venerdì 17 marzo 2017

Politica di destra, di sinistra, a 5 stelle.... ed il gioco delle due monete...


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Grandi manovre nel Centro-destra. Ancor più adesso che i sondaggi gli sono favorevoli. Se è vero – infatti – che i grillini si confermano ancora come il primo partito, è altrettanto vero che il Centro-destra rimane la prima coalizione, destinata ad ottenere la maggioranza dei voti (e dei seggi) se si presenterà unita alle elezioni. Il Centro-sinistra, viceversa, sembra destinato al ruolo di terzo incomodo, a prescindere dal fatto che si presenti diviso o – peggio ancòra – unito sotto le bandiere del suicidio immigrazionista proposto da Pisapia. E questo senza contare l’effetto di trascinamento che sulle consultazioni italiane del 2018 potranno avere le elezioni che si svolgeranno quest’anno  in Francia e in Germania. 

A proposito: non crediate che in Francia il candidato europeista Macron sia destinato a stravincere al secondo turno contro la Le Pen, perché non è vero. La partita francese è ancòra tutta da giocare, ma al momento la bella Marine appare favorita. Certo, gli “aggiustatori” di certi privatissimi “servizi di sicurezza” non si arrenderanno tanto facilmente, e nelle prossime settimane – con ogni probabilità – assisteremo a qualche episodio clamoroso che possa condizionare l’esito delle elezioni. Penso – per intenderci – a qualcosa di simile all’assassinio della deputata laburista Jo Cox alla vigilia del voto per la Brexit. Ma di questo parleremo a tempo debito.

Torniamo allo scenario italiano e, in particolare, a quello del Centro-destra. Berlusconi sa bene che la ventata nazionalista che soffia sull’Europa è destinata a farsi sentire anche in Italia. Così come sa bene che il Centro-destra può vincere solo se cestinerà i vecchi progetti di “unione dei moderati” e si presenterà con un programma di destra identitaria, populista e sovranista. Sa bene tutto questo, è deciso a cavalcare la tigre del populismo, ma... C’è un “ma”. Anzi, ce ne sono due.

Il primo “ma” è il suo protagonismo esasperato, la sua indisponibilità a farsi da parte, a lasciare ad altri la ledership dello schieramento destrista. È cosciente di non essere più lui l’Uomo-della-provvidenza per la Destra. La sua ossessione non è Salvini, sono le primarie. Sa bene che una consultazione del popolo del centro-destra certificherebbe il suo tramonto ed ufficializzerebbe una nuova leadership. Quella di Salvini? forse. Ma, più probabilmente, quella di Giorgia Meloni, che dice le stesse cose di Salvini ma con un linguaggio più rassicurante, meno scoppiettante. Il vecchio Cavaliere lo ha capito da tempo, fin da quando si è dato un gran daffare per sabotare la candidatura della “Sorella d’Italia” a Sindaco di Roma. Ecco perché è così ostinatamente ostile alle primarie. Così come è ostile alle primarie siciliane che incoronerebbero Nello Musumeci.

E veniamo al secondo “ma”. Malgrado sia disposto a vestire i panni del populista, Berlusconi resta sempre un moderato, uno di quelli convinti che i buoni siano gli americani e tutti i loro amici, e che i cattivi siano “i comunisti”, meglio se “giudici comunisti”. Questo suo essere un moderato nell’anima lo ha portato a non fronteggiare con la dovuta energia i colpi proibiti dei poteri forti, anzi a subirli ed a farsene addirittura complice: penso alla schifosa aggressione alla Libia di Gheddafi (di cui paghiamo ancor oggi le conseguenze), e penso anche alla congiura euro-tedesca contro il suo governo (costretto alle dimissioni per far posto al duo Monti-Fornero).

Berlusconi non ha mai capito, non capisce e probabilmente non capirà mai che il “moderatismo” (cosa ben diversa dalla “moderazione”) non è che lo strumento di cui i poteri forti si servono per costringere i popoli ad accettare come inevitabili tutte le porcherie che inevitabili non sono: dalla globalizzazione economica alla macelleria sociale, dalla invasione migratoria ai mutamenti climatici. Ecco, dunque, che dal suo programma similpopulista affiorano qua e là delle mezze idee, delle mezze misure, delle mezze proposte, dei “vorrei ma non posso”: come il punto che vuole «meno immigrazione incontrollata» e non lo stop definitivo ad una immigrazione che ha raggiunto e superato ogni livello di guardia; o come il punto che postula «meno Europa», e non la fine dell’Unione Europea, o almeno il ripudio assoluto della sua pazzesca politica economico-finanziaria; o come il punto che auspica una «nuova lira» parallela alla moneta unica, e non una seria politica monetaria “sovranista”, sia pure da condurre “in parallelo” ad un €uro sulla cui sopravvivenza oggi scommette solo Draghi.

Vorrei soffermarmi su quest’ultimo punto, il più intrigante, perché può dire tutto o niente, a seconda di quello che – nella visione del legislatore – sia l’idea stessa di “moneta”: se proprietà del popolo (concetto caro all’indimenticabile Giacinto Auriti) o se proprietà delle banche che la prestano al popolo. In altri termini: se ad emettere la “nuova lira” di Berlusconi dovesse essere una Banca d’Italia “centrale”, cioè posseduta da soggetti finanziari privati (anche stranieri) che poi la cedesse “a debito” al governo, non cambierebbe assolutamente nulla. A parte il fatto che non potremmo continuare a far lievitare un debito pubblico che ha ormai raggiunto proporzioni mostruose.

Se, invece, la “nuova lira” fosse emessa dallo Stato attraverso una Banca d’Italia “nazionale” e non “centrale” (come prima delle riforme del 1981 e del 1990), allora sarebbe tutto diverso. Allora avrebbe un senso pensare a quello che il Berlusconi “vorrei” immagina, ma che il Berlusconi “non posso” – temo – non avrebbe il coraggio di attuare.


Quella della “doppia circolazione” è una idea brillante. Ma non può essere una circolazione unica mascherata, diversa solo per i nomi delle banche private emettenti. Così come l’Europa “a due velocità” non può essere una Europa che viaggi su due vagoni ma ad un’unica velocità, quella voluta dalla capotreno tedesca.

Michele Rallo - ralmiche@gmail.com

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