venerdì 30 settembre 2022

Vittoria della Meloni o della Agenda Draghi...?

 


La vittoria di Giorgia Meloni – vittoria scontata vista l’assoluta inconsistenza politica degli avversari dichiarati, e segnatamente del PD – ha suscitato entusiasmi tra i “sovranisti” e i “populisti” di destra europei e financo extra-europei. Marine Le Pen ha parlato di un prossimo governo italiano “patriottico e sovranista”. Commenti positivi sono venuti anche dai neofascisti spagnoli di Vox, dal governo di estrema destra brasiliano di Bolsonaro, e dal governo conservatore di destra della Repubblica Ceca. Soddisfazione anche da parte del governo ultra-reazionario della Polonia e da parte del partito di estrema destra xenofoba che ha vinto le elezioni in Svezia. Più articolata la posizione del governo di Orban in Ungheria - notoriamente contrario all’invio di armi in Ucraina e alle sanzioni alla Russia “imposte dalle elite di Bruxelles” - che ha espresso la speranza che il nuovo governo italiano “lavori per la pace ed il rilancio economico dell’Europa, e per alleviare la crisi energetica” innescata dalle tensioni internazionali tra NATO e Russia e dalle sanzioni.

In realtà si tratta di illusioni e false aspettative. Dalle dichiarazioni della Meloni e dei suoi collaboratori, fatte già prima delle elezioni, in cui si parla di “senso di responsabilità” e fedeltà assoluta alla NATO e all’Atlantismo, si capisce che la politica della Meloni procederà su un binario obbligato e non sarà sostanzialmente diversa da quella dell’ex governo di Draghi e del PD.
Questa politica è basata su tre principi fondamentali:
  • Fedeltà assoluta agli USA e alla NATO con relativo sostegno militare incondizionato per la guerra in corso, ed inasprimento delle sanzioni alla Russia anche se ci danneggiano.
  • Adesione incondizionata agli ordini atlantisti e neo-liberisti provenienti dalla UE e da Bruxelles, anche per aggirare le minacce e i ricatti economici fatti dalla Von Der Leyen e dai burocrati della Ue nei confronti dell’Italia (l’ex defenestrazione di Berlusconi docet).
  • Adesione agli ordini della grande finanza internazionale e del grande capitalismo.
Il governo statunitense ha già fatto sapere che non è preoccupato della vittoria di Fratelli d’Italia dichiarando per bocca del sottosegretario al Dipartimento di Stato che: “siamo impazienti di lavorare con qualsiasi governo esca dalle elezioni italiane, per far avanzare i nostri valori comuni”. Più prudente la posizione della Federazione Russa che si è dichiarata pronta a collaborare “con i governi che si dimostrino costruttivi nei confronti della Russia”.

D’altra parte Fratelli d’Italia - nonostante qualche nostalgia ideologica per il Fascismo (che è stato l’unico argomento usato da Letta nella sua fallimentare campagna elettorale, in cui è stato incapace di presentare un programma coerente che possa fronteggiare i drammatici problemi che ci sono di fronte) - è ormai essenzialmente un partito conservatore. Esso, anche sulla base di precisi studi sociologici, rappresenta la massa cresciuta a dismisura delle classi medie produttive del centro-nord (lavoratori autonomi a partita IVA, piccoli imprenditori, impiegati, ed anche operai e altri lavoratori timorosi della concorrenza degli immigrati, ecc.), che si illudono di difendere le proprie posizioni di fronte alla crisi imminente. Dall’altro lato troviamo il rinascente Movimento 5 Stelle che, liberatosi della zavorra del piccolo avventuriero Di Maio finito nella discarica e dell’imbarazzante alleanza con il PD, ha trovato nuova linfa nella parziale difesa dei redditi dei cittadini precari e sotto-occupati presenti soprattutto in molte zone del Sud; ed è anche l’unico partito di massa che ha avanzato qualche dubbio sull’opportunità  di mandare armi sempre più potenti per alimentare la guerra in Ucraina, e che mette in guardia – per bocca di Conte - sui drammatici pericoli costituiti dall’escalation in corso.

All’estrema sinistra alcune piccole formazioni con programmi pacifisti e di ampie riforme sociali non riescono a per ora sfondare e ad uscire dallo stato minoritario.

Complessivamente la politica italiana, sia quella dei partiti vincitori delle elezioni, sia quella dei partiti che costituiranno l’opposizione più tradizionale e moderata (come il PD o forse il partito di Calenda, se non passa alla destra) appare incapace di valutare i drammatici pericoli ed i problemi che ci sono di fronte. Il rifiuto di intavolare trattative con la Russia sta conducendo ad un’escalation in cui si comincia a parlare anche di armi nucleari. La crisi energetica che si manifesterà soprattutto questo inverno a causa del perdurare delle sanzioni, provocherà inflazione, chiusura di imprese, licenziamenti, abbassamento del tenore di vita con conseguenze imprevedibili. Non sarà certamente il governo conservatore ed atlantista della Meloni a poter far fronte alla situazione in maniera adeguata.

Vincenzo Brandi

 

 



Integrazione - commento di Marco Palombo: 

Il 28 settembre a Praga c'è stata un'altra grande manifestazione contro il governo ceco in carica e ha reso evidente la contraddizione  della politica estera della Meloni.

Il tema principale: opposizione alla guerra, e alle sanzioni alla Russia

Il governo di Praga in carica è guidato da un partito che al parlamento Europeo è nel gruppo Conservatori insieme a Fratelli d'Italia. Il capo del governo dopo le elezioni italiane si è detto "ansioso di poter collaborare con il governo della Meloni" Ansioso nel senso che vorrebbe collaborare subito, non perché ne sia preoccupato.

Nella piazza, ed ha parlato dal palco, a contestare il governo ceco era presente anche il partito di estrema destra tedesco AfD che si è congratulato con la Meloni per la vittoria elettorale ed ha detto "Dopo la Svezia questa è un' altra vittoria della ragione"...  
Per la cronaca era presente sul palco e in piazza anche il Partito Comunista e il partito, forse, socialdemocratico, che rappresenta l'opposizione di sinistra più grande nel parlamento.

Ed anche la Le Pen, che si è detta contenta della vittoria di FdI, ha sulla guerra in Ucraina una posizione direi opposta a quella della Meloni.

Vedremo cosa succede, dispiace che ora si scoprirà pacifista chi in questi anni ha frenato l'opposizione alla guerra ma che, se la guerra la fa la Meloni, scenderà di nuovo in piazza...





1 commento:

  1. Commento-replica di Jure Eler a Marco Palombo: "Per trovare contrasto al potere serve pure guardare più vicino: in Friuli-VG siamo in piazza ad Udine l'8 ottobre e a Trieste il 15 a ricordare la lotta di un anno fa sepolta dai Puzzer e collaterali. Già la settimana scorsa, in un martedì lavorativo, a Trieste in 2.500 abbiamo mostrato la nostra presenza contro la guerra, in toto oscurati dai media, pure dai canali autoincensati alternativi. Evidentemente diamo troppo fastidio a tutti, alternativi di sistema compresi. Se a Praga fanno meglio di noi ben venga e giustamente va detto, con chiarezza però..."

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