Ma insomma cosa significa "destra"?
Destra è di fatto un contenitore, o se preferite un’etichetta, che ben si adatta a tutto ciò che non è riconducibile alla sinistra, basta aggiungervi un opportuno aggettivo e il gioco è fatto.
Abbiamo infatti una Destra reazionaria, tradizionalista, cattolica e antimoderna, quella di De Maistre e di René Guénon, una Destra paganeggiante, quella di Evola e di Alain De Benoist, una Destra cristiana conservatrice, quella compassionevole dei teocon americani patrocinata e sostenuta da Bush, un Destra monarchica e una destra repubblicana, la Destra storica di Cavour e la destra rautiana, abbiamo una Destra razzista, quella del National Party Sud Africano di De Klerk e del KKK americano e una Destra golpista, quella dei colonnelli greci, di Pinochet e di Videla e, per finire, la contraddittoria Destra Sociale.
Insomma c’è una destra per tutti, per tutti i gusti e per ogni convenienza.
Queste destre, tra loro distanti e spesso in conflitto, hanno però qualcosa in comune. Hanno in comune, in antitesi alla sinistra, un certo patriottismo identitario e, soprattutto, l’accettazione del principio del libero mercato teorizzato da Adam Smith il quale sostiene, come il suo omologo di sinistra Karl Marx, che alla base di una moderna società vi siano solo le dinamiche economiche, tutto il resto fa da corollario.
Per la destra lo Stato è una sovrastruttura, spesso costosa e inefficiente, tuttavia indispensabile per garantire la massima diffusione dell’economia liberale. Non a caso lo slogan preferito della destra è: meno stato e più mercato.
La Destra, declinata come dir si voglia, è quindi sinonimo di capitalismo, come sinistra è sinonimo di egualitarismo.
Il termine “destra” nasce ufficialmente in Francia nel 1789 con la “Rivoluzione Francese” per indicare i parlamentari dell’Assemblea Costituente che siedono alla destra della presidenza.
In quella grande mattanza, tra teste mozzate e terrore giacobino, va al potere la borghesia illuminata e nasce la moderna democrazia parlamentare, forma di stato basata sul potere assoluto dei partiti che, come ben sappiamo, invadono e sfruttano ogni ambito della società civile.
Da precisare che il termine democrazia viene spesso usato a sproposito come sinonimo di libertà, pluralismo e rispetto dei diritti umani. Niente di più errato: Voltaire, ad esempio, ritenuto il padre della democrazia, era, come una buona parte dei pensatori illuministi razzista, antisemita e sostenitore della schiavitù americana.
In Italia il termine destra fa la sua prima apparizione nel 1861 con il primo Parlamento unitario per indicare, anche in questo caso, i deputati e i senatori che si collocano a destra nell’emiciclo.
L’Italia risorgimentale nasce ad opera della borghesia piemontese con il sostegno militare ed economico delle massonerie di Francia e Inghilterra di cui il movimento carbonaro, come pure la Giovine Italia di Mazzini, erano un’emanazione e viene strutturata sul modello francese a partire dalla bandiera tricolore, altro simbolo massonico. Nasce così uno stato fortemente centralizzato e repressivo che a Milano con Bava Beccaris spara cannonate sulla folla che chiede il pane e nel sud d’Italia si impone con le baionette e con massacri indicibili di contadini: questa è la destra elitaria che ha fatto l’unità d’Italia nella totale indifferenza popolare.
Anche se molti cattolici hanno attivamente partecipato al risorgimento come Manzoni, Silvio Pellico e Massimo D'Azeglio, il nuovo stato unitario voluto dalla destra è fortemente anticlericale e avversato dalla Chiesa per la questione di Porta Pia che ha posto fine, dopo due millenni, al suo potere temporale.
Alla confisca dei beni ecclesiastici e alla chiusura dei conventi operati dalla destra storica al potere, la Chiesa romana di Papa Pio IX reagì scomunicando Vittorio Emanuele II e, con il famoso “non expedit”, proibendo ai cattolici di partecipare attivamente alla vita politica italiana. I cattolici torneranno ad impegnarsi in politica solo dopo il primo dopoguerra con il partito popolare di Don Sturzo.
L’Italia governata dalla destra è totalmente priva di servizi sociali: non esiste la scuola pubblica, le uniche scuole sono private e destinati ai figli della borghesia o confessionali; la sanità, anch’essa privata, è riservata ai ricchi, i meno abbienti devono affidarsi alle strutture caritatevoli. Non esiste né pensione né assistenza contro gli infortuni: un operaio o un contadino che subiva un incidente sul lavoro era abbandonato a se stesso; lo sfruttamento minorile era una pratica ritenuta normale ed ampiamente diffusa. Questa era l’Italia voluta e governata dalla destra che Mussolini raccoglierà nel 1922.
Il Fascismo, e qui entriamo in uno dei più grandi equivoci semantici della storia e della politica, viene considerato dalla pubblicistica marxista, e comunemente accettato, come fenomeno di destra. Niente di più errato.
Il Fascismo con la destra non ha nulla a che spartire.
Sfido chiunque a citarmi un qualunque documento di epoca fascista in cui si parla di destra. Anzi in un suo celebre discorso Mussolini ebbe a dire: “I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari. Le nostre idee appartengono a quelle che in regime democratico si chiamerebbero “di sinistra”; il nostro ideale è lo Stato del Lavoro…noi siamo i proletari in lotta contro il capitalismo….il pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza sosta, viene da destra”. Così Benito Mussolini.
Il Fascismo non è né destra né sinistra, ma è una sintesi tra le due ideologie arricchite con delle felici intuizioni finalizzate all’interesse nazionale.
Il Fascismo infatti integra la libertà d’impresa e la tutela della proprietà privata della destra con il principio di giustizia sociale della sinistra, inserendovi la "Socializzazione delle Imprese", ossia la partecipazione dei lavoratori alla ripartizione degli utili e alla gestione delle grandi aziende e il principio corporativo della democrazia diretta attraverso l’ingresso nel Parlamento e nelle Istituzioni dei rappresentanti della società civile. Nasce così lo Stato Sociale Corporativo, terza via tra socialismo e capitalismo (anche se solo parzialmente realizzato, calato dall'alto e attuato in una cornice totalitaria, processo poi interrotto dalle vicende belliche). In quegli anni, grazie al sostegno del governo e alla diffusa libertà d’impresa, nascono o si rafforzano tutte le grandi industrie, ora finite in mani straniere dopo essere state svuotate e trasformate in semplici marchi.
Stato Sociale che ha permesso all’Italia, attraverso un vasto piano di opere pubbliche e alla nascita di istituiti come l’INPS, l’INAIL, l’IRI e provvedimenti come l’abolizione del lavoro minorile, i contratti di lavoro collettivi, la liquidazione, la Magistratura del lavoro, lo Statuto dei lavoratori, l’assistenza all’infanzia, le case popolari, le terre risanate ai contadini… di rimanere in piedi quando, a seguito della crisi di Wall Street del ’29, tutte le economie occidentali di stampo capitalista crollavano miseramente producendo fame, disoccupazione di massa e violenza diffusa, soprattutto in Germania, America e Inghilterra.
Stato Sociale Fascista poi ripreso da Rooswelt con il New Deal americano che, tuttavia, non sortì alcun effetto in quanto applicato in un contesto capitalista (l’America uscì dalla depressione solo con l’entrata in guerra, fortemente voluta dall’influente apparato industriale e finanziario americano).
Con la seconda guerra mondiale si conclude l’esperienza fascista, ma non le sue idee che vengono riprese dal Movimento Sociale Italiano, erede della Repubblica Sociale Italiana.
Inizialmente il Msi si dichiara apertamente fascista. Con l’introduzione della legge Scelba del ’52, che vieta la ricostruzione del partito fascista, si pone il problema di come definirsi. Iniziò allora a circolare la parola destra che fu ufficializzata nel 1973 da Almirante con la nascita della Destra Nazionale. Anche i simboli cambiano con l’abbandono del fascio littorio sostituito dalla croce celtica, anche se estranea alla tradizione romano-fascista.
In quegli anni, caratterizzati da un fortissimo avanzamento politico della sinistra marxista, il Msi subisce una vera e propri invasione di giovanotti borghesi timorosi di perdere la fabbrichetta del babbo o la seconda casa al mare. Queste nuove leve, di fascista non hanno assolutamente nulla, del fascismo hanno assimilato solo gli aspetti esteriori in chiave folcloristica e il mito della violenza (viva Duce, saluti romani e morte ai compagni: in questi slogan – purtroppo ancora in voga – si riassume il loro livello culturale). In realtà questi missini sono solo degli anticomunisti che, delusi dalla Dc del compromesso storico, vedono nel Msi una diga contro il comunismo dilagante.
Questa nuova linfa contribuirà a spostare il Msi su posizioni di destra filoamericana e costituirà, soprattutto con l’ascesa di Gianfranco Fini alla presidenza del Fronte della Gioventù nel 1977, la nuova classe dirigente del partito. Nomenclatura che ritroveremo poi ai vertici di Alleanza Nazionale divenuta prima corrente esterna di Forza Italia e poi fagocitata dal partito di Berlusconi, non dopo aver abbandonato tutti gli ideali e valori che hanno caratterizzato i cinquant’anni del Msi.
Con la nascita di Alleanza Nazionale finalmente la destra fa la destra, abbandona definitivamente tutte le residue connotazioni fasciste per accettare appieno il modello americano, quello del pugno duro, della tolleranza zero e della meritocrazia esasperata, contribuisce al definitivo smantellamento dello Stato Sociale, diventa antifascista e laica, accetta il mito del libero mercato, la società multietnica e la globalizzazione economica. Del vecchio Msi rimane solo un certo patriottismo oramai scolorito che cozza con la politica estera scodinzolante nei confronti dell’America e il mito identitario che fa a pugni con l’apertura all’immigrazione, soprattutto islamica.
E veniamo alla Destra Sociale che rappresenta il tentativo velleitario e per certi versi truffaldino di conciliare il fascismo sociale e riformatore con il libero mercato, attraverso la formuletta della “economia sociale di mercato” che altro non è che capitalismo caritatevole.
In questo contesto si spaccia per sociale ciò che in realtà è solo assistenzialismo, per giunta gestito dai privati che ne fanno un vero e proprio business (vedi Caritas e sindacati), allo Stato è riservato l’onere di mantenere, con i cosiddetti ammortizzatori sociali, i disoccupati scaricati dagli industriali che trovano più remunerativo chiudere le fabbriche in Italia per poi riaprirle all’estero (in epoca fascista una tale politica, oggi favorita dalla destra, non sarebbe stata tollerata perché contraria all’interesse nazionale).
La Destra Sociale sostiene la cogestione tedesca, l’azionariato operaio americano e il principio di sussidiarietà di Leone XIII che altro non sono che espedienti per rendere il capitalismo un tantino umano e togliersi dai piedi i relitti della società, ma che nulla hanno a che spartire con lo Stato Sociale Fascista e con la socializzazione delle Imprese della Repubblica Sociale Italiana.
Il Progetto di Destra Sociale era destinato fin dall’inizio a fallire perché o si è di destra o si è fascisti. Alemanno, il principale esponente di questa corrente, una volta eletto Sindaco di Roma grazie a Berlusconi, ha trovato del tutto naturale passare dall’altra parte della barricata, mentre le destre che si definiscono sociali (la Destra di Storace e la Fiamma di Romagnoli) si sono tutte accasate alla corte di Berlusconi che, come ben sappiamo, a parte il piglio decisionista che tanto piace a destra, di fascista e di sociale ha ben poco.
Fine ingloriosa di una destra che pensava di essere altro.
Gianfredo Ruggiero, presidente Circolo culturale Excalibur
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