Camminando per le strette viuzze dei numerosi paesi che compongono la Costiera Amalfitana, è facile restare rapiti ed inebriati da un intenso profumo avvolgente, la sfogliatella, un dolce ricco di tradizione che custodisce nel suo interno tutti i segreti di una lontana e magica storia.
A volte viene sapientemente ricostruita o sfacciatamente inventata. La sfogliatella, nel suo genere appartiene alla prima categoria. Di questo dolce tutto partenopeo si può tracciare un preciso percorso, poiché la sua origine proviene da un monastero, precisamente quello di Santa Rosa, ubicato da Furore e Conca dei Marini. In questo luogo sacro si pregava molto, ma parlando di un concento di clausura, non ci si muoveva, non si frequentavano altri luoghi, e quindi di tempo a disposizione, oltre la preghiera c’era in abbondanza.
Una parte di esso veniva speso in cucina, dove regnava però un regime autarchico, le monache potevano andare solo dall’orto alla vigna, così da ridurre i contatti con l’esterno ed ampliare invece quelli con il Signore. Anche il pane veniva prodotto da loro, cuocendolo nel forno ogni due settimane, il menù inoltre era unico per tutte, soltanto le monache più anziane, godevano di un vitto privilegiato, a base di nutrienti minestrine. Un giorno (siamo intorno al 600), la suora di turno addetta alla cucina, si accorse che era avanzata un pò di semola cotta nel latte. Non voleva buttarla, e fu così che ispirata da Dio, ci buttò dentro della frutta secca, zucchero e liquore al limone. Poteva essere un ripieno si disse tra sé, ma cosa metterci sopra e sotto? Preparò così due sfoglie di pasta, aggiungendovi dello strutto ed il vino bianco, e nel mezzo ci adagiò il ripieno. Ma poiché anche l’occhio vuole la sua parte, per abbellimento, sollevò la sfoglia nella parte superiore, dandogli quasi la forma di un cappuccio,come quello dei monaci, ed infornò il tutto. La Madre Superiora all’inizio assaggiò il gustoso dolce, ma poi percepì l’utilità. Con questa invenzione, si faceva del bene ai contadini sfamandoli, ma anche alle casse del convento.
Il dolce veniva messo sulla ruota in uscita del convento in cambio, in entrata qualche moneta. Il dolce prese il nome della Santa a cui era dedicato il convento: Santa Rosa. Passarono però circa centocinquanta anni tra Amalfi e Napoli prima che approdasse a Napoli circa nell’800 grazie al pasticciere Pasquale Pintauro che nel 1818, passò da oste a pasticciere,entrando in possesso della vera ricetta della santa rosa. La modificò eliminando la crema pasticcera e l’amarena, sopprimendo anche il cappuccio, e nacque così la sfogliatella. La sua varietà oggi la più conosciuta la riccia, mantiene sin d’allora la sua forma triangolare, a conchiglia di stile roccocò. Oggi la sfogliatella la si può assaggiare e gustare in tutte le pasticceria di Napoli, ma quella di Pintauro sta sempre là, il nome e l’insegna sono immutate da circa 200 anni.
Al viaggiatore quindi che arriva alla stazione di Napoli, o chi deve aspettare il prossimo treno, si consiglia così di assaggiare le sfogliatelle che vengono sfornate a getto continuo. Ma una precisazione, è d’obbligo: storditi dal loro inebriante profuco ed ormai all’interno delle nostre mani, evitiamo di addentarla voracemente, in quanto la sfoglia è calda, ma il ripieno di ricotta è rovente. Vietato bruciarsi il palato!
Rita De Angelis
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