martedì 25 dicembre 2012

Tempo di regali? Attenti ai "pacchi" soprattutto attenti ai "pacchi agenda" (del magliaro monti mario)



Tempo di regali? Attenti ai "pacchi" soprattutto attenti ai "pacchi agenda" del magliaro monti mario.   Amedeo Cortese, ha dato un'occhiata alla "filigrana" dell'Agenda Monti, per controllare che fosse almeno "originale". Ha scaricato il pdf dal sito del Corriere e controllato le "proprietà". E chi risulta essere l'autore? L'ex piddista Pietro Ichino.

Ma si sa il magliaro mai scrisse un solo libro, figurasi un'agenda, al massimo ci ha messo la firma. Lui, figlio d'arte come il Trota,  professore per merito "paterno" di provenienza bancaria certificata.

Dice però il magliaro:  “Banchiere io? Solo per un conto corrente molti anni fa!” 

Alzheimer? E’ stato vicedirettore generale della Banca Commerciale ed advisor Goldman Sachs!  Monti ma chi vuoi prendere in giro?

E quindi nel "pacco agenda" del monti/ichino approvato e santificato e fatto proprio dai magliari di centro e di destra convertita e di misurata sinistra troviamo solo progetti adatti a sollevare ulteriormente lo stato dai suoi diritti di sovranità per cederli alle banche ed alle finanziarie usuraie.

Eppure un'alternativa ci sarebbe....


Scrive Pietro Ancona: "Respingiamo gli obiettivi di "crescita"che l'agenda Monti vuole imporre attraverso una redistribuzione delle risorse a vantaggio delle banche e delle imprese e delle rendite. Non è necessario "crescere" in un mondo in cui esiste un fortissimo squilibrio a danno di tante aree emarginate o sfruttate ed in cui alcuni Paesi hanno intrapreso una coraggiosa battaglia per la loro emancipazione, per fare stare meglio i loro popoli.... 

L'Italia e l'Europa non hanno bisogno di crescere ma di usare diversamente le loro risorse, ripartirle in modo equo, fermare la crescente diseguaglianza sociale, usare meglio e parsimoniosamente i beni naturali della terra. Deve cessare l'ossessione del PIL e la guerra finanziaria , aborrire l'idea stessa della competitività, stabilire rapporti di import-export basati sui bisogni generali e con obiettivi davvero liberali verso i paesi più poveri. 

Al posto della crescita una diversa organizzazione economica ed un piano di riallocazione delle risorse dal capitale e dalla rendita al lavoro di almeno il cinque per cento l'anno. Migliorare i consumi collettivi, aumentare i salari subito di almeno il venti per cento, abolire tutti i contratti atipici , dismettere tutte le privatizzazioni che creano sanguisughe sui beni e sui consumi pubblici (vedi autostrade e treni), ripristinare la scala mobile. Realizzare un programma di investimenti pubblici basati su piccoli progetti di manutenzione e miglioramento del territorio, rinnovo del patrimonio immobiliare scolastico ed ospedaliero etc. Investire sulla cultura e non asservirla alle imprese! 

L'Italia può anche decrescere del 2 per cento o stagnare come è successo al Giappone per almeno un decennio ma può farsi un equilibrio economico e sociale interno che le consenta di stare serenamente al mondo senza l'angoscia dei listini di borsa e del saliscendi dello spread. Potremmo decidere di non negoziare i nostri titoli di Stato e di emetterli con un tasso fisso e fare una politica di progressivo sganciamento dal finanziamento dello Stato attraverso il mercato finanziario. Obiettivi non di crescita del PIL ma di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni oggi sull'orlo della rivolta sociale per la crescente pauperizzazione dei ceti medi produttivi ed il degrado del ruolo dello Stato. Dare un lavoro a tutti costa molto meno che avere il nove per cento dei disoccupati. Si può dare lavoro a tutti remunerato con il Salario Minimo Garantito spostando risorse dai privilegi delle caste politiche regionali a vantaggio di cantieri di lavoro aperti fino all'assorbimento di tutta la disoccupazione locale"


Paolo D'Arpini

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