venerdì 4 ottobre 2019

Finanza maiala… – L’ambiente è malato ma il Gretinismo è un’altra cosa

Il problema dell’ambiente malato esiste realmente, ed è drammatico. Nel mio piccolo, nel mio piccolissimo, me ne sono accorto ben prima che uno pseudoambientalismo teleguidato diventasse un fenomeno di moda.
Anche io, perciò, sono seriamente preoccupato per la salute del pianeta. Ma ancor più preoccupato sono per le ricette dilettantistiche e approssimative che, sull’onda di un giulivo Gretinismo, vengono proposte come soluzione. Questo, ovviamente, prescindendo del tutto da ogni considerazione di carattere “dietrologico”.
Facciamo dunque finta, per un istante, che veramente i media del mondo intero, i capi di Stato e di Governo, l’ONU e tutto il resto del circo mediatico-politico si preoccupino di quello che dice una bimbotta di Stoccolma. Ecco, anche a voler credere a tutto questo, il guaio è che gli “esperti” ambientalisti di ámbito Gretino sembrano non avere capito nulla di ciò che realmente sta a monte del disastro climatico. Innanzitutto, è sbagliato  strillare che i governanti occidentali “ci hanno rubato il futuro”. Strepiti, versacci e crisi isteriche dovrebbero essere indirizzati ai paesi afro-asiatici, responsabili della stragrande maggioranza dei danni ambientali.
I paesi del “sud del mondo” sembrano aver dichiarato guerra all’ecologia: continuano con impegno ad immettere nell’atmosfera i gas che sono direttamente responsabili dell’effetto serra, oltre a scaricare in mare montagne di plastica (il 90% del totale). Ma, soprattutto, continuano a sfornare figli su figli. In Africa si avvicinano allegramente al miliardo e mezzo di abitanti, e procedono gagliardi verso il traguardo dei due miliardi (secondo alcuni, ci arriveranno già nel 2050). 
Il progetto dei potentati che plaudono a Greta e al Gretinismo è quello di scagliare una buona fetta di questi due miliardi contro i “muri” di una Europa i cui abitanti non arrivano a 500 milioni. Con il plauso, naturalmente, di quanti sostengono che abbiamo bisogno di immigrati “per pagare le nostre pensioni”.
Mi spaventa la assoluta ignoranza delle dinamiche demografiche da parte di una classe dirigente europea desolatamente sprovveduta, la stessa che incoraggia una immigrazione che può sommergerci, e la stessa – guarda caso – che accoglie a braccia aperte le nuove parole d’ordine di un Gretinismo da asilo infantile.
Mi spaventa tutto ciò, perché siamo in presenza di una catena i cui anelli sono indissolubilmente legati l’uno agli altri: «sovrappopolazione, inquinamento, mutamenti climatici, alterazione dell’ecosistema, catastrofi ambientali, malnutrizione di intere popolazioni e conseguenti spinte alle migrazioni (ma anche alle guerre per assicurarsi risorse idriche e/o alimentari).»
Il primo anello della catena è la sovrappopolazione. Perché l’uomo è la prima causa dell’inquinamento: sottrae materie prime per la propria sussistenza, produce scorie e rifiuti da smaltire, consuma energia, utilizza apparecchiature inquinanti per alimentarsi, per spostarsi, per riscaldarsi, per mille altri motivi. L’uomo – l’uomo moderno, almeno – inquina l’ambiente (e quindi determina mutamenti climatici) assai più di ogni altro fattore. E ciò sia nel mondo progredito che in quello “in via di sviluppo”, con esclusione soltanto delle sparute popolazioni tribali che ancora vivono in maniera primitiva nelle zone più interne di alcuni continenti: senza luce elettrica, senza automobili, senza altri consumi che non siano quelli di una alimentazione frugale.
Per fermare il disastro ambientale si deve necessariamente fermare il sovrappopolamento del pianeta, cresciuto a dismisura negli ultimi decenni. Eravamo 2 miliardi e mezzo nel 1950, siamo diventati ben 7 miliardi nel 2011, e fra soli trent’anni dovremmo toccare i 10 miliardi. Se non si inverte questa tendenza, le risorse del pianeta continueranno inesorabilmente a diminuire, e la produzione di scorie e rifiuti continuerà altrettanto inesorabilmente ad aumentare, con connesso aumento anche di inquinamento, mutamenti climatici e disastri ambientali.
Ora, fermare la crescita demografica nei paesi afro-asiatici (non nell’Europa della crescita zero) è praticamente impossibile, se non ci si rende conto che “siate fecondi e moltiplicatevi” non l’ha detto Dio, bensì qualcuno che  pretendeva di parlare in nome di Dio. Ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano. Mi limito soltanto ad osservare che, quando qualche Gretino grida a noi di fare meno figli, non ha capito nulla, perché quella è una esortazione che andrebbe diretta a quello che una volta si chiamava “terzo mondo”.
Andiamo avanti. Oltre al fattore demografico ve n’è un altro da cui non si può assolutamente prescindere per ogni serio discorso ambientalista: quello delle risorse finanziarie. Per riconvertire e modificare significativamente i processi produttivi, occorrono cifre enormi. Ed è questo il motivo per cui tutti i mille summit internazionali, le varie conferenze sul clima e le altre festose occasioni conviviali non hanno prodotto un bel niente.
I soldi non ci sono. O, meglio, ci sarebbero. Basterebbe farseli prestare dai privati (banchieri, finanzieri, usurai) cui gli Stati hanno regalato l’esclusiva della creazione del danaro. Ma – piccolo particolare – per ottenere in prestito la necessaria montagna di miliardi, gli Stati dovrebbero far salire il loro debito pubblico fino alle stelle. Ergo, non se ne fa nulla, al di là dei soliti pannicelli caldi.
Anche qui la soluzione ci sarebbe. Ma la politica di oggi, almeno fino a questo momento, si limita a svolgere il ruolo di cameriera degli usurai (come direbbe Pound) e mai e poi mai violerebbe il primo comandamento del politicamente corretto: il denaro non appartiene agli Stati ma alle banche, che lo prestano agli Stati seguendo le regole del mercato.
Ecco, basterebbe restituire agli Stati e ai popoli la loro sovranità monetaria per risolvere il problema. E, se non si volesse arrivare a questa scelta “sovranista”, si potrebbe adottare una soluzione di compromesso: «Creare un’istituzione monetaria pubblica, con la partecipazione di tutti gli Stati del mondo in misura proporzionale al numero dei rispettivi abitanti, ed autorizzare tale istituzione a emettere titoli di credito (cioè denari) spendibili esclusivamente per gli interventi di salvaguardia ambientale: dallo sviluppo massiccio delle energie rinnovabili all’adeguamento delle strutture industriali di singoli Stati agli standard più ecologici, passando per le misure – anche “minori” – di risparmio energetico e per ogni altra iniziativa volta alla tutela del mondo in cui viviamo.»
Difficile? Assolutamente no. Ma, certo, soluzioni del genere non piacerebbero affatto a chi soffia sul fuoco del Gretinismo, al solo scopo di consentire che qualche neonata formazione “verde” rallenti l’avanzata di forze realmente pericolose per gli odierni assetti di potere.
Michele Rallo – ralmiche@gmail.com
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Commenti:
“Potreste anche leggere l’articolo di F. William Engdahl, studioso americano, docente di rischio strategico, laureato a Princeton, e autore di bestsellers di geopolitica ed economia: “Il clima e la via dei soldi”; oppure l’articolo della scrittrice colombiana Cecilia Zamundio: “il maquillage verde del capitalismo non cambia la sua essenza depredatrice: la favola di Greta e i suoi limiti”- Entrambi gli articoli li si può trovare su www.resistenze.org…” (V.B.)
“Annunciata l’agenda eco-fascista dei banchieri. Anche se tralasciato dai media occupati a celebrare la recita di Greta Thunberg, all’assemblea generale dell’ONU è stato svelato anche un complotto dei banchieri centrali, per un “cambio di regime nella finanza” globale, con l’intervento del governatore della Banca d’Inghilterra Mark Car subito dopo quello di Greta…” (G.V.)

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