mercoledì 13 ottobre 2010

Frammenti di un’autobiografia di Giorgio Vitali

"I cattivi hanno soltanto dei complici, i voluttuosi hanno dei
compagni di dissolutezze, gli interessati hanno degli associati, i
politici riuniscono dei faziosi, la maggior parte degli sfaccendati ha
delle relazioni, i prìncipi hanno dei cortigiani, soltanto gli uomini
virtuosi hanno degli amici". Voltaire, Dictionnaire philosophique.

"Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre!" Sallustio, Degli Dei
e del Mondo.

Dopo un decennio di studi, per forza di cose, non avendo potuto ancora
usufruire del ’68, strumento col quale si distrusse la scuola
pubblica, col suo antico rigore a favore della scuola “privata”, (si
trattava comunque di studi circoscritti alla “classicità") l’arrivo
all’Università apriva un senso di grande libertà. A ciò deve
aggiungersi l’aridità della materia che avevo scelto, la facoltà di
Chimica, con una serie di esami che non davano respiro alla fantasia.
Avevo scelto questa facoltà perché ravvisavo in essa, ma non ne avevo
prevista la difficoltà, l’unica maniera per me, cultore di materie
letterarie e politiche fin d’allora, l’unico espediente per apprendere
i principi essenziali della scienza. E feci bene, perché fino ad oggi,
a distanza di sessanta anni da quelle scelte, mi trovo a dover
polemizzare con molti “pseudo scienziati” che non sanno ancora come si
definisce un dato “scientifico”. Infatti, troppo spesso si prende per
scientifico ciò che scientifico non è, mentre altri dati, che
apparentemente sembrano arbitrari, in realtà discendono da valutazioni
e da risultanze sperimentali di carattere chiaramente scientifico.
Fatto sta che in tutti questi casi agisce l’interferenza del potere
che impone ai "credulones" la sua verità. Scrive, infatti, Voltaire:
"I superstiziosi sono, nella società, ciò che sono i codardi
nell’esercito; provano e provocano il terror panico".

Prendiamo il caso delle “Torri gemelle”: La storia delle scoperte e
delle intuizioni scientifiche si può sintetizzare in questo modo:
Leonardo da Vinci (1452-1519): Intuisce il principio d’inerzia e
precorre i tempi con le sue macchine. Niccolò Copernico (1473-1543):
Sistema eliocentrico. I fenomeni celesti sono simili a quelli
terrestri, quindi si può calcolare “scientificamente” ciò che è fuori
dal nostro pianeta. (Preludio a Newton). Tyge Brahe (1546-1601):
Lascia importantissime rilevazioni astronomiche e strumenti per
ottenerle. Galileo Galilei (1564-1642): Confuta la fisica aristotelica
mediante le sue leggi sulla caduta dei gravi, sul moto pendolare,
sulla composizione dei moti, sulla relatività del moto, e, con le
osservazioni astronomiche ottenute per mezzo del suo cannocchiale,
getta fondamentali basi per il metodo sperimentale. Pertanto, e
malgrado l’evoluzione del pensiero che ha portato alle leggi della
caduta dei gravi, è stata accettata da moltitudini di < credulones>
l’ipotesi che grattacieli, costruiti per reggere a terremoti di rara
intensità, abbiano potuto cadere su se stessi e in linea retta colpiti
alla loro sommità senza piegarsi all’impatto, per di più in una
sequenza cronometrica, da un aereo di linea. guidato da piloti
improvvisati. (Senza accennare al terzo grattacielo, caduto da solo e
senza essere stato impattato, forse per “simpatia” e accondiscendenza
con gli altri due). Di fronte a questi fenomeni di comprovato
isterismo collettivo a livello planetario, mediato dall’uso integrale
dello strumento invasivo per eccellenza, la televisione. Di fronte a
questi fenomeni, le madonne che piangono le case della madonna che
volano e le ostie che lagrimano sangue costituiscono giochetti da
bambini.

Tornando alle mie esperienze giovanili, voglioso di apprendistato
intellettuale da una parte, ma anche in qualche modo giustificato
nella mia avversione all’aridità degli studi fisico-matematici del
primo biennio, con un compagno di scuola, mosso dalle stesse mie
motivazioni, si trattava di Franco Frezza, ricco proprietario di bar
famosi, demmo vita a un sodalizio culturale con scorribande in tutti
gli anfratti della cultura più vivace della Roma d’allora, che non era
ancora quella della “Dolce vita” (1960). Quindi, a tutto spiano,
convegni, mostre d’arte, letture, teatro. (In breve tempo lessi tutto
Dostoevskij, che fu per me un grande maestro di vita, oltre ad aprirmi
alla profondità dell’anima russa, lessi anche i grandi della
letteratura americana, Shervood Anderson, Gertrude Stein, John
Steinbeck, Erskine Caldwell, Ezra Pound, Ernest Hemingway, William
Saroyan, William Faulkner, insomma, buona parte degli autori che
ambientavano i loro racconti nel sud degli States, lessi anche gli
autori tedeschi del primo dopoguerra, con particolare attenzione a
Erich Maria Remarque, degli autori francesi lessi soprattutto Sartre,
Gide e Malraux, fui particolarmente impressionato da “Il nuovo Mondo”
e “Ritorno al Nuovo Mondo” di Aldous Huxley, terrificante previsione
di una società ove gli uomini erano tutti costruiti in provetta e i
“selvaggi” erano pochissimi individui tenuti in apposite “riserve”
come oggi noi conserviamo in certi giardini zoologici animali in via
d’estinzione. Una particolarissima attenzione dedicai agli scrittori
italiani pubblicati dalla benemerita casa editrice Vallecchi: Papini,
Prezzolini, Soffici, Palazzeschi, Malaparte, espressioni, tutti, di
una grande stagione artistica, letteraria e filosofica. Lessi infine
l’Opera Omnia del mio concittadino Alfredo Oriani, un grande della
storiografia italiana, pressoché ignorato allora come oggi perché
fustigatore dei nostri costumi più degeneri. Devo anche all’amico
Franco la segnalazione di una grandissima opera editoriale, il
dizionario delle Opere e dei Personaggi della Bompiani, che acquistai
subito e che resta una delle opere editoriali di maggior prestigio di
un editore che era già noto per aver fatto conoscere agli italiani
moltissimi autori stranieri.)

Calcolando che io già facevo politica universitaria, devo concludere
che persi due anni per quanto riguarda i tempi della laurea, ma ne
acquistai in “cultura viva” l’equivalente di un secolo. Scoprii, nel
quartiere Prati, un enorme deposito dell’editore Bocca in via di
fallimento, ed ove potei comprare a prezzi stracciati tutti i libri
che avevano fatto grande quell’editore: i testi del positivismo
novecentesco, le pubblicazioni sullo Yoga e la cultura indiana,
l’opera omnia di Nietzsche, i libri più interessanti sull’esoterismo,
l’ermetismo e la sua evoluzione. Ivi comprese le opere della Teosofia.
Con i libri di Bocca arricchii la mia biblioteca di circa 300 volumi,
che conservo ancora con la massima cura. Fondamentali fra questi
l’Introduzione alla magia quale scienza dell’Io, curata da J. Evola, e
le prime opere in italiano di Heidegger e di Mircea Eliade.

[Papini scriveva, sul suo famoso Dizionario dell’Omo salvatico, alla
voce Arcesilao (215-241):

Socrate aveva detto: So di non sapere. Arcesilao, fondatore della
Nuova Accademia, aggiunse: Non so neppure di non sapere- cioè, ignoro
anche la mia ignoranza. Ma quando codesta ignoranza della propria
ignoranza è ignorata, cioè incosciente, accade il contrario di quel
che voleva Arcesilao; e gli uomini discorrono più di quel che men
sanno- costume nel quale il nostro tempo da nessuno è sopravanzato].

Fu in questi anni che conobbi, a teatro, durante la loro prima
esibizione italiana, alcuni personaggi che in seguito ho sempre amato.
Georges Brassens (1921- 1981) grande poeta e grande menestrello, di
cultura francese ma di madre italiana, che cantava: < Al tempo in cui
regnava il grande Pan, gli dei proteggevano gli ubriachi, un mucchio
di Numi barcollanti, dal naso rosso, dalla faccia rubiconda…….Ma
oggigiorno, qua e là, la gente beve ancora, e il fuoco del nettare fa
luccicare sempre la facce rubiconde [ et le feu du nectar fait
toujours luir les trognes]; ma gli dei non garantiscono più per gli
ubriachi, Bacco è alcolizzato e il grande Pan è morto [Bacchus est
alcoolique et le grand Pan est mort.] >.

Sempre al teatro Eliseo ebbi il piacere di sentire il complesso di
Gerry Mulligan, con Chet Baker, grande e sfortunato trombettista, in
Italia per la prima volta. Autori di una grande rivoluzione musicale,
tanto dal punto di vista della sonorità quanto da quello
dell’evoluzione della forma Jazz da musica di strada, di parata e di
bordello, a musica colta (di cui saranno ulteriori interpreti, sempre
in quegli anni, il Modern Jazz Quartet e Dave Bruebeck).

In quegli anni (1955), partecipammo anche alla fondazione del Partito
Radicale. Eravamo i classici quattro gatti. Questo partito, molto
autorevole al tempo, perché espressione del pensiero di personaggi
culturalmente qualificati come Carandini e Mario Pannunzio, (che fu
condirettore, con Arrigo Benedetti del settimanale Oggi, e che nel
1949 fondò, con Carandini, il settimanale Il Mondo che diresse fino
alla chiusura nel 1968), fu poi “colonizzato” da Marco Pannella che ne
fece strumento di sue personalissime battaglie.

Fui presto eletto al Parlamentino Universitario (ORUR, Organismo
rappresentativo universitario romano), che aveva sostituito la
precedente rappresentanza universitaria fascista (GUF). Si trattava di
un’attività parlamentare a tutti gli effetti, perché i partiti
dell’Università erano la proiezione di quelli presenti nel paese. Si
trattò di una bella esperienza, perché imparai le logiche assembleari,
con i prevalenti traffici di corridoio, ed ebbi modo di frequentare
individui che si preparavano a diventare uomini politici nazionali,
alcuni dei quali riuscendoci brillantemente. Questa è la ragione per
la quale diffido di tutte le dichiarazioni politiche; conoscendo le
logiche che le hanno costruite, ne riesco a individuare le ragioni
recondite, che non sono mai quelle dichiarate. E spesso la ragione
politica induce a contrastare qualsiasi iniziativa prenda
l’oppositore. Ricordo un’esperienza significativa. Queste elezioni
riguardavano non solo la partecipazione all’assemblea ove erano
rappresentate tutte le facoltà, ma anche un’assemblea interna a ogni
singola facoltà. Alla facoltà di chimica io mi trovavo
all’opposizione. Avendo però votato a favore di una proposta del
presidente d’istituire un corso d’inglese (non di aramaico o cinese!)
mi fu riferito che era stato deciso di non farmi ricandidare per
essermi alleato col…nemico. Il corso fu poi istituito e lo
frequentammo in pochissimi. E questo per porre l’accento quanto gli
studenti di allora fossero in grado di capire l’importanza di quella
lingua per il loro individuale futuro professionale.

Iniziai la mia carriera giornalistica nei battaglieri fogli
universitari. Ricordo che ne facevo lo strillonaggio con questa
fulminante frase: "Arrivo dei Russi a Roma! Fuga del Papa in
bicicletta!"

In conclusione alla mia esperienza “politica”, devo dire che ho visto
moltissimi giovani sacrificati a questo terribile idolo. Moltissimi di
loro, coinvolti allo spasimo nelle questioni politiche e nelle
battaglie elettorali, perché se volevano fare carriera a livello
nazionale dovevano rendersi disponibili per le segreterie dei loro
rispettivi partiti, non riuscirono a laurearsi; altri si laurearono
molto tardi, ed eccetto pochi si dovettero accontentare in lavori di
ripiego, spesso all’ombra delle rispettive segreterie politiche, con
una voglia di rivalsa scaricata sempre sul popolo italiano.

Termino con una frase tratta dal libro di Luisella Battaglia, Bioetica
senza dogmi, 2009: "... mai come oggi c’è bisogno dell’aristotelica
fronesis, in altre parole di quell’arte della ragion pratica
consapevole che i princìpi ultimi di un sistema morale, pur se
enunciati con la massima precisione, non sono in grado di fornire
risposte prive di equivoci a tutti i problemi che si pongono gli
uomini nell’infinita varietà delle situazioni concrete."

Giorgio Vitali

[La lama della spada è fredda e tagliente. L’impugnatura è
arrotondata e tiepida. Soltanto così posso combattere. Lucas
Estrella].

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