Il Sultano ha disatteso tutti gli accordi sul disarmo dei ribelli alqaidisti e ora minaccia d’intervenire militarmente per bloccare l’offensiva governativa nella provincia di Idlib. Gli Usa ne approfittano per rilanciare l’alleanza con Ankara e ritardare la pacificazione siriana.
Ora siamo alla resa dei conti. I complessi negoziati tessuti negli ultimi tre anni da Vladimir Putin per raggiungere un’intesa con il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, conseguire il disarmo dei ribelli jihadisti e arrivare alla pace in Siria sono vicini al punto di rottura. L’uccisione di sei soldati e di un civile di Ankara colpiti mentre si muovevano in territorio siriano senza aver segnalato la propria presenza a Mosca e Damasco ha innescato una rappresaglia turca costata la vita ad una settantina di soldati governativi. La pesante “escalation” sta dimostrando i limiti degli accordi di Sochi del 2018 con cui i turchi s’impegnarono a disarmare i ribelli e a farsi carico della loro neutralizzazione.
Sfruttando gli accordi per la creazione di punti di osservazione all’interno di Idlib la Turchia si è garantita una presenza stabile sul territorio siriano, ma si è ben guardata dal disarmare i ribelli. Le forze islamiste più vicine ad Ankara sono state trasformate in milizie mercenarie e utilizzate per combattere i curdi nel nord est del paese e, in Libia, per difendere gli interessi turchi e il governo di Tripoli. Tutta la parte settentrionale e occidentale di Idlib resta però nelle mani di Tahrir al Sham, conosciuta un tempo come Jabhat al Nusra, ovvero la costola siriana di Al Qaida. Ad oggi i turchi si sono ben guardati dal disarmarla e, tanto meno, dal costringerla ad abbandonare i territori siriani. Anche perché questo significava trasferire sui propri territori 12mila incontrollabili veterani jihadisti.
In compenso i cosiddetti “posti di osservazione” turchi si sono trasformati in forze d’interposizione pronte a bloccare l’offensiva siriana contro Tahrir al Sham. La conferma di un sostanziale doppio gioco di Ankara decisa ad annettersi i territori di Idlib lungo il proprio confine è confermata dal progetto per la costruzione, sul versante siriano, di un migliaio di case in cui trasferire gli sfollati che affollano i campi profughi turchi. Un progetto a cui la Germania, ricattata con la minaccia del dirottamento dei migranti sulla rotta balcanica, contribuirà con 25 milioni di euro.
In questo contesto - abbastanza paradossale visto che Idlib resta territorio siriano - riecheggiano le minacce di un Erdogan pronto all’intervento contro le truppe siriane in caso di mancata sospensione dell’offensiva anti Al Qaida entro la fine di febbraio.
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L’evidente volontà turca di tenere un piede dentro la Siria impedendone la riunificazione e quindi la pacificazione sta facendo perdere la pazienza a Vladimir Putin che, non a caso, ha garantito a Damasco il via libera all’offensiva sulla città di Sarakib, difesa da Tahrir al Sham e circondata da postazioni di Ankara. Il sanguinoso scontro siriano turco verificatosi proprio lì rivela dunque la crescente insofferenza del Cremlino per il mancato rispetto degli impegni da parte di Erdogan. Il presidente russo sa bene di non potersi fidare. In fondo son passati meno di cinque anni da quando il malcelato appoggio turco all’Isis in Siria e l’abbattimento di un cacciabombardiere di Mosca portarono Russia e Turchia ad un passo dallo scontro armato. Putin a quel tempo si guardò bene dall’accennare ad una reazione armata capace di regalare al Sultano la solidarietà della Nato, ma lo mise alle strette con un pesante embargo commerciale ed energetico.
L’isolamento della Turchia dopo la pesante repressione seguita al tentato golpe dell’estate 2016 fecero il resto spingendo Erdogan a cercare il riavvicinamento a Mosca. Putin non si tirò certo indietro. Il riavvicinamento, oltre ad aprire le porte ai negoziati per una soluzione non solo militare del conflitto siriano, apriva un solco in quel fronte della Nato di cui la Turchia è sempre stata un caposaldo. Un fronte ulteriormente incrinato grazie alla decisione turca di acquistare i sistemi di difesa antiaerea russa rinunciando ai Patriot americani e, successivamente, dall’attacco alle posizioni curde nel nord est della Siria. Ora però Putin si chiede se valga la pena continuare un rapporto con un Sultano poco disponibile a rispettare i patti.I giochi di Erdogan oltre a rallentare la cacciata dei ribelli rendono assai complesso quel processo di riconciliazione nazionale indispensabile per rivendicare una vera pacificazione del paese. Un obbiettivo a cui Putin non può rinunciare.
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L’intervento in Siria oltre a contrassegnare il ritorno della potenza russa sugli scenari internazionali rappresenta anche una sorta di esperimento, fin qui discretamente riuscito, rispetto ai fallimenti inanellati da Usa e Occidente in Afghanistan, Iraq, Libia. Rompendo sulla Siria Mosca rischia però di restituire la Turchia agli Usa. Un’opportunità che Washington sta già valutando. Per capirlo bastano le recenti dichiarazioni del Segretario di stato Mike Pompeo sull’escalation di Idlib. “L’azione destabilizzante della Russia, del regime iraniano, di Hezbollah e del regime di Assad – dichiara Pompeo il 27 gennaio - impedisce un cessate il fuoco su scala nazionale e il sicuro rientro di centinaia di migliaia di sfollati alle proprie case nella Siria settentrionale”. Una dichiarazione seguita il 3 febbraio dalla piena solidarietà ad Ankara dopo gli scontri costati la vita a sette uomini di Ankara e ad oltre settanta di Damasco. “Stiamo con la Turchia nostro alleato nella Nato, inviamo le nostre condoglianze al governo turco per la morte dei propri militari e – dichiara Pompeo - ne appoggiamo pienamente l’azione di auto difesa”.
Parole a cui Mosca risponde, indirettamente, ricordando che Al Qaida rimane un obbiettivo legittimo in quanto Idlib fa parte dei territori di una Siria che ha non solo il diritto, ma il dovere di combattere i militanti jihadisti. Grazie alle ambiguità e alle doppiezze di Erdogan Idlib minaccia, insomma, di diventare il nuovo terreno di scontro tra la Nato e la Russia regalando ad Al Qaida l’inatteso ruolo di alleato degli Stati Uniti.
Fonte: https://it.sputniknews.com/opinioni/202002088695551-siria-putin-e-erdogan-alla-resa-dei-conti/
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