Si possono strappare i figli ai genitori, mentre vengono riconosciuti i figli di uteri affittati a coppie omosessuali. Ci si strappa le vesti in Parlamento per non aver ancora legiferato su quello che ci vorrebbero far credere vera conquista di civiltà: “la morte fai da te”
Sembra d’improvviso che tutto quello che è stato sin qui non abbia più senso e la storia stessa dell’umanità debba finalmente fare i conti col risveglio di forme nuove di conoscenza e, soprattutto, coscienza.
“E’ il progressismo, bellezza!”, apostrofano gli oracoli dell’evo moderno. E guai a chi si scandalizza! Guai anche solo a balbettare un “sì, ma veramente ….” che ci si ritrova ghettizzati in un arcaico e incivile concetto del vivere. Il vissuto millenario della civiltà umana stravolto di colpo, gettato due volte alle spalle: una prima volta dal naturale incedere del tempo, la seconda dall’innaturale incedere della superbia.
E sì, perché non vi è altra spiegazione: l’uomo che crede di potersi fare Dio di se stesso. Due grandi macigni lo schiacciano: la superbia della ragione, che lo fa orgoglioso negatore del cielo e il peso della materia, che lo fa schiavo della concupiscenza. Per entrambi arrogante e abbrutito, nel carcere delle cose finite!
Tutto questo per giunta – grottesca ironia della sorte – nel paradosso di un un’epoca di ostentata vocazione ambientalista, neo-positivista in cui il pene non è altro che una vagina estroflessa e la differenziazione dei sessi si fonda genderisticamente, sulla volontà e il desiderio dell’individuo, prima ancora che sulla natura.
E tutto questo, ancora una volta, in uno sconcertante quadro di tragicomicità mediatica che si supera e rinnova incessantemente, al di là di ogni possibile immaginazione.
E’ degli ultimi giorni la cronaca ipocrita della risoluta azione di contrasto della tivvù spazzatura, rinnovata da Paola Perego con lo scandaloso intrattenimento sulle "zoccolosità russofone” più intraprendenti e determinate di quelle nostrane. Nulla però si dice della necessità di disinfestazione del piccolo schermo degli italiani, morbosamente infestato, da anni, dai piagnisteimariadefilippiani, piuttosto che dagli improbabili tribunali palombelliani o dai giulivi ochismi dursiani (per non parlare dei talenti delle vertiginose danze notturne sotto le stelle o delle sconsiderate performances di preadolescenti con genitore incorporato, a cura dell’ingombrante regina del sabato italiano post moderno, Antonella Clerici).
Ma per fortuna c’è di che compiacersi perché “L’Italia è gaia!“. Parola di Francesca Vecchioni, 41 anni, figlia del cantautore Roberto, madre di due bambine avute con l’ex compagna Alessandra, fondatrice di Diversity, che a Milano presenta il «Diversity Media Report», la più grande ricerca sulla rappresentazione di tematiche e persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trasgender, per chi non conoscesse il vezzoso acronimo) nei media italiani.
C’è davvero da interrogarsi con gran serietà su chi siamo noi di questo secolo, per arrogarci il diritto di essere giudici dell’umanità con tanta presunzione e a dispetto della storia e dell’esperienza secolare delle generazioni che ci hanno preceduto!
Io non ci sto. Sarà che sono catto-comunista, anticlericale e amico dei preti spersi nelle periferie metropolitane di tutto il mondo, ma quello che accade in quest’epoca fosca, proprio non mi va giù.
“Stiamo perdendo il senso del limite, stiamo allevando mostri geneticamente modificati, siamo in piena frenesia di dismisura, vogliamo abbattere i confini tra sessi, limiti d’età e di natura, popoli e desideri. Se ha ragione Schopenhauer, è la natura che sta decidendo di farla finita e si serve della sterilità diffusa, delle pulsioni di morte e di autodistruzione, della stessa omosessualità elevata a modello di vita, per portare all’estinzione l’umanità”.
Adriano Colafrancesco - adrianocolafrancesco@gmail.com
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