Poche sere fa, nella trasmissione di TV7 diretta da Concita De Gregorio, che segue sempre il telegiornale delle 8, si è svolto un dibattito un po’ più vivace ed interessante del solito, in cui si è dibattuto sullo stato attuale della nostra democrazia in relazione al governo del “salvatore della Patria” Draghi.
L’ex politico Alessandro Di Battista, ormai emarginato anche nell’ambito del suo ex movimento, 5 Stelle, di cui era stato uno dei padri spirituali, ha fatto notare che la nostra “democrazia” è più formale che sostanziale. Ricordava, a proposito della sua passata esperienza personale di parlamentare (anche in questo caso esperienza ormai chiusa), come i singoli deputati del parlamento italiano si comportino e votino secondo le strette direttive dei dirigenti politici dei rispettivi partiti, da lui definiti “capi-bastone” alla maniera dei camorristi e dei mafiosi. A loro volta i capi-bastone devono rispondere alle direttive di poteri ancora più forti, economici e politici, di cui sono i burattini. In questa piramide di potere chi sgarra, parlando ad esempio male dei grandi imprenditori, delle banche, della UE, della NATO, degli USA, o magari parlando bene dei Palestinesi e non del governo israeliano, rischia di essere emarginato nel parlamento e nel partito, tagliato fuori da ogni incarico di prestigio e comportante buone prebende, e di non essere rieletto.
Ha dato man forte a Di battista, se pur esprimendosi con maggior prudenza, l’ottimo professore Luciano Canfora, autore di ottimi libri sul concetto di democrazia e sui veri aspetti, non ideologici e propagandistici, delle “democrazie” storiche reali. Nei suoi libri Canfora esamina criticamente il fenomeno dell’antica “democrazia” ateniese, in realtà un regime schiavistico ed imperialista, e dove alcune reali conquiste democratiche del “demos” – ovvero del popolo libero – in realtà sottostavano alla “supervisione” ed alle pressioni politiche di esponenti della maggiore famiglia aristocratica di Atene come Pericle ed Alcibiade (quest’ultimo poi fuggito a Sparta dove rivelava di aver diretto e manipolato la democrazia della sua città). Canfora ha anche scritto un libro dal titolo volutamente paradossale - “Giulio Cesare, il dittatore democratico”- in cui ricordava che il “dittatore” Cesare era in realtà il capo del partito democratico di Roma, detto dei “populares”. Il salvatore della Patria Draghi manifesta un ruolo attuale di “protettore” della democrazia (come faceva il “lord protettore” Cromwell nei confronti del parlamento inglese nel ‘600), se pure in proporzione ridotta e certamente con un ruolo meno glorioso di quelli di Pericle, Cesare, o Cromwell.
Draghi è il garante del grande capitalismo finanziario internazionale, delle grandi banche internazionali, del capitalismo delle grandi multinazionali, della UE, della NATO e del rapporto di assoluta fedeltà agli USA. I modesti esponenti dei partiti che lo sostengono, pur posti su sponde ideologiche formalmente opposte, come il demagogo Salvini, il portaborse Di Maio o i dirigenti del PD, obbediscono ai suoi ordini. Le sue azioni, come ad esempio la riforma della giustizia Cartabia o la semplificazione del codice degli appalti, servono a dare mano libera al capitalismo nostrano, ma nel rispetto degli interessi anche del grande capitalismo europeo (in particolare tedesco e francese) e del capitalismo nord-americano.
Ciò avviene nel momento in cui l’economia cresce (fatto dovuto in gran parte al “rimbalzo” dopo la crisi economica iniziata nel 2008 e la crisi del COVID), ma contemporaneamente crescono anche i licenziamenti (vedi i casi dell’ATI e della GKN), si mantiene altissima la disoccupazione e la sottooccupazione, si estende la precarietà specie a livello giovanile, ed i salari di gran parte della popolazione lavoratrice si mantengono molto bassi incrementando l’ingiustizia sociale.
In politica estera la fedeltà agli USA e alla NATO è totale. Basterà ricordare l’esempio della Siria, di cui l’Italia fino a 11 anni fa, prima dell’inizio della crisi, era il principale partner economico europeo (così come nel caso analogo della Libia). Grazie all’aiuto della Russia ed alla capacità di resistenza del suo esercito e del suo popolo, la Siria ha sconfitto i jihadisti, ha liberato gran parte del suo territorio (tranne varie zone petrolifere tuttora occupate illegalmente dall’esercito statunitense con l’aiuto dei mercenari curdi, ed altre zone ancora occupate da Turchi e dai loro alleati jihadisti), ed ha acquistato una maggiore capacità di difendersi dagli attacchi israeliani; ma il governo Draghi ed il ministro degli Esteri Di Maio ancora si rifiutano di riconoscere quel governo e di togliere le sanzioni. Questo atteggiamento esprime la volontà degli USA di cercare di affamare la Siria, uscita quasi distrutta da 10 anni di guerra, per ottenere con le sanzioni quello che non sono riusciti ad ottenere per via militare sostenendo le milizie jihadiste antigovernative.
Purtroppo questo stato di cose durerà ancora per molto tempo. Le pittoresche contestazioni antigovernative grattano solo la superfice e fanno solo il solletico al governo che continua imperterrito la sua strada a colpi di decreti e voti di fiducia. Chi si mette contro come Di Battista (senza voler esaltare il personaggio più ricco di apparenza che di sostanza), o come persino il vecchio moderatissimo riformista Bersani, rimane ai margini. Si sente sempre più la necessità di un’organizzazione politica che rivitalizzi la “sinistra” al di là dei minimi gruppetti esistenti.
Vincenzo Brandi
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