Prima della mia definitiva "fuga" dal paese degli asinelli (quello dei campanelli era un altro) scrissi questa breve memoria in cui descrivevo l'excursus socio-culturale di Calcata, in cui vissi dal 1977 al 2010.
Calcata... com'era, prima dell'arrivo dei satanassi!
Calcata vecchia
Al centro storico, e soprattutto agli sprofondi dove io vivevo, si sta come in un ghetto, anzi è un teatrino od un set dell’isola dei famosi, dove quasi tutto è finto o finalizzato all’immagine, per cui lì non potevo avere la misura delle reali trasformazioni nella società corrente.
Per questa ragione, ogni mattina, affrontavo l’erta salita di via della Lira per andare a tastare il polso al mondo, a Calcata Nuova, il luogo dove vivono i 900 calcatesi originari ma del quale non si può vedere nemmeno una foto su internet. Ed è qui che, con la scusa del cappuccino caldo, potevo assistere alle varie scenette che forniscono un esempio significativo delle propensioni nell’opinione pubblica del mondo rurale residuo della Tuscia. E perché dico ciò? Semplice, solo al paese nuovo potevo capire che tipo di cambiamenti e propensioni avvengono nella società locale, avendo contemporaneamente una giusta misura di “passato” e presente.
Calcata paese nuovo. La chiesa progettata da Paolo Portoghesi |
Ad esempio, come reagisce il popolo ai richiami della pubblicità e delle voghe?
Frequentando il "mondo di sopra", quello vissuto con innocenza dai calcatesi nativi, ho potuto notare che l’esercizio commerciale più frequentato è la farmacia, non solo perché la gente comune ha paura della morte o dell’invecchiamento o dei mille acciacchi e malanni, soprattutto perché a Calcata nuova la farmacia fornisce anche quelle “utilities” oggi socialmente necessarie: preservativi, cure di bellezza e dimagranti, pastiglie tranquillanti, vaccini, etc. etc.
Al baretto, situato sotto il palazzo comunale, invece potevo scrutare i comportamenti spicci dei tipici maschi “di provincia”, sempre in attesa di sbrigare un impellente lavoro che mai inizia: “ … che bevi ?” – “er solito!” - e giù un cognacchino od un mistrà- mentre aggiunge “devo annà a potà l’olivi ma oggi nun me và…” Ed intanto continuano le chiacchiere sullo sport, sul governo ladro e sugli extracomunitari che rubano il lavoro…
Ma Calcata nuova è soprattutto il paese delle donne. Il genere femminile è il più visibile in giro per le vie e le piazze. Ci sono le anziane con i fazzoletti in testa, secchio in mano per andare a governare le galline, che avanzano ancheggiando con i loro deretani protesi in memoria di altri tempi in cui la bellezza aveva altri canoni.
Ma Calcata nuova è soprattutto il paese delle donne. Il genere femminile è il più visibile in giro per le vie e le piazze. Ci sono le anziane con i fazzoletti in testa, secchio in mano per andare a governare le galline, che avanzano ancheggiando con i loro deretani protesi in memoria di altri tempi in cui la bellezza aveva altri canoni.
Davanti alla scuola elementare spesso ho visto le mamme fare capannello, chiocciando e ridendo, mentre quelle più “impegnate” -alla guida di autovetture rombanti- scendono frettolosamente dalle macchine e s’infilano nel vicino ufficio postale per sbrigare mille pratiche, oppure eccole davanti al tabaccaio per l’acquisto di schede telefoniche, di sigarette leggere, di riviste alla moda… Poche son quelle con la sporta della spesa in mano, stranamente pare che le donne non facciano più la spesa… questo compito è stato delegato ai mariti che il sabato debbono fare la fila al supermercato nei paesi vicini e riempire la macchina all’inverosimile una volta alla settimana.
Insomma visitando ed osservando le abitudini degli abitanti del paese nuovo ho avuto la misura dei cambiamenti in corso nella società, indagando sui costumi e sui gusti correnti. Questo mi ha giovato molto, altrimenti come avrei potuto scrivere tutte queste storie se non avessero un minimo di attinenza con i modi del mondo?
Paolo D’Arpini
Insomma visitando ed osservando le abitudini degli abitanti del paese nuovo ho avuto la misura dei cambiamenti in corso nella società, indagando sui costumi e sui gusti correnti. Questo mi ha giovato molto, altrimenti come avrei potuto scrivere tutte queste storie se non avessero un minimo di attinenza con i modi del mondo?
Paolo D’Arpini
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