giovedì 13 settembre 2018

"Ce lo chiede l'Europa"... e Tria e Moavero remano contro il governo giallo verde...


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La mia impressione è che il governo cosiddetto giallo-verde sia giunto al giro di boa. Se gialli e verdi non riusciranno a tenere testa alla terza componente dello stesso governo, anche questo esecutivo partorirà una manovra economica in linea con “le riforme che l’Europa ci chiede”.

Ma esiste realmente una terza componente del governo Conte, e da chi è rappresentata? Esiste, di certo. È quella dei cosiddetti “indipendenti”, che qualcuno, nei corridoi del palazzo, chiama anche “il partito di Mattarella”. Questo perché – si sussurra a mezza bocca nel “transatlantico” – alcuni di questi “indipendenti” sarebbero stati energicamente “consigliati” dal Presidente della Repubblica all’atto della formazione del gabinetto giallo-verde.

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Io non so se tale versione dei fatti risponda al vero. Certo, è noto che Mattarella fece le barricate contro la candidatura di Paolo Savona al Ministero dell’Economia, mentre sembra che abbia gradito il nominativo di Giovanni Tria, il più autorevole degli “indipendenti”. Un “tecnico” di quelli che piacciono ai potenti dell’economia globalizzata, quelli che al mattino fanno colazione con pane e riforme strutturali, a mezzogiorno pranzano con i parametri di Maastricht in insalata, e a sera cenano con un brodino di società multietnica.

Altro “tecnico” che coi gialli e coi verdi non ci azzecca proprio è Enzo Moavero Milanesi, Ministro degli Esteri dell’attuale gabinetto, dopo avere ricoperto la stessa carica nei governi Monti e Letta. Cosa c’entri questo signore con Lega e Cinque Stelle nessuno lo sa. Qualcuno cita i proverbiali cavoli a merenda. Qualcun altro attribuisce la designazione a Sergio Mattarella, preoccupato di garantire che il nuovo governo non avrebbe messo in discussione gli “impegni internazionali” dell’Italia.

Alcuni aggiungono a questa “terza gamba” del governo anche la ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, che però risulta in quota Cinque Stelle. E qualcun altro, addirittura, lo stesso Presidente del Consiglio, ufficialmente “indipendente di area Cinque Stelle”.

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Ripeto: non so come esattamente stiano le cose, non so come Moavero sia passato da Monti e Letta a Salvini e Di Maio, non so se la Trenta sia da considerare una grillina atipica o una “tecnica” di qualche particolare natura; mi limito a riportare – col beneficio d’inventario – notizie che circolano in ambienti “solitamente bene informati”.

Di una cosa, tuttavia, sono certo: sulla manovra il ministro Tria dice le cose che “i mercati”, le grandi banche “d’affari”, le agenzie di rating, l’Unione Europea e, sicuramente, lo stesso Mattarella vogliono sentire. “Conti in ordine” – promette il ministro – e incremento del deficit sotto il 3%; anzi, sotto il 2%. Zerbinismo totale nei confronti della UE e dei suoi cerberi più inflessibili, i più ostili alle esigenze dell’Italia e dei paesi dell’area sud dell’Unione. E, infatti, sùbito sono arrivate le calorose congratulazioni di personaggi come il Vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, o come il Commissario agli Affari Economici, Pierre Moscovici: come a dire, il fior fiore dei formaggini. Basterebbero queste congratulazioni a dimostrare quanto il ruolo di Tria sia incompatibile con un governo “di cambiamento”.

La prima manovra del gabinetto giallo-verde, dunque, si annuncia come in perfetta linea con quella fulgida tradizione che va da Monti, a Letta, a Renzi. Con tanti saluti alle promesse di carattere economico fatte in campagna elettorale dal M5S, ma anche dalla Lega.

D’altro canto, a parziale (molto parziale) scusante per Tria, va detto che le nozze non si fanno con i fichi secchi, o – se preferite – le rivoluzioni non si fanno con i pannicelli caldi. Se il governo giallo-verde vuole cambiare le cose, se vuole realmente migliorare le condizioni economiche e gli standard di vita degli italiani, deve necessariamente ri-nazionalizzare la Banca d’Italia e riappropriarsi del diritto-dovere di stampare i nostri soldi. Non possiamo elemosinare dai “mercati” (facendo lievitare il debito pubblico) il denaro che ci serve per pagare le pensioni, per mettere la benzina nelle auto delle volanti, per dotare gli ospedali di lenzuola e materassi, o anche per ricostruire il ponte Morandi a Genova.

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Ecco perché Tria ha qualche attenuante: il Ministro dell’Economia si muove nella realtà economico-finanziaria che abbiamo accettato quando abbiamo privatizzato la Banca d’Italia e poi aderito all’Unione Europea. Siamo senza soldi, dobbiamo farceli prestare dai “mercati” dietro corresponsione di salatissimi interessi, siamo indifesi di fronte alle manovre speculative che ci ricattano a suon di spread e di rating, dobbiamo sottostare ai trattati-capestro con cui una classe dirigente inebetita ha svenduto la nostra sovranità ai burocrati europei, dobbiamo subire le congiure e i colpi di mano del Quarto Reich e dei suoi camerieri francesi. Ecco, in questo contesto assurdo, irrazionale, in questa specie di film horror si muove il governo italiano e il suo ministro dell’Economia.

Se non si troverà il coraggio per invertire la rotta – gradualmente, prudentemente, con tutte le cautele del caso – se non si troverà questo coraggio non riusciremo a risalire la china.

Michele Rallo

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