L'intervento che segue di Marcello Foa, noto giornalista italo-svizzero presidente del più grande gruppo editoriale della Svizzera Italiana, è uno dei pochi che rivela tutti i retroscena del conflitto di poteri all’interno degli apparati statali ed economici americani, che ricorrono a qualsiasi mezzo, anche il più patetico e meschino, per conseguire i loro obiettivi, che in questo caso è screditare Trump agli occhi dell’opinione pubblica internazionale.
Non escluderei che pervengano anche ad inventarsi anche qualche procedura di impeachment (vedasi recentemente il Brasile) e se non funzionasse si può sempre ricorrere ad una morte prematura, magari procurata da un incidente o una malattia “provvidenziale”.
Il motivo è presto detto, e non è da far risalire al fatto sostenuto da ingenui commentatori, che Trump non faccia parte dell’establishment (come potrebbe un plurimiliardario non farne parte?), ma al fatto che non ha alcun interesse nel gigantesco apparato economico militare USA, e non è guerrafondaio.
Tradotto in soldoni c’è il rischio concreto che con Trump vi saranno tagli alle spese militari, che sono quelle che reggono l’economia americana, che è appunto guerrafondaia.
Potrebbero saltare centinaia di “progetti” nel settore (nuovi sistemi d’arma e dotazioni tattiche) e riduzione drastica del rinnovamento e sostituzione dei mezzi militari, dagli aerei alle navi, dai sottomarini ai sistemi missilistici, oltre al ridimensionamento di quell’enorme settore dei contractors, cioè gli eserciti privati ad alto valore lucrativo che sostituiscono i militari in operazioni “sporche”, di guerra e sicurezza, e di conseguenza (ANCORA PIU’ LUCRATIVE) i general contractors, cioè le grandi commesse per la costruzione o ricostruzione di strutture o infrastrutture, ecc., commesse per migliaia di miliardi di dollari nell’arco di una legislatura presidenziale, che senza una guerra permanente non potrebbero prosperare.
Per costoro (che sono prevalentemente i c.d. neocons) finché c’è guerra c’è speranza!
Claudio Martinotti Doria
Sempre più sporca la guerra a Trump
Attenzione: lo scontro fra Trump e l'establishment americano ha raggiunto livelli inimmaginabili. Mentre la maggior parte dei media europei titola su Trump che avrebbe riconosciuto che "la Russia è dietro gli hacker", enfatizzando un'ammissione che in realtà è generica e chiaramente recalcitrante (Trump ha ammesso che anche la Russia ha svolto attività di hacking negli Usa, sai che novità!, cosa ben diversa dall'ammettere che dietro tutte intercettazioni ci fossero i russi allo scopo fosse di farlo vincere), la vera notizia di ieri è la scoperta che le prove dei legami "indecenti" fra il neopresidente e il Cremlino è un falso clamoroso.
Un falso che i servizi segreti americani hanno certificato e trasmesso volontariamente alla stampa, in circostanze degne di un film di Hollywood. Riassumo brevemente.
L'11 gennaio 2017 il sito Buzzfeed ha pubblicato il rapporto Top Secret di 35 pagine che era stato consegnato a Obama e a Trump nei giorni scorsi. La lettura di questo documento è interessante anche perché emerge come Trump abbia rifiutato le lucrative proposte di business formulate dal Cremlino. Ovvero: se davvero c'è stato un tentativo di corruzione non è andato a buon fine per stessa ammissione dei servizi americani. Non è un dettaglio secondario, ma quasi nessuno lo ha evidenziato.
L'aspetto che invece ha attirato l'attenzione dei media è, come era facile immaginarsi, quello più boccaccesco. Eh sì, Trump sarebbe stato fotografato e filmato in una stanza di un hotel di Mosca con diverse prostitute mentre si prodigava in attività sessuali estreme, da pervertito, come quella della "pioggia dorata". Accuse, si precisa nel rapporto, provenienti da una fonte attendibile.
Lo scoop di Buzzfeed è stato ripreso dalla Cnn ed è diventato istantaneamente mondiale. E che scoop: roba da Guerra Fredda. Il Kgb che filma la sua preda nella stanza dell'albergo e lo ricatta! Peccato trattasi di una fregnaccia.
La fonte attendibile è un ex agente britannico, nel frattempo è uscito anche il nome, Chris Steele. E dove ha pescato la notizia? Da un infiltrato nell'intelligence russa? Da un testimone oculare del fatto? Macché, ha ripreso un commento pubblicato su 4chan un sito, molto conosciuto, sulla cui bacheca gli internauti si scambiano messaggi anonimi. Peccato che quella "notizia" in realtà fosse una bufala scritta da un "troll" che, come ammesso ieri, non immaginava potesse andare così in alto.
E Steele cosa fa? La trasmette niente meno che a John McCain, ex contendente di Obama alle presidenziali di Obama nel 2004 e da sempre un pezzo grosso del Partito Repubblicano, il quale candidamente ammette: "Ho ricevuto queste delicate informazioni l'anno scorso, e le ho passate al direttore dell'FBI in quanto incapace di valutarne l'accuratezza", omettendo, però, un dettaglio importante. Steele era stato incaricato di preparare un dossier da alcuni nemici di Trump, verosimilmente repubblicani (il New York Times parla di un misterioso miliardario). Secondo il principe dei giornalisti americani Carl Bernstein, uno dei due autori dell'inchiesta del Watergate, i mandanti sarebbero altri e trasversali. Scrive che "l'ex agente britannico del MI6 a Mosca, assoldato da una ditta di opposizione politica a Washington, che faceva le ricerche per [smerdare] Donald Trump sia per i candidati democratici, sia per quelli repubblicani ostili a Trump" come ricorda un giustamente indignato Maurizio Blondet nel suo blog.
Chiunque sia il mandante, il fatto gravissimo è che una bufala sia stata recepita e autenticata senza ulteriori riscontri dai servizi di sicurezza americani, inclusa l'Fbi, i cui i vertici hanno incontrato nei giorni scorsi Trump e Obama per metterli al corrente dell'imbarazzante e delicatissimo dossier.
Così delicato, così segreto che Obama e/o i capi dei servizi non hanno mancato di passare ai media, secondo le tecniche di spin che descrivo da tempo ovvero usando come canale principale un sito popolare ma non del tutto autorevole come Buzzfeed, subito ripreso dalla tv che da 30 anni ha il potere di farsi ascoltare in tutto il mondo: la Cnn.
Da qui l'attacco durissimo di Trump che ieri in conferenza stampa ha attaccato la Cnn accusandola di produrre fake news, parlando di "metodi nazisti in America". [youtube m5gSTa8O17c]
E per dimostrare che a passare le informazioni alla stampa sono stati l'intelligence o l'attuale Casa Bianca, nella notte ha rivelato di aver tenuto per sé i contenuti del briefing con Obama e i vertici della Sicurezza. Nemmeno la sua assistente storica ne era al corrente. Dunque è provato che le dritte sono state pilotate dalla stesse agenzie di intelligence o dalla Casa Bianca.
Dossieraggio, finti scoop pilotati, accuse di usare metodi nazisti. Non stiamo citando House of Cards e nemmeno frangenti di una campagna elettorale, che è finita da un pezzo. Assistiamo a qualcosa di molto più grave, a una vera e propria faida all'interno delle istituzioni degli Stati Uniti d'America. Per la precisione, come ha scritto Glenn Greenwald, un giornalista di sinistra e famoso per aver trasmesso al mondo le rivelazioni dell'ex agente Snowden, il Deep State, lo Stato Profondo, ha dichiarato guerra al presidente eletto. Greenwald non è certo un simpatizzante di Trump e ne diffida ma il suo giudizio è perentorio.
In un articolo appena pubblicato, ricorda il famoso discorso di commiato di Eisenhower, in cui l'allora presidente denunciava l'influenza dell'apparato militare industriale, affermando che: Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l'acquisizione di influenze, prive di garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l'ascesa disastrosa di tali poteri esiste e persisterà in futuro.
Greenwald avverte che a voler fermare Trump è proprio quell'apparato, con la complicità del Partito democratico e di ampie partiti di quello repubblicano.
L'ho già scritto e lo ribadisco: è una crisi senza precedenti nella storia recente degli Stati Uniti, in cui per la prima volta da molti decenni, un presidente osa sfidare il più influente dei centri di potere del Paese, a cui lui, pur essendo "di destra" non appartiene. E la sua non è una battaglia solitaria. Con lui ci sono molti alti funzionari che non si riconoscono più in quel centro del potere.
Solo considerando questo aspetto che è fondamentale e che in questi frangenti sovrasta qualunque altra considerazione, ad esempio sulle nomine di Trump (a mio giudizio non tutte coerenti e men che meno convincenti) si può capire la portata del momento storico che sta vivendo l'America e dal cui esito dipenderanno i destini del mondo.
Non finisce qui, temo.
Marcello Foa - Corriere del Ticino