Grandi
manovre nel Centro-destra. Ancor più adesso che i sondaggi gli sono
favorevoli. Se è vero – infatti – che i grillini si confermano
ancora come il primo partito, è altrettanto vero che il
Centro-destra rimane la prima coalizione, destinata ad ottenere la
maggioranza dei voti (e dei seggi) se
si presenterà unita
alle elezioni. Il Centro-sinistra, viceversa, sembra destinato al
ruolo di terzo incomodo, a prescindere dal fatto che si presenti
diviso o – peggio ancòra – unito sotto le bandiere del suicidio
immigrazionista proposto da Pisapia. E questo senza contare l’effetto
di trascinamento che sulle consultazioni italiane del 2018 potranno
avere le elezioni che si svolgeranno quest’anno in
Francia e in Germania.
A proposito: non crediate che in Francia il
candidato europeista Macron sia destinato a stravincere al secondo
turno contro la Le Pen, perché non
è vero.
La partita francese è ancòra tutta da giocare, ma al momento la
bella Marine appare favorita. Certo, gli “aggiustatori” di certi
privatissimi “servizi di sicurezza” non si arrenderanno tanto
facilmente, e nelle prossime settimane – con ogni probabilità –
assisteremo a qualche episodio clamoroso che possa condizionare
l’esito delle elezioni. Penso – per intenderci – a qualcosa di
simile all’assassinio della deputata laburista Jo Cox alla vigilia
del voto per la Brexit. Ma di questo parleremo a tempo debito.
Torniamo
allo scenario italiano e, in particolare, a quello del Centro-destra.
Berlusconi sa bene che la ventata nazionalista che soffia sull’Europa
è destinata a farsi sentire anche in Italia. Così come sa bene che
il Centro-destra può vincere solo se cestinerà i vecchi progetti di
“unione dei moderati” e si presenterà con un programma di destra
identitaria, populista e sovranista. Sa bene tutto questo, è deciso
a cavalcare la tigre del populismo, ma... C’è un “ma”. Anzi,
ce ne sono due.
Il
primo “ma” è il suo protagonismo esasperato, la sua
indisponibilità a farsi da parte, a lasciare ad altri la ledership
dello schieramento destrista. È cosciente di non essere più lui
l’Uomo-della-provvidenza per la Destra. La sua ossessione non è
Salvini, sono le primarie. Sa bene che una consultazione del popolo
del centro-destra certificherebbe il suo tramonto ed
ufficializzerebbe una nuova leadership. Quella di Salvini? forse. Ma,
più probabilmente, quella di Giorgia Meloni, che dice le stesse cose
di Salvini ma con un linguaggio più rassicurante, meno
scoppiettante. Il vecchio Cavaliere lo ha capito da tempo, fin da
quando si è dato un gran daffare per sabotare la candidatura della
“Sorella d’Italia” a Sindaco di Roma. Ecco perché è così
ostinatamente ostile alle primarie. Così come è ostile alle
primarie siciliane che incoronerebbero Nello Musumeci.
E
veniamo al secondo “ma”. Malgrado sia disposto a vestire i panni
del populista, Berlusconi resta sempre un moderato, uno di quelli
convinti che i buoni siano gli americani e tutti i loro amici, e che
i cattivi siano “i comunisti”, meglio se “giudici comunisti”.
Questo suo essere un moderato nell’anima lo ha portato a non
fronteggiare con la dovuta energia i colpi proibiti dei poteri forti,
anzi a subirli ed a farsene addirittura complice: penso alla schifosa
aggressione alla Libia di Gheddafi (di cui paghiamo ancor oggi le
conseguenze), e penso anche alla congiura euro-tedesca contro il suo
governo (costretto alle dimissioni per far posto al duo
Monti-Fornero).
Berlusconi
non ha mai capito, non capisce e probabilmente non capirà mai che il
“moderatismo” (cosa ben diversa dalla “moderazione”) non è
che lo strumento di cui i poteri forti si servono per costringere i
popoli ad accettare come inevitabili tutte le porcherie che
inevitabili non sono: dalla globalizzazione economica alla macelleria
sociale, dalla invasione migratoria ai mutamenti climatici. Ecco,
dunque, che dal suo programma similpopulista affiorano qua e là
delle mezze idee, delle mezze misure, delle mezze proposte, dei
“vorrei ma non posso”: come il punto che vuole «meno
immigrazione incontrollata» e non lo stop definitivo ad una
immigrazione che ha raggiunto e superato ogni livello di guardia; o
come il punto che postula «meno Europa», e non la fine dell’Unione
Europea, o almeno il ripudio assoluto della sua pazzesca politica
economico-finanziaria; o come il punto che auspica una «nuova lira»
parallela alla moneta unica, e non una seria politica monetaria
“sovranista”, sia pure da condurre “in parallelo” ad un €uro
sulla cui sopravvivenza oggi scommette solo Draghi.
Vorrei
soffermarmi su quest’ultimo punto, il più intrigante, perché può
dire tutto o niente, a seconda di quello che – nella visione del
legislatore – sia l’idea stessa di “moneta”: se proprietà
del popolo (concetto caro all’indimenticabile Giacinto Auriti) o se
proprietà delle banche che la prestano al popolo. In altri termini:
se ad emettere la “nuova lira” di Berlusconi dovesse essere una
Banca d’Italia “centrale”, cioè posseduta da soggetti
finanziari privati (anche stranieri) che poi la cedesse “a debito”
al governo, non cambierebbe assolutamente nulla. A parte il fatto che
non potremmo continuare a far lievitare un debito pubblico che ha
ormai raggiunto proporzioni mostruose.
Se,
invece, la “nuova lira” fosse emessa dallo Stato attraverso una
Banca d’Italia “nazionale” e non “centrale” (come prima
delle riforme del 1981 e del 1990), allora sarebbe tutto diverso.
Allora avrebbe un senso pensare a quello che il Berlusconi “vorrei”
immagina, ma che il Berlusconi “non posso” – temo – non
avrebbe il coraggio di attuare.
Quella
della “doppia circolazione” è una idea brillante. Ma non può
essere una circolazione unica mascherata, diversa solo per i nomi
delle banche private emettenti. Così come l’Europa “a due
velocità” non può essere una Europa che viaggi su due vagoni ma
ad un’unica velocità, quella voluta dalla capotreno tedesca.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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