Assad
non ha armi chimiche nel suo arsenale, esattamente
come non le aveva Saddam.
L’uno e l’altro erano semplicemente degli ostacoli sulla strada
del “Grande Medio Oriente” disegnato dalla strategia mondialista
dei poteri forti, fortissimi che comandano a Washington come a Tel
Aviv, come in certe monarchie petrolifere del Golfo.
Ma
torniamo alle armi chimiche, che i paesi industrializzati hanno
regolarmente utilizzato fino alla guerra cino-giapponese (1937-45),
continuando poi a produrle ed a stoccarle sin quasi alla fine del
secolo scorso. Dal 1997 sono state messe al bando da una Convenzione
Internazionale sulle Armi Chimiche,
ma alcuni paesi (compresi gli USA) non si sono sbarazzati di tutte le
rimanenze, ancorché senza più farvi ricorso.
L’ultimo
paese a fare uso di aggressivi chimici è stato negli anni ’80
(quindi prima del bando) l’Iraq di Saddam Hussein, al tempo
sostenuto dagli Stati Uniti nella sua guerra contro l’Iran
komeinista e contro la dissidenza kurda filoiraniana. Da allora, le
armi chimiche sono state utilizzate soltanto da gruppi terroristici,
e con non poche difficoltà: l’unico episodio notevole è stato
quello dell’attacco con gas sarin
alla metropolitana di Tokio nel 1995 (12 morti e 5.000 intossicati).
Fin
qui la “scheda tecnica”. Venendo invece all’attualità
politica, v’è da dire che – quando la Siria nel 2011 fu invasa
da potenze straniere che si celavano dietro i “ribelli” –
furono in molti a sperare che Assad potesse far ricorso alle armi
chimiche, in modo da avere il pretesto per un “aiutino” un po’
più esplicito ai tagliagole (come in Libia). Ma, poiché il
Presidente siriano si guardava bene dal farlo, ecco che –
provvidenzialmente – un episodio del genere ebbe comunque a
verificarsi nel 2013. Se nonché emerse chiaramente che ad usare le
armi chimiche non era stato Assad, bensì “l’esercito degli
insorti”, probabilmente allo scopo di offrire una scusa ad Obama
per ripetere le gesta di Libia. Lo
disse anche la magistrata elvetica Carla Del Ponte, ex procuratore
del Tribunale Penale Internazionale per i crimini di guerra in
Jugoslavia e, all’epoca, componente autorevole della commissione
ONU che indagava sui crimini di guerra in Siria: «Stando
alle testimonianze che abbiamo raccolto
– dichiarò la Del Ponte – i
ribelli hanno usato armi chimiche.»
E ancora: «Per
quanto abbiamo potuto stabilire, al momento sono solo gli oppositori
al regime ad aver usato il gas sarin.»
Il Premio (ig)Nobel per la Pace fu quindi costretto a richiamare i
bombardieri ed a fare buon viso a cattivo gioco.
A
quel punto, onde evitare che qualcuno potesse ripetere il trucchetto,
Assad si sbarazzò di tutte le armi chimiche che erano ancora
conservate negli arsenali siriani. Americani e russi si accordarono
perché gli ordigni venissero consegnati ad un custode certo non
amico di Assad, la NATO, che nel giugno 1994 li imbarcò su una nave
danese appositamente attrezzata, e li diede alle fiamme in pieno
Mediterraneo (suscitando anche le proteste degli ambientalisti).
Peraltro – ricorda in questi giorni Giulietto Chiesa – l’avvenuta
consegna fu certificata anche dall’allora portavoce del Pentagono,
John Kirby.
Dunque,
dal
giugno 1994 la Siria non possiede armi chimiche.
Ma,
allora, chi – il 4 aprile scorso – ha fatto esplodere l’ordigno
chimico a Idlib? La risposta logica non può essere che una: gli
stessi che fecero il servizio tre anni fa, e cioè i “ribelli”,
con il medesimo obiettivo: giustificare un intervento americano.
Allora si sussurrò che a fornire armi chimiche ai tagliagole fossero
stati i servizi segreti turchi. Ma si disse anche che quelle armi
provenissero dai servizi americani: eravamo in piena stagione
mondialista, con la Clinton al Dipartimento di Stato; e gli USA –
si ricordi – non avevano (e non hanno) dismesso il proprio arsenale
chimico. Tutte voci di corridoio – naturalmente – senza elementi
che potessero essere oggettivamente riscontrati.
In
questa occasione, ragionevolmente, i fornitori potrebbero essere
stati gli stessi di tre anni fa. Ma – con ogni probabilità – non
lo si saprà mai con certezza.
La
cosa incredibile è che oggi, dopo la figuraccia del 2013, il
Presidente americano abbia fatto partire una rappresaglia. E con
tanta fretta, prima che una qualunque inchiesta dell’ONU potesse
dimostrare che, anche questa volta, si era trattato della solita
bufala ad uso dei creduloni.
Ma,
a ben guardare, c’è anche un’altra differenza fra i due casi:
allora c’era un Presidente che era in piena sintonia con l’ambiente
bellicista delle “primavere arabe” e delle “rivoluzioni
colorate”; oggi c’è un Presidente che in campagna elettorale
s’era impegnato ad abbandonare quel mondo ed a cooperare con la
Russia per distruggere l’ISIS e debellare il terrorismo.
Teoricamente,
quindi, Trump avrebbe dovuto essere certamente più prudente di
quanto non lo fosse stato Obama tre anni or sono. E, invece, è stato
esattamente il contrario: missili sulla Siria, con obiettivo reale la
Russia.
Il
neo-presidente americano, evidentemente, è passato dall’altro lato
della barricata. Là dove sono i “filantropi” che sognano la
terza guerra mondiale.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
Commento- Integrazione di Paolo Sensini:
RispondiElimina"Quando i Padroni del Discorso accusano chiunque di presunte nefandezze compiute, c'è ben poco da fare. L'iniziativa è esclusivamente loro, e a tutti gli altri non resta che abbozzare una qualche difesa, se ne sono capaci. Prendiamo il caso degli Stati Uniti e dei loro numerosi reggicoda. Durante la prima guerra nel Golfo (1991), hanno esploso circa 300 tonnellate di uranio impoverito, che sprigiona una polvere radioattiva altamente tossica e con dei tempi di decantazione lunghissimi. Bombe e proiettili all'uranio impoverito sono stati massicciamente usati anche in Bosnia-Erzegovina (1992-1994), nei 78 giorni di bombardamenti voluti da Bill Clinton durante la guerra del Kosovo nel 1999 (in Italia, dalle cui basi partivano gli attacchi, era al governo Massimo D'Alema), nell'Operazione Enduring Freedom e Anaconda in Afghanistan (ottobre 2001-marzo 2002), e da ultimo nell'Operazione Odyssey Dawn e Unified Protector in Libia (marzo-ottobre 2011). Ma nessun Paese o Tribunale Penale internazionale ha mai osato chiedergli conto del loro operato. Secondo Francesco Palese, giornalista responsabile del sito Vittimeuranio.com e portavoce della medesima Associazione, «tra i soli militari italiani dislocati in varie zone di guerra vittime dell'uranio impoverito arriviamo a contare 216 morti, ma è un dato ancora parziale». Figuriamoci il numero di tutti coloro che sono stati esposti direttamente o anche indirettamente ai massicci bombardamenti americani. Ma è sempre il governo degli Stati Uniti che, ovunque, mette sotto inchiesta gli altri Paesi svolgendo contemporaneamente tutti i ruoli in commedia: accusa, giudizio e condanna. L'ultimo esempio è di questi giorni in Siria, dove non esiste uno straccio di prova di bombe o aggressivi chimici riconducibili alle truppe regolari, anzi tutte le evidenze s'indirizzano ai tagliagole islamici sostenuti dalla coalizione guidata da Washington e Tel Aviv, ma ciononostante il governo di Bashar Assad è sotto schiaffo della "comunità internazionale". È la democrazia, bellezza!"
Commento di Ireo Bono:
RispondiElimina“...avevamo ragione a non credere all'impiego dei gas tossici da parte di Bashar al-Assad il 4 aprile a Khan Sheikoun. In un articolo di oggi (14 Aprile) di Enrico Piovesana su 'Il Fatto Quotidiano' :- Gli 007 americani smentiscono il Presidente- danno del bugiardo a Trump l'ex capo degli ispettori Onu sulle armi di distruzione di massa, Scott Ritter, l'ex capo di Gabinetto del Segretario di Stato Colin Powell, Lawrence Wlkerson, decine di agenti della Cia, della Nsa e dell'intelligence militare e perfino l'ex ambasciatore britannico in Siria, Peter Ford. Le bombe di Assad hanno colpito un deposito chimico di al-Nusra. A questo punto Trump, il nostro Presidente del Consiglio, Gentiloni, ed Angela Merkel dovrebbero chiedere scusa ad Assad per le false accuse ed il bombardamento missilistico.”