domenica 27 febbraio 2011

Veleni per pets... tutto riguardante il cibo di "Fido" e dei suoi fratelli.........

Come avvelenare i nostri beniamini senza saperlo...!

Il cibo pronto per i nostri animali d’affezione rappresenta spesso un pasto succulento solo per le ditte produttrici, che all’ombra di strategie opportunamente mascherate muovono un giro d’affari miliardario. Ci sarebbe da stupirsi se ad essere coinvolte, una volta tanto, non fossero le stesse multinazionali tristemente note per lo sfruttamento incondizionato di risorse naturali e umane, visto che l’industria del pet-food è solo una ramificazione e il punto di approdo di una strategia di marketing globale finalizzata all’ottimizzazione dei profitti.

In passato gli scarti di macellazione si consideravano alla stregua dei rifiuti e di conseguenza dovevano essere smaltiti. Durante gli ultimi anni la tendenza è stata quella di trattare la materia prima negli impianti appropriati, al fine di recuperare risorse preziose come grassi e proteine.

L’industria della carne destinata al consumo umano si serve degli scarti di macellazione, denominati “sottoprodotto”, e che noi immaginiamo vengano distrutti, per produrre crocchette e bocconcini che non hanno davvero l’aspetto di ossa, carcasse, sangue, tessuto connettivo, testa, visceri, zoccoli, intestino, cartilagini, piume, ghiandole e, purtroppo spesso, parti malate e cancerose. Anche cani e gatti domestici o randagi, ai quali viene praticata l’eutanasia, possono rientrare nelle preparazioni di pet-food delle multinazionali americane*, confusi e inglobati alla voce “carne” o “farina di carne”.

I metodi di cottura usati nella produzione del cibo per Fido, come il riciclaggio e l’estrusione, non sempre distruggono ormoni, antibiotici e barbiturici, largamente impiegati nei moderni allevamenti intensivi.

Oltre alle farine di carne ottenute attraverso il riciclaggio delle carcasse, fra gli ingredienti più frequenti in queste preparazioni troviamo i cereali, composti principalmente da farine di glutine che spesso non sono completamente assimilati da cani e gatti; molti prodotti chimici che ne alterano il gusto e l’olfatto, le caratteristiche organolettiche e l’aspetto; coloranti, emulsionanti e sostanze che ne ritardano il deterioramento. Qui in basso riportiamo una lista degli additivi più comuni:

Agenti anticoagulanti - Lubrificanti – Agenti antimicrobici – Dolcificanti ipocalorici – Antiossidanti – Dolcificanti calorici – Coloranti – Agenti ossidanti e dimagranti – Agenti affumicanti – Agenti per il controllo del pH – Agenti deidratanti – Ausili di processo – Emulsionanti- Isolanti – Agenti fissanti – Solventi, veicoli – Esaltatori di gusto – Stabilizzatori, inspessitori – Aromatizzanti – Agenti attivi superficiali – Agenti per il trattamento delle farine – Agenti di finitura superficiale - Ausili di formula – Sostanze sinergizzanti – Umidificatori – Tessuti- Lievitanti

L’industria alimentare dedicata ai nostri amici a quattro zampe ha cominciato ad affermarsi intorno agli anni ’70 e i consumatori hanno subito imparato ad apprezzarne la convenienza e praticità, sostenuta da una massiccia campagna mediatica che scoraggiava l’utilizzo degli scarti di cucina, definiti pericolosi.

La grande distribuzione ha fatto poi il resto, rendendo quell’insulsa poltiglia variegata nella forma e nel colore, accattivante nelle sue numerose versioni di latta o cartone e salutare nelle belle immagini di presentazione appiccicate. In breve tempo la vendita di questi mangimi ha superato le pappe pronte per bambini e l’offerta si è diversificata a tal punto da prevedere diete specializzate per la cura delle patologie più comuni e pasti adatti ad ogni fase dello sviluppo,
formulazioni attente alla razza, al sesso, ai comportamenti di cani e gatti e, naturalmente, alle ossessioni dei padroni oggetto di queste subdole campagne pubblicitarie.

Non è molto difficile comprendere che il cibo industriale è materiale organico di dubbia qualità, perchè composto da grassi portati a elevate temperature e residui di macellazione bolliti e omogeneizzati. In questo modo, inoltre, con l’acqua sporca si butta anche il bambino, dato che simili trattamenti distruggono vitamine e proteine, notoriamente termolabili. Questa schifezza in ultimo è condita e spruzzata con dosi massicce di additivi e conservanti che la letteratura veterinaria spesso associa all’insorgenza di gravi patologie quali cancro, insufficienza renale, diabete, pancreatite, problemi ai denti, abbassamento delle difese immunitarie e un numero imprecisato di allergie.

L’esperienza clinica dimostra che la vita di un animale alimentato con mangime secco e scatolette si accorcia di quasi la metà, ma questo non dovrebbe sorprendere neppure il consumatore più distratto, che senz’altro non si sognerebbe mai di mangiare quotidianamente cibo inscatolato. Solo un’alimentazione varia, fresca e possibilmente cruda, secondo un piano nutrizionale bilanciato, è in grado di assicurare una buona salute ai nostri animali domestici.

Dallo scorso settembre è entrato in vigore il nuovo Regolamento europeo sui mangimi animali, che potranno essere immessi sul mercato e utilizzati unicamente «se sicuri» e «privi di effetti nocivi diretti sull’ambiente o sul benessere degli animali».

Gli operatori del settore dovranno garantire che i loro mangimi siano «sani, genuini, di qualità leale, adatti all’impiego previsto e di natura commerciabile», nonché «etichettati, imballati e presentati» conformemente alle disposizioni del regolamento e degli altri pertinenti atti della legislazione comunitaria. Non dovranno invece contenere o essere costituiti di materie prime la cui immissione sul mercato o il cui uso ai fini dell’alimentazione animale «sono limitati o vietati».

Come per i prodotti alimentari, poi, gli operatori del settore saranno responsabili della rintracciabilità dei mangimi, essendo in grado di individuare chi abbia fornito loro un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un mangime. Il regolamento, inoltre, prevede che le materie prime siano assolutamente esenti da impurità chimiche derivanti dal processo di fabbricazione e dai coadiuvanti tecnologici, una restrizione del numero degli additivi utilizzati, prescrizioni supplementari obbligatorie per le etichette degli alimenti destinati ad animali da compagnia. Tra queste figura l’indicazione di un numero di telefono gratuito per consentire all’acquirente di ottenere altre informazioni sugli additivi addizionati e sulle materie prime aggiunte.

Un lato ancora più oscuro e meno prevedibile riguarda inoltre i test sugli animali compiuti da molte industrie del settore per verificare la bontà dei loro prodotti. Questo genere di sperimentazione, a differenza di quella farmacologica, non è necessaria per legge né rappresenta una garanzia a tutela del consumatore, che difficilmente considererebbe eticamente sostenibile l’idea di avvelenare altri cani per dimostrare che tali intrugli, sul campione testato, sono risultati relativamente sicuri. Purtroppo i test di tossicità, sempre invasivi e spesso mortali, eseguiti su un gruppo di controllo con caratteristiche simili o analoghe al destinatario finale, in funzione di ciò che si vuole sostenere, rappresentano una pratica tanto crudele quanto sconosciuta e frequente. In questi casi vale l’osservazione che i prodotti di qualità e le materie prime fresche non hanno controindicazioni; se in discussione fosse esclusivamente la bontà del prodotto, e non l’interesse delle industrie, basterebbe una semplice prova del livello di gradimento: non ci sarebbe alcuna ragione per testare additivi e conservanti, addensanti e farine di carne, presenti esclusivamente nel cibo-spazzatura.

Nives - Il Randagio

ilrandagio@ilrandagio.it
http://www.ilrandagio.it

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