I progressisti americani sono nani e ballerine che trasudano oro (e spesso anche cocaina), adagiati nelle loro mega-ville di Beverly Hills, fasciati da abiti che costano quanto un immigrato clandestino non guadagnerebbe in una mezza dozzina di vite, con le loro vite dorate, con i loro guadagni immorali, con i loro lussi spropositati che sono un insulto alla miseria. Ebbene si – prendiamone atto – non si può essere veramente “di sinistra” se non si è miliardari. Se invece si è salariati o stipendiati o modesti lavoratori autonomi, se si stenta ad arrivare a fine mese, se si hanno due o tre rate di mutuo scadute, se si è perso il posto perché il datore di lavoro ha “delocalizzato” in Messico (o in Tunisia), allora si è populisti, sovranisti, razzisti, se non addirittura fascisti.
E, infatti, ecco che nelle manifestazioni contro Trump cominciano a comparire i cartelli in cui lo si accusa di essere “fascista”: termine ormai diventato l’insulto-tipo utilizzato dai cretini di sinistra, specularmente al “comunista” utilizzato dai cretini di destra.
L’obiettivo di tutto questo è chiaro: impedire agli americani di toccare con mano i benefìci della svolta “populista”. Benefìci, però, che cominciano già a farsi apprezzare. Nel silenzio, naturalmente, di certa grande stampa “indipendente” (anche di casa nostra), troppo impegnata nel dar conto dell’ultima inchiesta dei servizi segreti obamiani circa una supposta ingerenza dei servizi russi nella campagna elettorale americana. Nel sottinteso che – senza le asserite ingerenze – la fanciulla del West avrebbe certamente vinto il confronto con quel miliardario degenere che ha osato sfidare i suoi colleghi più al passo coi tempi.
Non soltanto la borsa non è crollata, come vaticinato dai catastrofisti della cordata obamiano-clintoniana; ma, al contrario, l’indice Dow Jones ha inanellato una serie incredibile di rialzi-record, ben 11. Senza contare che, nel primo mese di presidenza Trump, il debito pubblico USA è sceso di 12 miliardi di dollari, contro i 200 miliardi di aumento fatti registrare nel primo mese della presidenza Obama. Si incominciano a vedere – infine – gli effetti dei primi “ritorni a casa” delle industrie che avevano delocalizzato all’estero: 227.000 posti di lavoro in più nel solo mese di dicembre.
Ecco il motivo vero della grancassa mondialista: occorre stornare l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti delle prime misure “populiste” negli Stati Uniti, anche per evitare che altri popoli seguano l’esempio degli americani. Il 2017 è anno di elezioni in mezza Europa (Francia, Olanda, Germania); e se anche gli europei cominceranno a far valere i loro interessi contro quelli della finanza usuraia (globalizzazione economica, immigrazione, distruzione delle tutele sociali, eccetera) il sogno mondialista di cancellare gli Stati sarà finito per sempre.
Ebbene, nonostante tutta la cagnara scatenata dai poveri miliardari mondialisti, la maggioranza del popolo americano è favorevole alle iniziative anti-immigrazioniste, con punte addirittura del 75% per alcuni tra i provvedimenti più discussi. Lo hanno accertato le rilevazioni di vari istituti di sondaggi, non certo teneri – si ricorderà – verso il tycon repubblicano.
Stando al sondaggio più autorevole, quello della Reuters/Ipsos, il 66% degli intervistati si è detto favorevole al fatto che il governo debba limitare l’afflusso dei “rifugiati”, contro il 24% di astenuti e solo il 10% di contrari. Secondo l’Harvard-Harris Poll, il 77% degli americani è favorevole, in genere, ad una riforma complessiva del sistema dell’immigrazione, diventato sempre più permissivo nell’epoca Obama. Anche il sondaggio più prudente, quello commissionato dalla rete televisiva NBC, non può fare a meno di riconoscere che almeno un 50% degli interpellati è favorevole, in particolare, al decreto che vieta l’ingresso negli USA a chi proviene da paesi musulmani considerati (a torto o a ragione) ricettacolo di terroristi. Il 75% degli americani, infine, è favorevole alle misure di maggiore controllo delle frontiere (Harvard-Harris Poll).
Che dire? Evidentemente, se i ricchi e famosi sono alfieri del buonismo in salsa miliardaria, i comuni mortali sono sanamente realisti. La Sinistra non l’ha ancora capito, in America come in Europa. I ceti popolari non possono permettersi la filantropia farlocca dei poteri forti. Lo star system, invece, può permettersi di essere (o di fingersi) “accogliente”. Magari con qualche divagazione, alla Madonna.
Stralcio di una lettera di Michele Rallo
ralmiche@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.