domenica 17 giugno 2012

Daniele Carcea: "Secondo attacco all'Italia, con l'appoggio dei poteri forti..." -



Il secondo attacco al nostro Paese è partito, a distanza di un anno esatto dal primo. Ormai è chiaro come funziona il giochetto: si spara sui Paesi Europei a turno, la speculazione prende di mira una preda alla volta e quando parte la spreme (la preda) facendo il giochetto del vendo i titoli del debito pubblico prima delle aste, per ricomprarli dopo qualche giorno, con tassi di interesse più alti e quindi rendimenti più alti.

Il gioco funziona bene, aiutato anche dalla resistenza della Merkel e dei tedeschi, che impongono all’intera Eurozona sacrifici immensi, mentre loro continuano a finanziare il loro debito e le loro industrie a tasso zero. Le manovre del governo Monti si stanno mostrando, come già ampiamente previsto recessive; cioè, anche se tendono al pareggio di bilancio, di fatto non lo otterranno, perché agevolano la spirale di calo della produttività, e quindi delle entrate che avrebbero dovuto garantire l’azzeramento del deficit.

Gli interventi drastici abbattono la domanda di beni e servizi e quindi si rivelano controproducenti in uno scenario globale già in crisi. E ora esce dal cilindro, la carta della vendita del patrimonio pubblico condito magari dalla Privatizzazione di altre importanti quote delle più grandi aziende nazionali.

Sull’onda dell’impennata dello spread si provvederà al secondo round della svendita del patrimonio italiano, come avvenuto nel 1992, quando sotto la supervisione di Mario Draghi (si sempre lui), allora giovane direttore Generale del Tesoro, si affidò alle grandi banche anglosassoni, (si sempre loro, quelle divenute too big to fail) tutta l’operazione di Privatizzazione e Trasformazione in SPA di Ina, Enel, Eni, Iri ecc., per fare cassa e iniziare l’opera di contenimento del deficit e del rapporto debito pubblico/pil, che però inizierà a calare solamente alcuni anni dopo.

Non può non generare perplessità il fatto che si debba intervenire con questa urgenza, che non ha una giustificazione pratica e reale, se non quella di dare una risposta alla speculazione che da un anno si è scatenata sui Paesi Europei. Per fare serie riforme che portino al risanamento dei bilanci, ci vuole tempo e gradualità, altrimenti non si fa che aumentare l’impatto della recessione globale dovuta alla mancanza di concessione di liquidità, da parte delle banche, piene ancora di titoli tossici, derivati e molta altra roba di dubbia qualità, che non è ancora emersa alla luce nei loro bilanci.

Riformare sì, ma non per pagare tassi sul debito pubblico del 5,6 o 7%, solamente perché la BCE è stata pensata diversamente da tutte le altre banche centrali mondiali, cioè non è stata prevista nel suo Statuto la possibilità di comprare i titoli del debiti sovrani europei alle aste del mercato primario, di comportarsi di prestatore di ultima istanza che riesca a tenere bassi i tassi di interesse stampando moneta.

Come si fa ad aumentare le tasse ai cittadini di un Paese, per pagare gli interessi di bot e bpt a banche e fondi nazionali ed internazionali, che prendono i soldi dalla BCE, per comprare i titoli, a tassi intorno all’1%.

Ci sono numerose soluzioni che devono essere approntate da subito, superando le resistenze “da inflazione” della Merkel: intanto eurobond, project bond, proposta Visco, 60% dei debiti in unico calderone garantito, ed altre formule, sarebbero già meglio di niente, ma c'è una proposta dirompente fatta qualche mese fa dall’ex Ministro francese Rocard e presentata negli ultimi due comitati di Radicali Italiani da Marco Cappato, per sterilizzare il mercato e quindi i tassi di interesse: fare comprare i titoli del debito pubblico di tutti i Paesi europei, dalla BEI: Banca Europea degli investimenti.

La Bce non è autorizzata a prestare agli stati membri, ma può dare denaro senza limiti agli organismi creditizi pubblici (art. 21.3 dello statuto) e alle organizzazioni internazionali (art. 23), dunque, può prestare alla Bei (Banca europea per gli investimenti) allo 0,01 per cento o alla Cassa depositi e prestiti ed esse possono prestare allo 0,02 per cento agli stati che si indebitano per rimborsare vecchi debiti.

Niente impedisce di mettere in opera questo meccanismo immediatamente e di tenerlo in piedi per 6 mesi, un anno o anche più. Non appena dovesse essere fatto un annuncio del genere dalla BCE, i tassi di interesse dei titoli dei Paesi attualmente sotto il tiro della speculazione, crollerebbero, dopo poco i riflettori sull’Europa si spegnerebbero e d’incanto non si sentirebbe più parlare di crisi dell’eurozona.

Questa operazione può essere avviata chiedendo nello stesso tempo agli Stati di continuare l'opera di risanamento dei bilanci, magari in maniera meno recessiva. Un po' di inflazione farebbe sicuramente meno male di questo tiro al piccione.

Daniele Carcea

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