Nassim Nicholas Taleb è l’autore dell’importantissimo saggio “Il cigno nero” nel quale ci spiega che quando si verifica un evento isolato e inaspettato, che ha un impatto enorme sulla realtà, e che solo a posteriori può essere spiegato e reso prevedibile, ci troviamo di fronte ad un “cigno nero”, cioè di fronte ad un evento raro in mezzo a tanti cigni bianchi che rappresentano la “normalita”.
Ciò che è accaduto in Giappone si può definire un cigno nero?
Secondo Taleb, nella vita individuale, come in quella sociale , noi agiamo come se fossimo in grado di prevedere gli eventi, da quelli sentimentali a quelli storici, a quelli naturali, per molti di noi, l’incontro con una persona amata, il nostro lavoro, un’amicizia, un incidente, un arricchimento sono avvenuti al di là di quelli che erano i nostri piani o desideri, lo stesso per i grandi eventi che sconvolgono la società: l'11 settembre 2001, lo tsunami del Pacifico nel 2004, lo scoppio della seconda guerra mondiale, il crollo del muro e la fine del Comunismo, le rivolte in Africa con internet per il pane e per la libertà;secondo la logica del Cigno nero quel che è ignoto è molto più importante di quello che conosciamo. Molti Cigni neri sono causati e ingigantiti, nel bene e nel male, proprio dal fatto che sono imprevisti.
Forse nel caso del Giappone ci troviamo di fronte a qualcosa ancora più grave di un cigno nero, 2 o 3 cigni neri che appaiono contemporaneamente, infatti il Giappone è stato colpito da un terremoto, da uno tsunami e da un disastro nucleare. Ancora a distanza di parecchi giorni dalla tragedia è impossibile far il conto dei morti e dei dispersi e ancora non sappiamo come si evolverà la faccenda delle centrali nucleari, intanto, si aggrava di ora in ora la situazione della centrale nucleare di Fukushima, le cui emissioni radioattive si stanno propagando in tutto il mondo. Il Giappone è un Paese preparato agli eventi sismici, ma la portata del cataclisma capitato l’11 marzo scorso è stata enorme e non era possibile prevederla.
E ci saranno grosse conseguenze anche dal punto di vista economico: è sempre brutto parlare di economia, crescita e pil di fronte a delle tragedie così immani e ad un incredibile numero di morti, ma ogni fatto presenta un ampio spettro di situazioni da analizzare e da capire.
Subito dopo il terremoto lo yen ha iniziato ad apprezzarsi, cioè ad aumentare di valore, questo poiché veniva comprato a più non posso, perché?
I motivi sono stati vari, innanzitutto dopo un evento simile, molti capitali vengono fatti rientrare e cambiati in yen, perché dovranno essere destinati alla ricostruzione, lo stesso devono fare le compagnie assicurative che dovranno pagare i premi assicurativi per il risarcimento dei danni, anche esse lo dovranno fare in yen, poi c’è la speculazione vera e propria quella che aspetta gli eventi traumatici, che ha puntato appunto sul rialzo dello yen per i motivi prima elencati, anticipando il movimento rialzista della valuta.
Poi c’è il meccanismo del carry-trade: con il termine carry trade, si intende l’operazione con cui si prendono a prestito dei capitali in una determinata valuta per poi investirli prevalentemente in strumenti finanziari denominati in altre valute e comunque strumenti più redditizi rispetto al costo del finanziamento.
Il profitto che si ottiene è appunto pari alla differenza tra rendimento dell’investimento e costo del finanziamento.
Sono molti anni che il tasso di interesse giapponese gravita intorno allo zero%, quindi gli speculatori sono stati attratti dall’indebitamento in yen per investire il denaro nei mercati azionari emergenti e nei titoli di Stato, a più alto rendimento, fra gli altri, di Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, Islanda e Regno Unito, accollandosi così bassi rischi.
In sintesi si prende un prestito in yen e poi si vendono gli yen, cioè si convertono per acquistare valute di altri Paesi, per poter acquistare come abbiamo detto prima, titoli di Stato o altre obbligazioni, quindi l’investitore si mette in tasca il differenziale di rendimento fra un prestito con un interesse quasi nullo e un titolo di Stato che garantisce mediamente un 2/3%.
Per fare questa operazione si vendono yen e quindi lo yen si deprezza, si svaluta.
Questo è il carry trade sulla valuta, nel momento in cui si prospetta un rafforzamento della valuta con la quale ci siamo indebitati, si prospetta anche un azzeramento dei profitti e allora parte il via a disinvestire e a riacquistare yen.
E per tutti questi motivi che la Banca Centrale giapponese è dovuta intervenire con potenti iniezioni di liquidità per vendere yen ed acquistare divise estere, cercando di ripristinare un certo equilibrio e dare tranquillità ai mercati, fino ad oggi dal giorno dell’incidente sono stati iniettati 340 miliardi di euro, ma non solo, successivamente sono intervenute le banche centrali mondiali più importanti, per vendere anche esse gli yen e garantire stabilità nei mercati finanziari di tutto il mondo, sbarrando la strada alla speculazione.
Poi c’è il problema della produzione industriale, dato che l'industria giapponese risulta inevitabilmente colpita dal sisma. Ci sono stati danni alle fabbriche, la paralisi dei trasporti e l'emergenza energetica colpiscono la produzione e i rifornimenti, mettendo in ginocchio settori di punta. I colossi mondiali dell'auto e della elettronica sono stati costretti a chiudere molti stabilimenti nel Paese, almeno per un certo periodo, e ancora difficile calcolare quanto sarà l’incidenza sul Pil di questa situazione, ma è certo che ci sarà una netta flessione.
Ma i problemi non sono certo finiti, il Giappone viene da un ventennio continuo di stagnazione economica e ha un debito pubblico superiore al 200% del pil, il secondo debito più alto del mondo in termini assoluti dopo quello statunitense e il più alto dei paesi occidentali nel rapporto debito/pil, di positivo c’è che è un debito quasi tutto interno detenuto da “residenti” giapponesi e quindi più controllabile, ma è destinato ad aumentare anche in seguito agli ultimi eventi.
Nello stesso tempo il Giappone, dopo la Cina è il secondo detentore di titoli del debito pubblico americano, per una cifra intorno agli 850 miliardi di dollari, se una parte di questi verranno disinvestiti perché dovranno servire alla ricostruzione giapponese e al servizio del debito giapponese, aumenteranno le già enormi difficoltà degli U.S.A, che fra poco esauriranno anche la seconda fase di Q.E. l’operazione con cui la Federal Reserve ha stampato moneta a gò gò e ha comprato lei stessa i titoli del tesoro americano.
Il Corriere Economia del 21 marzo ci informa che il fondo americano Pimco si è disfatto di tutti i bond statunitensi che aveva in portafoglio, e che la Federal Reserve con queste manovre di espansione monetaria ha comprato ben il 70% delle emissioni di nuovi titoli, segno evidente, che c’è un grosso rischio collocamento. Come farà il Tesoro americano nel futuro a garantirsi il collocamento del proprio debito, smettendo di autocomprarselo e con lo sconvolgimento geopolitico in atto in varie parti del mondo, che condizionerà anche l’afflusso negli Stati Uniti dei capitali dei Paesi Arabi e non solo quelli del Giappone?
A giugno si capirà se il Presidente della Fed, Ben Bernanke vorrà promuovere un nuovo quantitative easing: Q3, andando allo scontro frontale con i repubblicani e con la loro parte più agguerrita, quella costituita dai Tea party, contraria alla monetizzazione del debito.
Fra l’altro i Tea Party non solo vogliono l’immediata cessazione della creazione di moneta (senza copertura di alcun sottostante, né tantomeno di maggiore produzione prevista) fatta solo per prolungare l’agonia, inflazionare il dollaro e rimandare nel futuro i problemi(cioè i pagamenti dei debiti), ma vogliono importanti tagli della spesa sociale che portino all’immediato rientro a percentuali accettabili di un deficit, che nel 2010 ha viaggiato intorno al 10%,.
Insomma brutte nubi (non solo quelle radioattive) minacciano i cieli a stelle striscie.
Daniele Carcea
348/2839738
giovedì 31 marzo 2011
Daniele Carcea: "Giappone - Conseguenze economiche del sisma e dell'inquinamento radioattivo... che si ripercuotono sull'economia degli USA"
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