domenica 22 ottobre 2017

Altro sbruffone, altro insuccesso. Renzie: il treno che non tira


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È brutto ridere delle disgrazie altrui, ma come si fa a non sogghignare di fronte allo show di un tizio che si crede un trascinapopolo, affitta un treno per girare l’Italia, si fa fotografare a bordo mentre pensa, progetta, elabora piani per il futuro, e nelle stazioni, quando gli dice bene, viene ignorato, oppure, anche quando è assente, perché è tornato con l’auto blu a Roma a rilasciare interviste con cui impunturare la risibile impresa, viene insultato, e ciononostante continua imperterrito a glorificarsi sui social con immagini di un inesistente sé stesso assurto alla gloria?

L’agenzia di comunicazione a cui Renzi ha affidato la campagna di “Destinazione Italia”, il grottesco tour su treno speciale Trenitalia per 108 province (quelle che lui voleva abolire), deve aver ricevuto il seguente mandato: restituire l’immagine di un leader fresco, vincente, dinamico, che non ha governato l’Italia per tre anni, non ha perso tutte le elezioni possibili tranne quelle prima delle quali ha promesso 80 euro, è amato dalla gente perché si oppone al Sistema ma è anche contestualmente “l’argine contro i populisti” (questo insieme a B., che è tutto dire).


Come fossero amici nostri, non suoi, gli squali della finanza, i banchieri e i padroni delle ferriere, come non avesse lui usato soldi pubblici per distribuire bonus a categorie fantasiose (ma non a chi non ha niente), come se non fosse da sempre d’accordo con B., al quale avrà promesso la revisione della Severino e regalato una legge elettorale su misura, e i cui interessi ha sempre curato grazie al trojan nel governo rappresentato da Verdini.

Ecco allora nei primi tre video di “Destinazione Italia” un Renzi-non Renzi sotto Ovomaltina che corre su una pista di atletica; dà una testata a un pallone; visita la tomba di Aldo Moro; dà il cinque agli anziani; si fa un selfie coi millennials; bacia bambini; parla con le cuoche; si allaccia una scarpa; si selfa con Richetti nei luoghi di Leopardi, al quale, poveraccio, mancava solo questa. La solita frittura per “uscire dal chiacchiericcio della politica romana”, a cui lui è notoriamente estraneo, come dice a una platea di quattro gatti facendo scintillare un orologione tipo quadro Tecnocasa che potrebbe essere pure il Rolex sgraffignato ai sauditi.

La parola chiave è “ascolto”: specie nei luoghi del terremoto, dove noi, non lui, avevamo promesso di ricostruire tutto. Venti milioni di No non sono bastati, da quell’orecchio lui non ci sente, del resto ama stare “in mezzo alla gente, tra le gente”, evidentemente due cose distinte, ma comunque “lontano dai Palazzi”, dove si è premurato di lasciare emissari che agiscono per conto suo.

Così mentre su Bankitalia diceva la sua persino Luca Lotti, in qualità s’immagina di ministro dello Sport, lui su Instagram postava di “una giornata ricca di incontri, emozioni, chiacchiere” insieme a Bonifazi, ex fidanzato della Boschi e socio di un fratello Boschi ergo, per la sua neutralità, membro della Commissione che indaga sui tracolli delle banche tra le quali quella vicepresieduta da babbo Boschi. Prudentemente lasciata a terra lei, la Evita Perón di Laterina, come si sa non molto amata nelle province specie toscane.  Renzi la manovra dal treno o forse è lei a manovrare lui da terra facendosi i beati affari suoi nel Palazzo. 

Espunte dal montaggio le scene di Renzi a Polignano: “Signora come sta?”. Risposta: “Come a mammeta”. Grida di “buffone”, “maledetto”, “chi te l’ha pagato il treno?” anche a Vasto, dove dal treno non scende nessuno ed è Renzi.

Il treno del Pd è la prova morente che Renzi non ha idee se non tornare al potere. Nel suo mondo pubblicitario le immagini sono una resa semplificata della realtà, come nello spot del colesterolo: hanno il solo scopo di presentare il prodotto, scemi noi se ci crediamo.

Daniela Ranieri  

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(FQ 22 ottobre 2017)


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