giovedì 12 dicembre 2019

MES. Il meccanismo "ammazzastati"


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Le crisi "viaggiano rapide, le crisi sono veloci e violente" e il Mes "rischia poi di ritardare gli interventi di politica monetaria e di far arrivare la BCE quando i buoi sono tutti scappati dalla stalla." A pensarla così è Emiliano Brancaccio, professore di Economia Politica all'Università del Sannio.
Ma non solo. Il fondo salva-stati, così come configurato, rischierebbe di aumentare l'esposizione di un Paese alla crisi economica. Un elemento di destabilizzazione, quindi, non di salvataggio.
Sputnik Italia ha approfondito questo argomento con il professor Brancaccio. 
– Lei ha definito il Mes un meccanismo di instabilità. Per quale ragione?
– Perché per come è configurato, questo istituto in realtà rischia non di contribuire alle risoluzioni di eventuali crisi, ma di aggravarle. I motivi sono diversi.
Un primo motivo verte sul fatto che questo meccanismo utilizza, come condizione di sostenibilità del debito, dei parametri che non hanno basi scientifiche. Non a caso il trattato del Mes fa riferimento ai vecchi parametri di Maastricht del 3% del Pil sul deficit e del 60% sul debito, che come la più autorevole letteratura ha dimostrato, non possono essere utilizzati per valutare la sostenibilità del debito.
In aggiunta, il testo del trattato utilizzerebbe come parametro anche il cosiddetto saldo strutturale di bilancio pubblico. Questo saldo aggrava ulteriormente i problemi perché esso viene calcolato, si dice, al netto del ciclo economico (un saldo "potenziale" calcolato al netto degli eventi esterni che possono condizionarlo, ndr), quindi , intorno a un ipotetico equilibrio caratterizzato da tassi di disoccupazione altissimi.
Per l'Italia il saldo strutturale di bilancio viene calcolato intorno ad un equilibrio che supera il 10% di disoccupazione, e per la Spagna addirittura il 20%. E' evidente che questi sono dei parametri assurdi che non hanno nessuna validità scientifica, perché considerare di equilibrio una disoccupazione superiore al 10 o al 20% è un controsenso da un punto di vista scientifico.
(l'Italia con un alto tasso di disoccupazione strutturale così determinato, avrebbe una capacità inferiore di garantire il pagamento del debito, e quindi avrà una minore flessibilità sulla spesa pubblica, quindi sarà più penalizzata rispetto a paesi con disoccupazione strutturale inferiore, ndr).
– Invece quali sarebbero le conseguenze finanziarie sul Paese?
– Nel caso in cui un paese non rispetti le condizioni di sostenibilità del debito, ed è probabile che ciò accada, parte una procedura che condiziona l'erogazione del prestito a tutta una serie di passaggi. Questi passaggi prevedono, tra le altre cose, la possibilità di ristrutturazione del debito, il che significa far pagare anche ai creditori privati una parte del salvataggio, cioé creditori non avrebbero parte del rimborso del debito o non vedrebbero pagati gli interessi che erano stati preventivati.
Questo non è in sé sbagliato. Il problema è che quando si evoca la possibilità di una ristrutturazione del debito e del coinvolgimento dei creditori privati, quel che bisogna fare è permettere contemporaneamente all'intero sistema monetario, e in particolare alla banca centrale, di erogare liquidità in massa. Solo così, anche se i creditori privati decidessero di vendere in massa i titoli per il timore di una ristrutturazione, si eviterà una ondata di ribassi sul mercato.
– Una tale situazione potrebbe aggravare una esposizione alla crisi 
– Certo. Il problema fondamentale è che se tu vuoi coinvolgere i creditori privati nel processo di ristrutturazione, lo puoi fare solo a condizione che l'intero meccanismo sia poi orientato a far sì che la banca centrale, eroghi liquidità abbondante e repentina, proprio per evitare che le paure dei creditori privati diventino poi crisi finanziarie, speculazione e crollo dei mercati.
Il problema è che il Mes non funziona in questo modo, anzi, rischia di rendere l'intervento della banca centrale tardivo e del tutto insufficiente.
Quindi, come dire c'è un coinvolgimento dei creditori privati, perché viene evocata la ristrutturazione, ma contemporaneamente non si creano le condizioni affinché quel coinvolgimento non scateni una crisi.
– Del resto se la banca centrale può fornire liquidità, perché ci dovrebbe essere il Mes?
– Il problema è questo. Tutta la questione trae origine da un'ipocrisia di fondo. Il Mes nasce semplicemente perché, per ragioni legate alle attuali regole europee, la banca centrale europea non può agire direttamente come prestatore di ultima istanza.
Si deve perciò creare questo istituto strano, il Mes, che poi giustifica un intervento della BCE in seconda istanza.
– Alcuni parlano del Mes come di un vestito cucito addosso dell'Italia, perché dovrebbe prendere di mira proprio il nostro Paese?
– Io non sono d'accordo che sia un vestito cucito addosso dell'Italia. Questo è un meccanismo che richia di fare danni non solo all'Italia, ma rischia di far danni in generale. Perché se qualcuno pensa che al sopraggiungere di una recessione sia soltanto l'Italia a pagarne le conseguenze si sbaglia di grosso.
Sappiamo benissimo che se arriva una recessione, l'intera Eurozona non è preparata a fronteggiare una recessione. Persino paesi come la Francia potrebbero avere dei problemi di rispetto dei famigerati parametri di sostenibilità del debito. Quindi il Mes fa male all'Italia ma rischia di far male anche ad altri Paesi.
– A proposito di questo, qualche giorno fa Gentiloni, come del resto Moscovici, ha parlato di una modifica del patto di stabilità, con particolare riferimento al Fiscal Compact. Si andrà in questo senso, ovvero verso la costruzione di un'Eurozona che potrà affrontare meglio le crisi, allentando i parametri di Maastricht?
– Si dovrebbe fare un discorso serio, cioé valutare davvero sul tappeto del dibattito politico la disponibilità a rivedere i compact, il patto di stabilità e crescita, al fine, per esempio, di sanzionare non solo i paesi in deficit, ma anche i paesi in surplus, come la Germania.
Questi attuano delle politiche di controllo della domanda interna, che fanno sì che quel paese si trovi sempre in surplus commerciale verso l'estero, perché mantiene le sue importazioni basse rispetto alle esportazioni. Ma così facendo quel paese contribuisce a deprimere la domanda aggregata complessiva dell'Unione Monetaria europea. Questi comportamenti andrebbero sanzionati, ma ciò non avviene perché in UE vengono portate avanti delle misure che assumono esclusivamente il punto di vista di quei paesi creditori.
Non dimentichiamo che il Mes, statutariamente assume la prospettiva del solo creditore. Queste non vanno affatto nella direzione invocata da Gentiloni, vanno sempre nella salvaguardia e negli interessi dei paesi creditori, sostanzialmente la Germania e i suoi satelliti. Assumere la prospettiva del solo debitori significa destabilizzare la Ue, non garantirne la sostenibilità.
– Come valuta l'intervento del premier Conte in aula di ieri e come prevede che andrà il Consiglio d'Europa?
– Credo che il professor Conte sia vittima o più probabilmente artefice di un equivoco. Se il presidente e professor Conte, vuol parlare di logica da pacchetto, cioé sostere che il Mes rientri in un pacchetto complessivo di riforme, allora la logica del pacchetto, per ragioni etimologiche e per la sua logica intrinseca, dovrebbe applicare approvazioni contestuali e contemporanee di tutti gli elementi del pacchetto. Altrimenti non è un pacchetto. Invece Conte evoca la prospettiva del pacchetto ma poi chiede un'approvazione immediata del Mes ed rinvia alle calende greche qualunque altro elemento contenuto nel suo ipotetico pacchetto. Questo non è un pacchetto, è un pacco.
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