi mesi, tornerà a esaminare il progetto di regolamento “informazione al consumatore”, in seconda lettura. Vedremo tra l'Italia e l'Europa chi la spunterà.

(Fonte: Notiziario Sanitario Emilia Romagna)

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