sabato 12 febbraio 2011

Le città fantasma cinesi come risposta al previsto crollo dell'economia americana (la supremazia USA è persa ormai da tempo)



Città cinesi sulla carta, popolate da abitanti di carta...

Prefazione di Claudio Martinotti Doria

La Cina sta convertendo in materie prime le enormi riserve di dollari di cui dispone, oltre che in metalli preziosi come oro ed argento, acquisisce commodities da destinare soprattutto alla costruzione di intere città ben pianificate ed addirittura eleganti urbanisticamente. Ne sono previste oltre duecento da un milione di abitanti ed una trentina di metropoli, che per il momento rimangono praticamente vuote oppure occupare in minima parte ...

Infatti vengono definiti dagli analisti occidentali "città fantasma". Probabilmente è una risposta autarchica politico economica, pianificata dalla leadership politica cinese, al previsto crollo dell'economia americana, sapendo che presto il dollaro perderà la sua ormai marginale credibilità e leadership finanziaria. Ma non si limitano all'autarchia, infatti La Cina sta comprando quantità impressionanti di terreni agricoli e siti minerari in Africa da destinare alla produzione alimentare, sta rilevando congrue percentuali di titoli stati del sud Europa (soprattutto degli stati in difficoltà), sta ampliando le infrastrutture logistiche commerciali turche e sta investendo in quote di proprietà delle migliori industrie europee ed americane. Inoltre sta rilocalizzando all'interno del suo territorio gli insediamenti umani e produttivi in base alle previsioni e proiezioni avveniristiche degli scenari mondiali, predisponendo le condizioni per garantirsi quote sempre maggiori di esportazione, dimostrando una lungimiranza e capacità di pianificazione di lunghissimo periodo che da noi in Occidente è estinta da tempo.

Come suggerisco ormai da parecchi anni, dite ai giovani di studiare come seconda lingua il mandarino standard al posto dell'inglese

 …..................

I fantasmi cinesi hanno una casa
Di Enrico Verga

A Chongqing, la "nuova frontiera" dell’urbanizzazione cinese, blocchi di alti edifici fioriscono dove prima si trovavano rigogliose risaie; ferrovie e autostrade marchiano il nuovo territorio senza tener presente le colline e i fiumi che attraversano.

Ovunque le colline vengono livellate, le valli e i canyon riempiti per poter far spazio al piano edilizio volto a costruire abitazioni per 2 milioni di cittadini. Queste le stime di urbanizzazione ufficiali definite dallo stato.
Questa è la Cina che McKinsey & Co descrive quando prevede che la nazione costruirà una "nuova Chicago" ogni anno per le prossime due decadi, oltre 1500 nuovi grattacieli superiori ai 30 piani. Entro il 2025, si legge nel rapporto, la Cina avrà 219 città con una popolazione superiore al milione di persone e 24 città più grandi dell’attuale Sidney. In luoghi come Chongqing il viaggio da contadini a cittadini, pronti a godere dei molteplici benefici del mercato globale, è ancora in divenire.

I piani edilizi prevedono che ogni edificio più alto di 5 piani debba possedere una struttura rinforzata di acciaio. L’acciaio è fondamentale per i binari delle ferrovie e per le autostrade. Ogni tonnellata di acciaio richiede circa 1,6 tonnellate di minerale ferroso e 850 chili di carbone ad alta qualità di combustione per alimentare le fonderie.

La Cina investe nella Cina. La scelta di utilizzare le riserve in dollari per incrementare le scorte di materie prime necessarie alla sviluppo nazionale è uno dei metodi più rilevanti per "alleggerire" il carico di valuta straniera detenuto nelle casse statali a favore di beni materiali il cui prezzo, con la guerra delle valute, rischia di crescere di anno in anno.

Tuttavia questa strategia sembra generare delle aberrazioni, situazioni di sviluppo che, per gli standard occidentali, risultano essere completamente illogiche.
Il nuovo distretto urbano di Ordos, in prossimità dell’omonimo deserto, è un esempio di questo fenomeno. Vista dal satellite la città ha un design elegante: edifici abitativi raggruppati in quartieri con una valida pianificazione stradale, ampli viali, scintillanti edifici governativi, parchi. C’è solo un elemento mancante: i cittadini.

La città stenta a popolarsi pur sita in una delle zone più ricche, per risorse naturali, della Cina. I soli abitanti sono i funzionari locali che regolarmente si recano nei nuovi palazzi del governo.

Erenhot, sita nell’interno, ai confini con la Mongolia, è una ridente cittadina che ospita un parco turistico dedicato ai dinosauri. La città ospita il terminal della linea ferroviaria Trans Mongolia. I convogli devono cambiare carrozze qui, data la differenza dei binari tra lo standard cinese e lo standard mongolo (originato da quello russo).

Pur essendo un naturale centro di commercio con la vicina Mongolia solo il 40% delle unità abitative risultano occupate, pur avendo una rete stradale cittadina articolata che connette i differenti quartieri abitativi semi deserti e le future aree residenziali ancora da costruire.

L’elenco delle città carenti di abitanti è lungo e spazia da interi blocchi urbani -sorti vicino alle già esistenti cittadine, come il nuovo distretto di Zhengzhou- alle "cattedrali nel deserto" di Dantu e Kangbashi.
La visione capitalista occidentale difficilmente può spiegare questa situazione. L’analisi del rapporto di McKinsey & Co delinea uno scenario di crescita e investimenti in linea con gli standard comunemente dati per assunti in occidente.

Si parla spesso di bolla dell’edilizia cinese, le trasmissioni finanziarie non esitano a delineare prossimi crolli del mercato immobiliare cinese. Per quanto le "bolle", sin dai tempi dei bulbi di tulipano olandesi, siano un fenomeno ricorrente, ci sarebbe un altra prospettiva che potrebbe essere interessante esplorare al fine di comprendere le "case fantasma" cinesi.
Osservando lo scenario mondiale e la decrescita del mercato americano viene da chiedersi se la Cina, che galleggia su un oceano di dollari e buoni del tesoro americani, non abbia compreso che sia meglio investire, forzatamente, in sé stessa piuttosto che nella decrepita economia a stelle e strisce.

La Cina, in vero, sta investendo anche in terreni agricoli e siti minerari in Africa, sta comprando parte degli ingenti debiti degli stati del sud Europa (Grecia, Portogallo, forse in futuro la Spagna), sta ampliando le infrastrutture logistiche commerciali turche.

Si può ipotizzare che la politica di sviluppo nazionale cinese si basi su 3 principi: controllo della popolazione, crescita economica interna, sviluppo infrastrutture dei distretti interni.

Questi tre principi si completano e si sostengono a vicenda: la trasformazione da contadini a cittadini permetterà di controllare più efficacemente un crescente numero di cinesi. Le decisioni di spostare verso l’interno le aziende che producono con minor efficienza e rilocalizzare sulle coste, vicini ai centri di logistica, le compagnie che creano prodotti ad alto contenuto tecnologico porterà ulteriore benessere economico ai distretti interni, giustificando la necessità di una rete di trasporti modernamente strutturata.

Egualmente le opportunità offerte dal popolamento dei centri nuovi urbani potrebbero sostenere un mercato interno e generare una domanda stabile per i beni prodotti dalle aziende cinesi.

Se si uniscono tutti questi elementi: sicurezza, crescita economica nazionale e benessere popolare, la scelta cinese di costruire città fantasma appare una scelta ben ponderata, che denota una pianificazione e una lungimiranza nazionalista che i governi occidentali, affascinati dal concetto di globalizzazione, sembrano aver perso.


Fonte: Eurasia, Rivista di Studi Geopolitici http://www.eurasia-rivista.org

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.