giovedì 20 novembre 2025

Ultima chance per l'Ucraina di uscire viva dal conflitto...

 


Come un lampo corre lungo la rete la notizia del giorno: un re start di trattative diplomatiche per iniziativa di Washington, al fine di dirimere la questione russo/ucraina (l’ormai noto piano a 28 PUNTI già sviscerato dal web per quanto possibile)... solo che stavolta la diplomazia non è affidata a diplomatici. Stavolta parlano i MILITARI, ad affrontare la giunta di Kiev ci vanno gli inviati del Pentagono: la Casa bianca, stanca di balletti inconcludenti ha mandato una mini-delegazione dove fanno capolino generali a 4 stelle e alti responsabili della difesa capitanati da Dan Driscoll, rappresentante delle forze terrestri statunitensi. E’ con loro che Zelensky se la vede appena torna dal suo giro di incontri ad Istanbul e sarà questo il confronto più incisivo sebbene sia meno coperto mediaticamente rispetto ai più convenzionali giri di trattative diplomatiche attorno ad Istanbul.
Ecco la chiave sta in tutto questo: poco importa del mancato incontro del leader ucraino con l’americano Witkoff a Istanbul (evitato da Zelensky perché respingeva a priori i 28 punti)... perché tanto nel giro di 24 ore ne incontra altrettanti di americani, ma di quelli in uniforme. Perché sarebbe rilevante l’uniforme ? Perché indica che il linguaggio di fondo inizia a cambiare radicalmente: il dialogo in colletto bianco ed etichetta da ministero degli esteri - laddove il magma di parole si trascina per mesi - lascia il campo a qualcosa di molto meno verboso, più freddo e ruvido.
Detta più chiaramente ancora: si assiste al passaggio (doloroso) dal sogno alla realtà delle cose. Dopo anni di proclami etici, slanci idealistici e prese di posizione ideologiche (tutte cose che il linguaggio della politica consente), si transita giocoforza ad un agghiacciante RISVEGLIO: l’Ucraina è sull’orlo di un baratro, a scanso di tutta la narrativa propagandistica che ha inebetito per anni la società e di cui la stessa elite si è autoconvinta.

Si è passato il punto di non ritorno sul campo: l’avanzata lenta – di attrito – delle forze russe può generare da un momento ad un altro un crollo GENERALE... e a quel punto i km di avanzata possono diventare decine e forse centinaia (può capitolare una fascia di territorio assai più grande del Donbass). La superiorità strategica nell’aria sta trasformando in macerie ogni fonte energetica o mezzo di trasporto esistente nel paese: l’economia non supererà l’anno che viene e infine, come se tutto questo non bastasse, il governo – il cui mandato è unicamente per legge marziale, non potendosi tenere elezioni - è travolto di scandali.

L’Ucraina che esce dall’anno in corso è nelle medesime condizioni in cui era la Germania nel 1944 e gli uomini del Pentagono lo sanno: sono quindi a Kiev per dirlo freddamente in faccia al leader ucraino e a tutta la sua giunta senza i sorrisi e le cerimonie (illusorie) in cui i leader europei si sono specializzati in questi anni. Non ci saranno né sconti né misericordia: gli uomini in uniforme faranno loro capire che la guerra è PERSA, che Washington non rischierà un confronto nucleare per l’Ucraina e che gli europei è un miracolo se riescono a organizzare la difesa di un PRATO da un gruppo di manifestanti.

I generali del Pentagono hanno il compito di spiegare sinteticamente e brutalmente, senza sorrisini di circostanza e a porte rigidamente chiuse, COSA sarà del paese se il conflitto in corso dura ancora 1 anno da adesso a questo ritmo: glielo diranno in faccia una volta per tutte.

Zelensky si è defilato dall’incontro con Witkoff in Turchia, ma lo aspetta uno assai più truce e meno piacevole negli studi della sede di governo....da cui non può fuggire: Trump si è giustamente tirato indietro da tale infelice compito (del resto in realtà aveva già espresso molto chiaramente la sua posizione 1 mese fa e non fu ascoltato: ora al suo posto ci vanno i generali).

L’altro fattore rilevante è come il piano di Trump vorrebbe avere un ampio respiro: non soltanto fermare la guerra e fissare un fronte tra i due opponenti, bensì regolare il sistema della sicurezza in Europa e i rapporti tra USA/Russia/Ucraina (ovvero – diciamolo finalmente – i LIMITI della Nato sul continente, ma fissati sin dal termine della guerra fredda e della fine dell’URSS). Da questo punto di vista, il piano è il più interessante mai visto, sebbene fin troppo ambizioso: sebbene le chances che riesca sono in fondo basse, è il PRIMO che emerga che tenti di andare così in profondità (non semplici congelamenti di confine o soluzioni coreane, ma una risposta ad un nodo che dura da 30 anni a questa parte).

Detto questo... l’opinione generale di media e commentatori è già concorde sul fatto che il maxi piano a 28 punti (simil-Gaza) NON sarà accettabile all’opinione pubblica ucraina: dimenticano tuttavia – come sempre – la basilare realtà in base alla quale quando uno stato è sconfitto sul campo, cessa ipso facto di aver voce in capitolo a prescindere di cosa senta la propria opinione pubblica (evidentemente ci si è inebetiti di cultura democratica dell’occidente da dimenticare disgraziatamente le “antiche leggi del combattimento” che vigono dall’inizio dell’umanità, tanto per citare il cinema).

Le condizioni si sintetizzano nell 1-2-3 in basso, che dire.
1 - Cessione di territori (che se non vengono ceduti verranno persi comunque tra 7-8 mesi da ora). Non si chiede il riconoscimento de jure da parte ucraina, ma sarà de jure da parte di USA e comunità internazionale (come a dire: ucraini trastullatevi nella vostra realtà parallela, ma per il resto del mondo Crimea e Donbass sono diventati legalmente parte di un altro stato).
2 – La chiesa ortodossa – patriarcato di Mosca – ritorna alla sua posizione centrale nel paese, così come la lingua russa che ha di nuovo status officiale (questi elmenti di “soft power” sono altrettanto importanti di tante altre disposizioni più concrete e comprensibili al lettore medio: la forza culturale grande russa torna ad essere centrale nel paese a scanso della guerra passata)
3 – Rinuncia a Nato, truppe straniere, armamenti speciali e dimezzamento delle proprie forze armate (non è una totale smilitarizzazione ed è fin poco viste le condizioni attuali).
MORALE ?
Da un punto di vista moscovita il trattato va BENE. Sono condizioni infelici viste da Kiev, ma adeguate all’infelice situazione sul campo: pretendere di uscirsene fuori da una guerra persa come se si avesse vinto non è purtroppo possibile (agli italiani fece dispiacere perdere l’ISTRIA a suo tempo....ma se la guerra la perdi, significa che si PAGA e salato. Purtroppo).

Ripetiamo: l’UCRAINA si trova nel presente momento, nella medesima situazione in cui si trovava la Germania nel 1944. La differenza è che Hitler non aveva nessuno che potesse tirarlo fuori dalla sua allucinazione, mentre qui c’è: siccome il Pentagono non è stupido, corre ai ripari ADESSO, prima che si tardi, prima che sia catastrofe: c’è poco tempo e bisogna mettere all’angolo Zelensky – il quale in queste ore ancora sventola il proprio piano di pace redatto assieme agli europei il quale sancirebbe la “sconfitta russa” (?!?) – e costringerlo a vedere lo scacchiere bellico, ma non in stato “di alterazione da abuso sostanze” (per intendersi).

Gli uomini in uniforme americana sono a Kiev per dare quello che probabilmente è l’ULTIMO AVVERTIMENTO: se non si cede adesso quel 25% di territorio (già perso per i 9/10 del resto), tra meno di un biennio occorrerà rinunciare al 50% del suolo ucraino, il che comporterebbe perdere ogni sbocco sul mare....questa la tragica realtà. Una perdita di queste proporzioni va più contro l’interesse americano che non l’interesse ucraino a questo punto e per questo da Washington intervengono adesso: se non riescono a convincerlo adesso, in questi giorni, allora toccherà alla CIA tra 1 anno a questa parte il gravoso compito di farlo destituire e a forza (un altro scandalo o un colpo di mano) onde evitare la capitolazione totale (...).

Un NO di Zelensky da questo momento in avanti trasforma lui stesso nel problema di fondo di Washington (la pedina su cui non si ha più controllo), con tutto quanto ne consegue e il cielo ne abbia pietà.

Daniele Lanza





Post Scriptum, da leggere e riflettere

Molto semplicemente: se nel 1947 avessero sottoposto agli italiani il seguente quesito referendario :"Siete disposti a cedere l'ISTRIA alla Jugoslavia ?"... il 97% circa dei votanti avrebbe detto - urlato - NO.
Molto probabilmente un buon 60% avrebbe detto di no pure per la perdita delle colonie lontane, come Libia e Somalia.
Eppure... vennero perse sia l'Istria che le colonie: un referendum non si tenne e gli italiani non scelsero un bel nulla (men che meno a sondaggi di opinione si decise la cosa). I lettori italofoni che mi seguono la vedano proprio in questi spiacevoli termini.
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Il problema è che i principi della democrazia comunemente condivisi NON si applicano nel contesto bellico e nelle relazioni internazionali (tanto che la stessa costituzione italiana non sottopone trattati internazionali a referendum).
Chi perde PAGA.
Non sono chiacchiere (referendum!!) a decidere la cosa, ma i vincitori, da quando il mondo è nato.
Dura ma è così. Cosa possano sentimentalmente accettare o rifiutare gli ucraini stessi ha rilevanza ZERO a questo punto (scrivo "sentimentalmente" poi perché c'è da chiedersi quali ucraini si esprimano in questi sondaggi di opinione: quelli che stanno a casa propria e non devono preoccuparsi di nulla ? Oppure l'80% che sta disertando dalle proprie forze armate perché non vuole più combattere?)




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Comunicazione del Ministero degli Esteri russo:

La Russia non ha ricevuto alcuna informazione dagli Stati Uniti tramite canali ufficiali riguardo ad alcuni "accordi" sull'Ucraina di cui i media stanno speculando, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova in un'intervista a TASS.
"Sapete, abbiamo visto numerosi articoli di parte e articoli che descrivono vari processi in ogni modo possibile, solo per essere poi smentiti, e così via. Dirò su cosa dovremmo basare la nostra valutazione di tali pubblicazioni. Negli Stati Uniti esistono canali ufficiali noti per risolvere questioni rilevanti, discuterle e condurre negoziati. Questi canali devono essere utilizzati in ogni modo. Il ministero degli Esteri non ha ricevuto alcuna informazione dalla parte americana in questo contesto".



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