La
mia impressione è che il governo cosiddetto giallo-verde sia giunto
al giro di boa. Se gialli e verdi non riusciranno a tenere testa alla
terza componente dello stesso governo, anche questo esecutivo
partorirà una manovra economica in linea con “le riforme che
l’Europa ci chiede”.
Ma
esiste realmente una terza componente del governo Conte, e da chi è
rappresentata? Esiste, di certo. È quella dei cosiddetti
“indipendenti”, che qualcuno, nei corridoi del palazzo, chiama
anche “il partito di Mattarella”. Questo perché – si sussurra
a mezza bocca nel “transatlantico” – alcuni di questi
“indipendenti” sarebbero stati energicamente “consigliati”
dal Presidente della Repubblica all’atto della formazione del
gabinetto giallo-verde.
Io
non so se tale versione dei fatti risponda al vero. Certo, è noto
che Mattarella fece le barricate contro la candidatura di Paolo
Savona al Ministero dell’Economia, mentre sembra che abbia gradito
il nominativo di Giovanni Tria, il più autorevole degli
“indipendenti”. Un “tecnico” di quelli che piacciono ai
potenti dell’economia globalizzata, quelli che al mattino fanno
colazione con pane e riforme strutturali, a mezzogiorno pranzano con
i parametri di Maastricht in insalata, e a sera cenano con un brodino
di società multietnica.
Altro
“tecnico” che coi gialli e coi verdi non ci azzecca proprio è
Enzo Moavero Milanesi, Ministro degli Esteri dell’attuale
gabinetto, dopo avere ricoperto la stessa carica nei governi Monti e
Letta. Cosa c’entri questo signore con Lega e Cinque Stelle nessuno
lo sa. Qualcuno cita i proverbiali cavoli a merenda. Qualcun altro
attribuisce la designazione a Sergio Mattarella, preoccupato di
garantire che il nuovo governo non avrebbe messo in discussione gli
“impegni internazionali” dell’Italia.
Alcuni
aggiungono a questa “terza gamba” del governo anche la ministra
della Difesa, Elisabetta Trenta, che però risulta in quota Cinque
Stelle. E qualcun altro, addirittura, lo stesso Presidente del
Consiglio, ufficialmente “indipendente di area Cinque Stelle”.
Ripeto:
non so come esattamente stiano le cose, non so come Moavero sia
passato da Monti e Letta a Salvini e Di Maio, non so se la Trenta sia
da considerare una grillina atipica o una “tecnica” di qualche
particolare natura; mi limito a riportare – col beneficio
d’inventario – notizie che circolano in ambienti “solitamente
bene informati”.
Di
una cosa, tuttavia, sono certo: sulla manovra il ministro Tria dice
le cose che “i mercati”, le grandi banche “d’affari”, le
agenzie di rating, l’Unione Europea e, sicuramente, lo stesso
Mattarella vogliono sentire. “Conti in ordine” – promette il
ministro – e incremento del deficit sotto il 3%; anzi, sotto il 2%.
Zerbinismo totale nei confronti della UE e dei suoi cerberi più
inflessibili, i più ostili alle esigenze dell’Italia e dei paesi
dell’area sud dell’Unione. E, infatti, sùbito sono arrivate le
calorose congratulazioni di personaggi come il Vicepresidente della
Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, o come il Commissario agli
Affari Economici, Pierre Moscovici: come a dire, il fior fiore dei
formaggini. Basterebbero queste congratulazioni a dimostrare quanto
il ruolo di Tria sia incompatibile con un governo “di cambiamento”.
La
prima manovra del gabinetto giallo-verde, dunque, si annuncia come in
perfetta linea con quella fulgida tradizione che va da Monti, a
Letta, a Renzi. Con tanti saluti alle promesse di carattere economico
fatte in campagna elettorale dal M5S, ma anche dalla Lega.
D’altro
canto, a parziale (molto parziale) scusante per Tria, va detto che le
nozze non si fanno con i fichi secchi, o – se preferite – le
rivoluzioni non si fanno con i pannicelli caldi. Se il governo
giallo-verde vuole cambiare le cose, se vuole realmente migliorare le
condizioni economiche e gli standard di vita degli italiani, deve
necessariamente ri-nazionalizzare la Banca d’Italia e
riappropriarsi del diritto-dovere di stampare i nostri soldi.
Non possiamo elemosinare dai “mercati” (facendo lievitare il
debito pubblico) il denaro che ci serve per pagare le pensioni, per
mettere la benzina nelle auto delle volanti, per dotare gli ospedali
di lenzuola e materassi, o anche per ricostruire il ponte Morandi a
Genova.
Ecco
perché Tria ha qualche attenuante: il Ministro dell’Economia si
muove nella realtà economico-finanziaria che abbiamo accettato
quando abbiamo privatizzato la Banca d’Italia e poi aderito
all’Unione Europea. Siamo senza soldi, dobbiamo farceli prestare
dai “mercati” dietro corresponsione di salatissimi interessi,
siamo indifesi di fronte alle manovre speculative che ci ricattano a
suon di spread e di rating, dobbiamo sottostare ai trattati-capestro
con cui una classe dirigente inebetita ha svenduto la nostra
sovranità ai burocrati europei, dobbiamo subire le congiure e i
colpi di mano del Quarto Reich e dei suoi camerieri francesi. Ecco,
in questo contesto assurdo, irrazionale, in questa specie di film
horror si muove il governo italiano e il suo ministro dell’Economia.
Se
non si troverà il coraggio per invertire la rotta – gradualmente,
prudentemente, con tutte le cautele del caso – se non si troverà
questo coraggio non riusciremo a risalire la china.
Michele Rallo
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