Della serie: "Ride ben chi ride ultimo"
Esiste
un “partito di Draghi”? Esiste, esiste. Non un partito normale –
va da sé – con sedi, iscritti e organi direttivi. Ma un partito
inteso come progetto politico, come strumento per raggiungere
determinati obiettivi.
E
quali potrebbero essere gli obiettivi da centrare nell’Italia di
questo ingarbugliatissimo ultimo scorcio del 2021? Incominciamo da
quello piú immediato, piú urgente da raggiungere per i draghisti e
per i loro ispiratori: impedire che le forze politiche sovraniste
possano vincere le prossime elezioni e formare un governo che si
opponga ai desiderata dei poteri forti. Quali sono questi desiderata?
É presto detto: globalizzazione economica, mondialismo politico,
cancellazione degli Stati Nazionali attraverso l’immigrazione di
massa, e “riforme” rigoriste (dalla controriforma delle pensioni
in giú) destinate a produrre un ulteriore ridimensionamento delle
condizioni di vita delle popolazioni.
Non
é detto che questi siano gli obiettivi intimi di Mario Draghi, ma
sono probabilmente – é la mia personale “opinione eretica” –
gli obiettivi che sono perseguiti da quei poteri finanziari che su
Draghi fanno affidamento per scongiurare il pericolo di “perdere”
l’Italia. Gli stessi poteri – é sempre il mio personale punto di
vista – che intendono utilizzare Sir Drake per ricondurre
all’ovile di Washington un’Unione Europea che, negli anni della
Merkel, si é appiattita sugli interessi tedeschi, anche quando
questi divergevano (non molto, in veritá) da quelli americani.
Cosí,
dopo avere scansato le elezioni anticipate nel 2019 e dopo aver
costretto l’Italia a subire un governo che era espressione di tutte
le forze perdenti, ecco che dagli alambicchi delle
Duecento Famiglie é venuta fuori l’ipotesi Draghi. Con tutta la
grancassa della propaganda mainstream tendente a dipingerlo
come una specie di Uomo-della-Provvidenza. Cosa in veritá piuttosto
facile, in una Italia che veniva dall’esperienza di Conte,
Casalino, Arcuri, Azzolina e associati. Naturalmente, il palcoscenico
interno e internazionale é stato apparecchiato in modo da fornire
uno scenario ideale alla performance dell’uomo del Britannia: lodi
e sbrodolamenti, ossequi al suo prestigio planetario, esaltazione di
una risalita del PIL invero non sconvolgente, atteso che si veniva
dai valori sottozero dell’anno precedente.
Il
quadro politico, poi, é stato rimodulato in modo da offrire a Sir
Drake una prateria su cui scorrazzare a piacimento: non solo la
Sinistra, sempre pronta a sostenere tutte la battaglie dell’estrema
Destra economica; non solo i rimasugli di un Centro alla ricerca di
impossibili rivincite; ma anche i “moderati” di una Destra che da
tempo remavano contro la linea dei rispettivi partiti: Giorgetti e i
suoi nella Lega, e in Forza Italia quel corazziere pentito di
Brunetta che é convinto di essere un genio della politica.
Il
disegno é chiaro: togliere qualche cosa a destra, e trasferirla al
centro, per confluire insieme ai centristi dell’ala sinistra
(Renzi, Calenda & Co) in un vagheggiato “Grande
Centro”. Dove il “grande” sembra quasi una battuta di spirito,
considerato che al centro sono tutti piccoli quanto a voti. E
considerato altresí che, in politica, non é mai successo che
dall’unione di varie debolezze sia venuta fuori una forza. Lí
l’unico che abbia un peso politico specifico é Renzi. E Renzi mira
soltanto a sopravvivere lui, e non gliene frega niente dei sogni di
gloria di Brunetta e degli equilibrismi scenici di Giorgetti.
Ma a chi tira le fila dell’ectoplasmatico “partito di Draghi”
la cosa non importa affatto. Il loro progetto non é quello di creare
una grande forza politica. A loro basta un similpartito lillipuziano
“né di destra né di sinistra”, purché sia in grado di
sottrarre alla Destra anche pochissimi voti, quel tanto che sia
sufficiente ad impedirle la vittoria.
La
manovra, questa volta, non va giú a Silvio Berlusconi. Non che lui
sia pregiudizialmente contrario all’ipotesi di un piccolo grande
centro; potrebbe tornargli utile anche per mimetizzare il previsto
crollo di Forza Italia, che secondo alcuni si attesterá ben al di
sotto dello striminzito 8% che ancora le attribuiscono i sondaggi
ufficiali.
Non
che il Cavaliere sia contrario, dicevo. Ma adesso una prospettiva del
genere farebbe naufragare definitivamente il suo sogno (proibito?) di
diventare Presidente della Repubblica. Per inseguire questo sogno ha
bisogno, ha assolutamente bisogno che non venga meno un solo voto
dell’attuale schieramento parlamentare di centro-destra; in modo da
poter dedicarsi tranquillamente a ricercare i voti mancanti nella
magmatica palude dei “responsabili” di turno. Dai palazzi
giungono i rumors piú strani. Secondo alcuni, addirittura, i
voti mancanti per il Cavaliere potrebbero arrivare anche dall’area
renziana; area – si ricordi – che va ben al di lá di Italia
Viva, comprendendo anche molti parlamentari del PD, molti piú di
quelli che obbedirebbero a Enrico Letta. Stando a queste voci (si
tratta soltanto di voci...) per il Segretario dem potrebbe anche
arrivare un Enrico-stai-sereno numero 2.
Naturalmente,
siamo nel campo della fantapolitica. Tutto sta a vedere se Sir Drake
raccoglierá l’offerta di Berlusconi: non candidarsi al Quirinale,
dietro promessa di restare a Palazzo Chigi fino al 2023.
Intanto,
Draghi é uscito allo scoperto, sposando ufficialmente le posizioni
della (pseudo) Sinistra: l’immigrazione non puó essere ostacolata perché é
inevitabile, e i pensionati devono scordarsi quota 100.
A
questo punto, non posso fare a meno di chiedermi: per quale dannato
motivo la Destra – cioé il risorto asse Meloni-Salvini –
dovrebbe favorire i progetti quirinalizi del Cavaliere? Per fare un
favore a Giorgetti e Brunetta? O per sorbirsi altri due anni di
sbarchi selvaggi e di inchini a Bruxelles?
Possibile
che Giorgia e Matteo non comprendano che, anche se il Cavaliere
dovesse farcela, sarebbe da pazzi concedere ai poteri forti altri due
anni di tempo per erodere le posizioni della Destra, per infiltrare
agenti provocatori, per sfruttare le frustrazioni di qualche caporale
che aspira a diventare generale?
Michele Rallo