È
inutile tacerlo a noi stessi: l’elezione di Nello Musumeci alla
Presidenza della Regione Siciliana ha sconvolto il panorama politico
nazionale. A sinistra ha dato il colpo di grazia al Pifferaio
dell’Arno; al centro (dove altro collocare i dilettanti grillini?)
ha richiamato alla realtà il Ragazzino di Montecitorio; ma è a
destra che l’elezione di Musumeci potrebbe provocare un vero e
proprio terremoto.
Ad
uscire con le ossa rotte dalle consultazioni siciliane, infatti, è
stato innanzitutto il progetto politico del Cavaliere di Arcore, il
piano con cui pensava di riscattarsi agli occhi dei padroni del
mondo, di dimostrare che avevano sbagliato a scaricarlo nel 2011,
quando lui era giunto anche a bombardare il suo amico Gheddafi per
manifestare obbedienza alle esigenze atlantiche ed eurocratiche.
E
quale sarebbe questo progetto? Semplice: dimostrare – naturalmente
è soltanto la mia “opinione eretica” – che lui è l’uomo
capace di addomesticare la destra, rinchiudendola in un recinto
“moderato” e privandola di quella carica populista e sovranista
che tanto impensierisce i poteri forti. In fondo – è sempre
l’eretico a pensarlo – è il medesimo obiettivo del movimento 5
Stelle: impedire che lo scontento popolare possa incanalarsi nella
direzione giusta, cioè a destra. Guarda caso, Di Maio sta ripetendo
esattamente l’itinerario di Fini: prima a Londra, per fare la ruota
nei salotti della City; adesso a Washington, a fare professione di
ragionevolezza; a breve – ci scommetto – andrà a Tel Aviv, terza
(o prima?) capitale di “quelli che contano”.
Ma
torniamo a Berlusconi. Se ci fate caso, la sua strenua opposizione
alla candidatura di Nello Musumeci in Sicilia è la copia conforme di
una analoga manovra per impedire che Giorgia Meloni andasse al
ballottaggio (e poi vincesse) alle elezioni romane dell’anno
scorso. Stesso copione moderato, stesso tentativo di stoppare due
candidature vincenti, stessa proposizione di candidati della “società
civile” senza la minima speranza di successo (Marchini a Roma,
Armao in Sicilia), stesso favore ai dilettanti grillini (la Raggi a
Roma, Cancelleri in Sicilia), stessa testarda cupidigia di sconfitta
per scongiurare il pericolo che il successo desse autorevolezza a
personaggi in ascesa.
A
Roma gli è andata bene, ma è andata male ai romani. In Sicilia gli
è andata male, ma è andata bene ai siciliani. Cinque anni fa, ci
andò peggio: una fetta di elettorato di centro-destra preferì
misteriosamente Rosario Crocetta, e Nello Musumeci venne stoppato ad
un passo dal traguardo.
Certo,
qualcuno – non Berlusconi, mi auguro – avrebbe sperato oggi in un
secondo miracolo, ma questa volta non era oggettivamente possibile
che si registrasse la medesima congiunzione astrale di cinque anni
fa.
Ma
lasciamo stare l’oroscopo e torniamo alla politica. Il Cavaliere se
le è giocate tutte per opporsi ad una candidatura che proprio non
gli andava giù. A sostenerlo con le spade sguainate, il fido
Micciché ed un Totò Cuffaro in grande spolvero. Musumeci non poteva
vincere perché “troppo di destra”. Infatti – secondo la nota
bugìa – “si vince al centro”.
Questa
volta, però, niente da fare: Musumeci viene candidato dal
centro-destra a furor di popolo. E vince 40 a 35 (non proprio “un
soffio” come si consola il Ragazzino di Montecitorio) sul
deprimente concorrente grillino; nonostante la campagna furbastra
contro gli “impresentabili” che traboccavano dalle liste dei
“moderati”. E non – sia detto per inciso – dalle due liste di
Musumeci.
Ed
ecco, allora, il Cavaliere precipitarsi a cantare vittoria, a
presentare il successo di Musumeci come “la vittoria dei moderati”,
ben sapendo che non è affatto così. E ben sapendo che vittoria di
Nello Musumeci in Sicilia dimostra esattamente il contrario: che
vincono le idee chiare, nette, senza equivoci e senza condizionamenti
inconfessabili.
Adesso
c’è attesa per quel che succederà in Regione. Sono in molti a
scommettere che certi vecchi arnesi “moderati” faranno di tutto
per legare le mani al Governatore. Altri scommettono sulla loro
intelligenza, e pensano che non correranno il rischio di rompersi i
denti sull’osso sbagliato. Per conferma, potranno chiedere lumi ad
altri “moderati” che quell’osso hanno tentato di azzannare
durante i 10 anni di Musumeci alla Presidenza della Provincia di
Catania. Provare per credere.
Il
Cavaliere, intanto, è sempre più nervoso. Musumeci ha dichiarato di
non volersi ricandidare fra cinque anni. E Berlusconi, che in quella
data avrà appena compiuto i suoi primi 86 anni, si interroga sul suo
futuro. Teme che – come in molti si augurano – dopo un proficuo
quinquennio siciliano il Governatore possa spiccare il volo verso
vette più alte. E l’uomo di Arcore, sicuramente, non ha intenzione
di ritirarsi così presto.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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