mercoledì 2 marzo 2011

Daniele Carcea: "American default... coming more and more near!"



"Ma l'America quanto è lontana?" - "....Taci e nuota!"

E' ormai un anno che non si parla d'altro che del debito pubblico dei Paesi europei, ormai tutti sanno cosa sono i Piigs (maiali con due i), acronimo di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. Sono all'ordine del giorno le tensioni per il collocamento dei titoli nelle aste pubbliche, con gli spread (differenziali) che si allargano rispetto ai titoli di Stato tedeschi (bund).

Gli spread si allargano perché devono essere offerti tassi di rendimento più appetitosi per i mercati e per le banche, a causa dell'aumento del rischio investimento nei loro titoli di Stato, dovuto alla crisi economica-finanziaria, che ha comportato un generale peggioramento dei conti pubblici.

Questo aumento di deficit annuali di bilancio e monte del debito pubblico, accompagnato dai puntualissimi interventi, tramite i rating, delle tre agenzie sorelle Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings, che periodicamente affossano l'immagine di questi Paesi, costringe ad alzare la somma di interessi che essi devono versare al mercato e alla speculazione per evitare i rischi di default.

Per alcuni di questi Paesi si parla di bancarotta, di ristrutturazione del debito, di uscita dall'area Euro, insomma scenari foschi. Degli Stati Uniti invece se ne parla poco e viene da chiedersi come mai? Il deficit annuale (differenza di bilancio) fra entrate ed uscite è pari al 10% del Pil, il debito pubblico Usa si avvicina al 100% del Pil, cioè 15.000 miliardi di dollari di debito pubblico contro 15.000 miliardi (15 trilioni) di prodotto interno lordo, il 20% dell'intera produzione mondiale.

Ma non è tutto, al debito Federale si devono sommare i debiti dei singoli Stati, così come si fa ad esempio con il debito pubblico italiano, dove si sommano il debito statale a quello di tutte le pubbliche amministrazioni. Il debito dei singoli Stati si aggira intorno ai 3.000 miliardi di dollari, pertanto se si somma il debito federale e i debiti statali si arriva ad un rapporto debito pubblico/pil del 120%.

Niente male!! Il debito Usa è uguale a quello italiano anche in termini percentuali di rapporto debito/pil debito (118%), e di gran lunga superiore al debito complessivo area euro che è attestato all'84% del Pil e presenta un deficit medio del 6,35% contro il 10%degli Stati Uniti.

Se poi il discorso viene allargato all'intero indebitamento del sistema a stelle e strisce, allora ci troviamo di fronte ad una vera e propria bomba innescata, il totale dei debiti pubblici (stato federale e singoli stati), più le famiglie, più le imprese e infine le banche ammonta a 57.000 miliardi di dollari, per un rapporto indebitamento/pil che si aggira intorno al 400%, una cifra pazzesca, se si tiene conto che è la stessa cifra a cui ammonta l'intero pil mondiale 60.000 miliardi.

Questa situazione in realtà dall'altra parte dell'oceano è ben presente, tant'è che si inizia a parlare per alcuni Stati americani di bancarotta controllata, nello specifico per California, Arizona, New York e Illinois, (Cani), ma anche Ohio e New Jersey non sono messi bene. I fondi pensionistici presentano buchi irreparabili, e la spesa per i dipendenti pubblici e per la sanità è fuori controllo.

La città di Prichard in Alabama ha bloccato il pagamento delle pensioni, contravvenendo alla legge statale in vigore e scioccando i pensionati. Ma la cosa più grave è la fuga dei risparmiatori dalla finanza locale: ogni settimana una media di 3 miliardi di dollari viene riscattata, ci si può facilmente rendere conto cosa significhi un trend del genere. Da Davos qualcuno ci prova a raccontare che stiamo uscendo dalla crisi, ma gli effetti positivi che si riscontrano ora, non sono che l'effetto drogato dell'aumento dei debiti pubblici tramite l'immissione di moneta aggiuntiva (quantitative easing), che hanno salvato le banche e le continuano a salvare.

I risvolti nefasti di questa politica si stanno iniziando a vedere in tutto il mondo, con l'inflazione, l'aumento del prezzo delle materie prime e dei beni di prima necessità; il collegamento con la disperazione di alcune popolazioni che stanno dando volta a delle rivolte impensabili fino a tre anni fa è d'obbligo. Alla fine saranno per primi i più poveri a pagare l'azzardo morale della finanza che non guarda in faccia a nessuno e l'impotenza della politica incapace a porre un freno a questo casinò mondiale, perché in mano e/o complici, dell'oligarchia finanziaria.

Gli Stati Uniti fino ad ora hanno evitato gli effetti peggiori della crisi del debito grazie all'inesauribile, forse non ancora per molto, riserva di fiducia di cui godono sui mercati, e di cui godono i propri titoli di Stato, grazie anche al fatto che il dollaro continua ad essere la moneta di riserva mondiale, ma i debiti sono debiti e prima o poi vanno pagati, ristrutturati o consolidati, non c'è alternativa. Con molta probabilità siamo solo all'inizio della crisi.

Daniele Carcea - carceada@interfree.it

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