Ci sono due modi per osservare: dall'interno e dall'esterno. L'uomo si trova al centro dell'universo ed osserva il mondo che lo circonda ma, a sua volta, è osservato dal mondo. In che modo si svolge questo gioco? Ogni volta che rivolgiamo l'attenzione alle cose che ci stanno attorno stiamo osservando il mondo ed ogni volta che passiamo all'introspezione è l'universo nella sua interezza che osserva noi.
Questo passatempo può avvenire solo nella coscienza infatti è solo attraverso la “consapevolezza” che è possibile osservare colui che osserva. Per contemplare, appurato che è questa la qualifica essenziale della coscienza, occorre sempre un oggetto. Questo oggetto, la fonte del senso dell’altro, è percepito dalla mente. Essa ci permette di parlare e discutere, di immaginare ed inventare, di criticare e di accettare, ma è solo per mezzo di questa parentesi (che è l’altro) che è possibile
circoscrivere e visualizzare quel che ci interessa.
Nel presente caso la storia che si dipana nella coscienza è quella dei due modi di vedere. Due possibili destini a confronto. Per convenienza potremmo chiamarli “io e tu” e visto che son due possiamo anche dargli un sesso, allora diciamo che “io”
è il maschio ed il “tu”, in quanto altro, diviene femmina. Dico così non certo per maschilismo, soltanto perché nell’io c'è la qualità della penetrazione e dell'approfondimento, mentre nel tu c'è la vastità dell'accoglienza di ciò che deve essere conosciuto. In realtà “l'oggetto” non si stanca mai di essere osservato dal “soggetto” che, a sua volta, non fa altro che inventarsi nuovi metodi d'osservazione.
Nessuna meraviglia quindi, che l'oggetto sia stato spesso identificato con l'Universo intero, ovvero tutto ciò che esiste ed è conoscibile, mentre il “soggetto” (un indomito ed infaticabile esploratore) vaga continuamente alla ricerca di nuove visuali e prospettive di investigazione. Questo lo scopo dell'io, insaziabile penetratore dell'anima. Per tagliar corto, vi dirò che stavolta l'oggetto esaminato ha la forma di un uccello. Questo uccello è una rondine che si lascia seguire dallo sguardo. Essa è figlia di una figlia di una figlia... dalla figlia di una rondine antica che volò su questa valle, la stessa di quando le rondini non avevano ancora un nome e non c'era nessun uomo ad osservarle. Non di meno la valle era viva. L'acqua di un grande fiume, che allora era il Paleo Tevere, aveva già scavato ed eroso le sue forre. Le pareti di tufo erano ricoperte di lecci, aceri e querce ed il fiume scorreva orgoglioso fra le gole delle tre colline, quelle che avrebbero dovuto ospitare, nei piani del giocatore originario, la sede di una futura civilizzazione, la città Faro di luce, la mitica Arx.
Le tre colline erano già levigate e gonfie di vegetazione e di vita, diversi animali vi pascolavano felici e la proto-rondine li sorvolava, proprio come sta facendo la nostra rondine di oggi su di noi. Ma a quella sua lontana genitrice sarebbe toccato di assistere ad un avvenimento che era destinato a cambiare il futuro di quest'angolo di mondo. Uno degli ultimi vulcani attivi dell'apparato sabatino si risvegliò: la violenza dei suoi schizzi di cenere, fuoco e lapilli oscurò il cielo. La terra tremò, le sue bocche eruttarono valanghe di lava, la quieta valle si spaccò, si fendette si accartocciò. Per chilometri e chilometri la proto-rondine non potette trovare riparo. Il fiume ribolliva, le acque straripate non riuscivano più a cogliere un alveo in cui riposare. Solo il monte Soratte, gigante di pietra, si ergeva in mezzo al marasma infernale, anch'esso parve tremare alla furia del fuoco ma rimase saldo, ebbe pietà di quell'uccello impaurito e del fiume sperduto ed offrì ad entrambi un fianco. Così fu che il Tevere cambiò il suo corso. E fu così che Roma venne poi fondata sui sette colli mentre le tre colline ospitarono una piccolissima “Arx”, cioè Narce, che diverrà poi Calcata e rimase un minuscolo angolo di paradiso.
Ora che, attraverso questa particolare “osservazione” spazio-temporale, vi ho raccontato il suo segreto la rondine dall’alto sembra offesa e forse si vorrebbe vendicare gettandosi su di me, per tema che io la tradisca, ma voi avete già capito (e se non vi rimando all'inizio della storia) che non deve essere mai, mai, mai...
Paolo D’Arpini
giovedì 4 giugno 2009
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